Luigi De Ficchy non voleva fare il procuratore di Perugia. La sua aspirazione, prima di andare in pensione, era di essere nominato aggiunto a Roma. Lo ha affermato mercoledì scorso l’ex zar delle nomine Luca Palamara davanti alla Commissione parlamentare antimafia. De Ficchy è colui che poi, nel 2018, dirigerà le indagini proprio nei confronti di Palamara, provvedendo, ricevuta una nota dei colleghi romani, all’ iscrizione dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati nel registro degli indagati per corruzione, intercettandolo con il famigerato virus “trojan”.

De Ficchy, poi, sarebbe anche, secondo le testimonianze dell’avvocato Piero Amara ai pm di Milano, uno degli esponenti di punta della loggia “Ungheria”, l’associazione segreta composta da magistrati, ufficiali delle Forze dell’ordine, professionisti, nata per pilotare gli incarichi nella pubblica amministrazione. Nel 2013, racconta Palamara ai componenti della Commissione presieduta dal grillino Nicola Morra, De Ficchy era il magistrato più titolato per essere nominato procuratore aggiunto a Roma. L’anno prima, il 2012, il Consiglio superiore della magistratura aveva nominato come procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, in precedenza procuratore di Reggio Calabria.

Insieme a De Ficchy aveva fatto domanda anche Michele Prestipino, fino a quel momento aggiunto a Reggio Calabria con Pignatone. Prestipino, oltre ai minori titoli, era anche molto più giovane di De Ficchy. Per cercare di portare Prestipino a Roma, continua Palamara, bisognava però coprire prima il posto di procuratore di Reggio Calabria. Nella corsa al posto lasciato libero da Pignatone i principali protagonisti erano lo stesso Prestipino, Federico Cafiero De Raho e Nicola Gratteri. «La corrente di Unicost napoletana riuscì ad imporre la nomina di Cafiero de Raho nonostante i “desiderata” di Pignatone che data la delicatezza di alcune indagini che erano state trattate a Reggio Calabria durante il suo periodo riteneva fosse meglio promuovere Prestipino», precisa Palamara. Fra le vicende reggine particolarmente sensibili, «quella relativa agli attentati al procuratore generale Salvatore Di Landro e al ritrovamento dei bazooka nei pressi dell’aeroporto, la vicenda del pm Alberto Cisterna, la gestione del pentito Antonino Lo Giudice, il disciplinare del pm Beatrice Ronchi per le indagini sugli Ospedali Riuniti». L’alleanza tra Unicost e la sinistra giudiziaria favorì allora la nomina di Cafiero de Raho anche sul nominativo di Gratteri.

L’attuale procuratore di Catanzaro era appoggiato, senza alcuna speranza di successo, dalla corrente di Magistratura indipendente e da alcuni componenti laici di centro- destra. Prestipino, invece, “seguì” Pignatone a Roma, continuando ad essere il suo più stretto collaboratore. L’ascesa di Prestipino non si fermò qui. Nel 2020 il Csm lo promuoverà, andato in pensione Pignatone, procuratore, preferendolo a magistrati molto più titolati, come il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo ed il procuratore generale di Firenze Marcello Viola. Il resto è cronaca di questi giorni. Con il Consiglio di Stato che ha annullato la nomina di Prestipino su ricorso presentato da Viola.

Al momento il Csm non ha deciso di riesaminare la pratica. Prestipino, assistito dall’avvocato Massimo Luciani, colui che è stato incaricato dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia di scrivere la riforma dell’organo di autogoverno delle toghe, ha presentato il mese scorso dei contro ricorsi avverso la decisione di Palazzo Spada. Non essendoci più Palamara al Csm, l’esito della partita romana è quanto mai incerto. L’unica certezza è che Viola ha ritirato la domanda come procuratore generale di Palermo, il “contentino” che in tanti volevano accettasse in cambio della sua rinuncia alla Procura di Roma.