Dopo le nomine dei magistrati, i biglietti gratis del Coni per lo stadio Olimpico, i trattamenti di favore nei ristoranti di pesce del centro della Capitale e le prenotazioni dei campetti master series per il padel a Roma nord, le chat di Luca Palamara aprono ora un nuovo fronte: i trasferimenti degli ufficiali dei carabinieri. Un dato che dimostra, se mai ci fosse ancora bisogno, quanto fosse poliedrica la vita dell’ex presidente dell’Anm.

Leggendo il provvedimento di archiviazione della denuncia presentata da Cosimo Ferri, firmato dalla pm romana Rosalia Affinito, il mondo di relazioni dell’ex zar del Csm viene descritto come «variegato e vorticoso». In questo mondo «variegato e vorticoso» era compreso, ironia della sorte, anche suo marito, il colonnello dei carabinieri Maurizio Graziano.
Graziano, già comandante provinciale di Trento, il 4 dicembre del 2017 scrive ossequioso a Palamara: «Non Ti (in maiuscolo, ndr) disturbo. Dimmi a che ora vuoi che venga domani. Per me è ok tutto, anche tardi pom. Grazie. Ciao. Maurizio». Risposta di Palamara: «Se per te va bene ci prendiamo caffè 8.45 da me?». «Con piacere. Al Csm?», domanda Graziano. «», risponde il magistrato. «A domani», aggiunge il colonnello.

Non essendoci fra i due altri messaggi, tutto lascia intendere che Graziano, all’epoca della chat insegnante di tecnica professionale presso la Scuola ufficiali dei carabinieri, terminata la cerimonia dell’alza bandiera sul piazzale della caserma di via Aurelia, si sia precipitato a piazza Indipendenza per incontrare Palamara. Passa qualche settimana e, il 15 gennaio del nuovo anno, Graziano torna alla carica. «Non Ti (maiuscolo) chiamo per non disturbarTi (maiuscolo). Domani posso venire a disturbarTi (maiuscolo)? Ciao. Maurizio», esordisce il sempre ossequioso Graziano, senza però ottenere risposta dal magistrato multitasking.

Il primo febbraio successivo è Palamara a farsi vivo: «Maurizio come stai? ci vediamo prossima settimana?». Passa qualche minuto e Graziano: «Con piacere. Il pomeriggio, quando vuoi tu… Ciao. Altrimenti dimmi quando posso chiamarTi (maiuscolo) per fissare appuntamento». Per quale motivo un colonnello dei carabinieri che non aveva incarichi operativi doveva incontrare un magistrato componente del Csm?

In attesa di conferma da parte di Palamara nel libro autobiografico Il Sistema, edito da Rizzoli ed in uscita a fine mese, è possibile ipotizzare che l’incontro sia stato finalizzato ad ottenere un trasferimento di sede gradito per Graziano. Palamara avrebbe, il condizionale è d’obbligo, cercato una sponda in tal senso presso Luca Lotti, il deputato toscano che curava per conto di Renzi la partita delle nomine e degli incarichi nelle società partecipate e nella pubblica amministrazione. «Ricordati che ti ci ho messo io», disse Lotti, a riprova di ciò, al vice presidente del Csm David Ermini. Come mai, però, la dottoressa Affinito si era occupata di Palamara a proposito della denuncia di Cosimo Ferri, deputato renziano e già potente ras di Magistratura indipendente, la corrente di destra delle toghe? Ferri aveva presentato alla Procura di Roma una denuncia in cui segnalava la violazione delle sue prerogative di parlamentare da parte dei finanzieri del Gico, il reparto che ha svolto le indagini nei confronti di Palamara.

Nella denuncia veniva evidenziato il caso della telefonata delle ore 23.26 del 7 maggio 2019 fra Palamara e il consigliere del Csm Luigi Spina. I due avevano fissato di incontrarsi con “Cosimo” e “Luca” all’hotel Champagne la sera successiva. Tale telefonata, ascoltata nel pomeriggio dell’8 maggio dal maresciallo Gianluca Orrea (lo stesso che “sprogrammò” l’ascolto del captatore per la sera del 9 maggio, quando l’ex presidente dell’Anm si doveva recare a cena con Giuseppe Pignatone, ndr), diverse ore prima dell’appuntamento con i deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti, doveva indurre subito gli investigatori a disattivare il trojan che, invece, era rimasto acceso. Per la dottoressa Affinito ciò non sarebbe stato possibile in quanto il captatore una volta programmato non era più disattivabile. Dalla lettura della relazione sul funzionamento del trojan emergono invece diversi casi in cui il captatore era stato spento in corso d’opera. Una circostanza che smentirebbe la tesi della pm Affinito invalidando il processo disciplinare con cui è stata disposta l’espulsione di Palamara. L’ultima parola spetterà al gip che dovrà esprimersi sulla richiesta di archiviazione della magistrata e decidere se indagare o meno i finanzieri del Gico.

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