Serve una ispezione urgente agli uffici giudiziari di Perugia. Ci sono troppe cose che non tornano. A richiedere al neo Guardasigilli, la professoressa Marta Cartabia, l’invio degli ispettori di via Arenula alla Procura del capoluogo umbro diretta da Raffaele Cantone, è stato ieri Roberto Giachetti, deputato di Italia viva, tramite una interrogazione parlamentare.

Il ministro della Giustizia è al corrente di quanto sta accadendo alla Procura di Perugia nell’indagine per corruzione a carico di Luca Palamara? Ha informazioni, ad esempio, su che fine abbia fatto l’intercettazione della cena fra Palamara e il procuratore Giuseppe Pignatone la sera del 9 maggio del 2019? È quanto si domanda il parlamentare di Iv. La “cena dei misteri” al ristorante romano Mamma Angelina era stata raccontata nei giorni scorsi dal Riformista che aveva acquisito la relazione tecnica della difesa del togato Cosimo Ferri, sotto disciplinare a Palazzo dei Marescialli, e i tabulati della società milanese di intercettazioni Rcs, incaricata dalla Procura di Perugia di fornire il trojan che aveva infettato il cellulare di Palamara.

I fatti sono noti. Nell’indagine della Procura di Perugia, Palamara, Ferri, l’onorevole Luca Lotti (Pd), e cinque consiglieri del Csm, vennero intercettati la notte dell’8 maggio del 2019 mentre erano in una saletta dell’hotel Champagne di Roma intenti a discutere di incarichi. Le conversazioni, finite poi su tutte i giornali, causarono un terremoto al Csm, facendo saltare la nomina di Marcello Viola a procuratore di Roma. Della cena da Mamma Angelina del giorno successivo, il 9 maggio 2019, fra Palamara, Pignatone e altri importanti magistrati romani, invece, pur essendo il trojan inserito nel cellulare dell’ex zar delle nomine regolarmente programmato per l’ascolto quella sera, non si è mai saputo nulla. Evaporata.

I consulenti di Ferri hanno scoperto il tentativo spasmodico del maresciallo del Gico Gianluca Orrea di cancellare la programmazione del trojan effettuata il giorno prima dal collega Roberto D’Acunto. Dai tabulati è emerso che il 9 maggio 2019, alle 11.45.13, Orrea era riuscito a impartire ben sei comandi distinti alla programmazione del trojan in un solo secondo! Un record assoluto che non aveva, però, sortito l’effetto sperato. I consulenti tecnici hanno dimostrato che i comandi impartiti da Orrea non erano comunque idonei a interrompere la registrazione programmata fino alla mezzanotte di quel giorno da D’Acunto. Quindi il trojan funzionò regolarmente e registrò le confidenze fra Palamara e Pignatone davanti a un piatto di pesce. Dove siano finite queste confidenze resta, però, un mistero.

«Il brogliaccio di pg non fornisce alcun dato ulteriore a riguardo, documentando una carenza di informazioni di progressivi in quanto dal progressivo n. 58 del 9 maggio 2019 alle ore 01:59:58 si passa direttamente al progressivo n.80 delle ore 12:12:06 del 9 maggio 2019, dimostrazione che il comando delle ore 11:45:13 impartito da Orrea non sia stato eseguito dal sistema». Più chiaro di così… Il tabulato della società Rcf, pubblicato ieri, conferma poi quanto sopra, che quindi il trojan non si spense dopo le 11:45:13 del 9 maggio 2019. «È del tutto evidente che se il file contenente la registrazione di tale intercettazione realmente non esistesse, non si comprenderebbe la ragione per cui la società fornitrice del servizio abbia prodotto un tabulato alterato», scrive allora Giachetti. «Allo stesso modo – aggiunge – qualora invece il file esistesse e per motivi ignoti non risultasse agli atti, ciò rappresenterebbe un fatto di estrema gravità che solleva molti interrogativi sull’operato della magistratura inquirente e sulla polizia giudiziaria».

Ecco quindi la necessità di una ispezione al fine di verificare «eventuali deficienze e/o irregolarità da parte degli uffici giudiziari. La difesa di Ferri, va detto, non aveva rinvenuto negli atti trasmessi da Perugia al Csm i files con le registrazioni audio della conversazioni. Moltissime di queste conversazioni, poi, non sono mai state trascritte. Nel fascicolo è presente solo il “brogliaccio delle attività” redatto dal Gico. Un po’ poco per una indagine che ha cambiato il volto della magistratura italiana. In serata è arrivata su questa vicenda anche la dichiarazione di Sabrina Pignedoli, europarlamentare del M5s, fin dall’inizio particolarmente attenta a quanto emerso dal Palamaragate. «È necessario avviare una indagine, se ancora non è stata avviata, per fare piena chiarezza su quanto accaduto», ha detto Pignedoli. La parola, ora, al ministro.