La lettura dei giornali è stata sicuramente di grande aiuto a Piero Amara: nell’interrogatorio che ha permesso all’avvocato siciliano, ideatore del ‘Sistema Siracusa’, di ottenere la scorsa settimana la libertà dopo essere stato arrestato dalla Procura di Potenza, le cronache del ‘Palamaragate’ hanno avuto un ruolo fondamentale. Nella sua deposizione fiume Amara ha affrontato, infatti, la questione della famosa (mancata) nomina del procuratore generale di Firenze Marcello Viola a procuratore di Roma.

Nel verbale del 10 giugno scorso Amara dichiara che l’obiettivo di Luca Palamara e dei deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti era che arrivasse Viola, definito tuttavia “persona perbene”, perché «così Ielo (Paolo, aggiunto a Roma, ndr) se ne andava a fare le fotocopie». Il giudice e i pubblici ministeri di Potenza non hanno chiesto, tuttavia, ad Amara come facesse a sapere lui della nomina di Viola, a maggio del 2019, alla Procura di Roma, considerato che dalle intercettazioni disposte dalla Procura di Perugia non era emerso alcun suo ruolo ed anzi le intercettazioni telefoniche a suo carico erano state interrotte su richiesta dal Gico della guardia di finanza diretto dal colonnello Gerardo Mastrodomenico, ufficiale di fiducia dell’allora procuratore della Capitale Giuseppe Pignatone, perché infruttuose ed irrilevanti. Non si comprende del resto cosa Amara potesse sapere di nomine fatte dal Csm nel maggio 2019 quando Amara stesso era stato arrestato per la corruzione del pubblico ministero di Siracusa Giancarlo Longo il 6 febbraio dell’anno prima, circostanza che di certo rendeva improbabile oltreché rischiosa una sua interlocuzione ad opera di Palamara e Ferri che di certo non avevano bisogno di aiuto o consigli di Amara.

Non resta, quindi, che ipotizzare che Amara abbia riferito a Potenza ciò che, ormai da due anni, è su tutti i giornali, guadagnandosi così la libertà. Una vicenda sulla quale Amara si sofferma a lungo, e che pure pare sfuggita al sensorio mediatico e giudiziario, riguarda l’ex consigliere del Csm Marco Mancinetti, ora giudice al Tribunale di Roma, esponente di Unicost e relatore della decisione, annullata dal Tar e dal Consiglio di Stato, che ha portato alla revoca della nomina di Viola quale procuratore di Roma. Ebbene su tale vicenda il “collaboratore di giustizia siciliano” ripete, da ormai molti mesi, di una offerta di denaro fatta da Mancinetti al rettore dell’Università Tor Vergata per avere le tracce dei temi per l’ammissione alla Facoltà di medicina cui doveva concorrere il figlio. Dice in proposito Amara di possedere una “registrazione” tanto che esclama «più prova di questa che ti devo dare» perché per risolvere il problema di Mancinetti «Ferri si rivolge a me, Palamara si rivolge a Centofanti (Fabrizio, un faccendiere accusato di aver corrotto Amara, ndr) per organizzare un incontro a Mancinetti che voleva che il figlio che doveva superare gli esami di medicina insomma voleva i testi, i temi che peraltro si va a prendere la moglie che è attuale sostituto procuratore generale e quello addirittura gli offre anche dei soldi e il rettore dice: non, non Sua Eccellenza ma ci mancherebbe, io il favore glielo faccio i temi glieli do ..ma non c’è bisogno».

Da notare che il nome di Ferri compare ora per la prima volta in questa vicenda e non si comprende perché Ferri si sarebbe dovuto rivolgere a Amara per aiutare Mancinetti considerato che quest’ultimo non era un esponente della corrente di Magistratura indipendente (la corrente di Ferri, ndr) e che c’era già il canale Palamara/Centofanti.