Il Procuratore scaricato per le chat
Csm all’angolo, sulla vicenda Viola-Prestipino entra la Corte di giustizia europea

In aiuto di Marcello Viola arrivano i giudici europei. Il procuratore generale di Firenze, “segato” lo scorso anno dalla corsa alla Procura di Roma per essere stato citato a sua insaputa durante il famigerato incontro serale all’hotel Champagne organizzato da Luca Palamara, ha trovato un alleato inatteso. Si tratta di Koen Lenaerts, il 66enne giudice belga presidente della Corte di giustizia dell’Unione europea, che ha emesso lo scorso 2 marzo la rivoluzionaria sentenza sull’utilizzo delle intercettazioni e dei tabulati da parte dell’autorità giudiziaria.
La sentenza, già oggetto di commento in questi giorni, avrà sicuri effetti sull’esito del ricorso presentato dal Consiglio superiore della magistratura contro il provvedimento del Tar del Lazio che aveva annullato lo scorso gennaio la nomina di Michele Prestipino, dando quindi ragione a Viola. I giudici della Grande Chambre erano stati chiamati ad esprimersi sulle modalità di impiego dei dati personali nel settore delle comunicazioni elettroniche da parte delle autorità. Avvocato generale nel processo era l’italiano Giovanni Pitruzzella. La pronuncia dei giudici di Strasburgo ha riguardato un procedimento penale condotto in Estonia e conclusosi con una condanna a due anni per furto e utilizzo indebito di carta di credito. La Corte di cassazione estone si era posta il problema del rispetto dell’articolo 5 della direttiva 2002/58 dal titolo “Riservatezza delle comunicazioni”. «Gli Stati membri – si legge nella direttiva – assicurano, mediante disposizioni di legge nazionali, la riservatezza delle comunicazioni effettuate tramite la rete nonché dei relativi dati sul traffico».
In particolare essi «vietano l’ascolto, la captazione, la memorizzazione e altre forme di intercettazione o di sorveglianza delle comunicazioni, e dei relativi dati sul traffico, ad opera di persone diverse dagli utenti, senza consenso di questi ultimi, eccetto quando sia autorizzato legalmente». Non è impedita, dunque, «la memorizzazione tecnica necessaria alla trasmissione della comunicazione fatto salvo il principio della riservatezza». Per i giudici europei, però, i confini di applicazione della norma sono alquanto limitati. Anche in caso di autorizzazione all’utilizzo dei dati, si deve circoscrivere la procedura ad attività aventi «per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica, e ciò indipendentemente dalla durata del periodo per il quale l’accesso ai dati suddetti viene richiesto, nonché dalla quantità o dalla natura dei dati disponibili per tale periodo». In estrema sintesi, le intercettazioni telefoniche o con il trojan e i tabulati, vedasi le chat, possano essere utilizzate soltanto per reati gravi e non per illeciti amministrativi o disciplinari.
Nella stroncatura di Viola, le intercettazioni e le chat di Palamara erano state utilizzate a mani basse dal Csm. Come riportato ieri dal Riformista, infatti, nella delibera con cui è stato dato mandato all’Avvocatura dello Stato di “resistere” contro la sentenza del Tar del Lazio che aveva dato ragione a Viola, questo passaggio è descritto con dovizia. «Considerata la situazione emersa dalle citate indagini la Commissione (per gli incarichi direttivi, ndr) riteneva opportuno, in data 25 luglio 2019, acquisire copia delle trascrizioni relative alle intercettazioni trasmesse dalla Procura di Perugia al Csm concernenti la copertura dell’ufficio di Procuratore della Repubblica di Roma». «Nella seduta del 19 settembre 2019 – prosegue – dava conto di avere preso atto di detto materiale istruttorio e procedeva alla revoca delle proposte formulate nella seduta del 23 maggio 2019 dalla Quinta commissione (dove Viola aveva preso quattro voti su sei, ndr)». Tutto “illegittimo”, dunque, per la Corte Edu.
La delibera in questione è stata votata ieri dal Plenum con tredici voti a favore. Fra i gruppi togati che hanno deciso di procedere con il ricorso al Consiglio di Stato, gli stessi che avevano votato lo scorso anno per Prestipino: la sinistra giudiziaria di Area, Unicost, l’ex corrente di Palamara, e i due davighiani della prima ora: Giuseppe Marra e Ilaria Pepe. Con loro anche il laico Alberto Maria Benedetti (M5S) e Pietro Curzio e Giovanni Salvi, rispettivamente primo presidente e procuratore generale della Cassazione, entrambi di Area. Sei invece i contrari: quattro laici, Filippo Donati (M5S), Alessio Lanzi (Forza Italia), Stefano Cavanna e Emanuele Basile (Lega), e due togati, Nino Di Matteo e Antonio D’Amato, di Magistratura indipendente, la stessa corrente di Viola. Cinque gli astenuti: le togate Loredana Miccichè e Maria Paola Braggion (Magistratura indipendente) e il togato Sebastiano Ardita, ex davighiano, e i laici Michele Cerabona (Forza Italia) e Fulvio Gigliotti (M5s).
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