È tempo di affrontare l’intera questione lavoro con un approccio nuovo, deciso e costruttivo. Rincorrere le emergenze non basta più. Serve una visione ampia, capace di leggere le trasformazioni del presente e preparare il futuro. Serve un nuovo patto sociale: un progetto vero, non lo specchio deformante delle bandiere di partito o degli slogan elettorali.

In questo contesto, alcune rappresentanze sindacali sembrano più impegnate a sostenere battaglie politiche che a cercare soluzioni per i lavoratori. Il ricorso all’assistenzialismo, la proposta del salario minimo per legge, il revival di vecchie ricette: tutto questo rischia di cristallizzare il lavoro nel passato e impedirne l’evoluzione. Ostacolare ogni passo avanti depista dalle vere priorità del Paese. Il tema salariale, ad esempio, va affrontato con serietà. Un salario scollegato da produttività, redditività e valorizzazione delle competenze non potrà mai svilupparsi. Il lavoro va premiato, non livellato. Oggi il sistema retributivo è ancora troppo uniforme, incapace di riconoscere il merito, l’impegno, la disponibilità all’innovazione. La contrattazione collettiva deve tornare centrale, come luogo di confronto e crescita. La politica non può sostituirsi al sindacato, ma nemmeno i sindacati possono abdicare al loro ruolo, rifugiandosi nell’arena partitica.

Anche la proposta di nuovi referendum su riforme passate – come il Jobs Act – si rivela un modo per fare opposizione, non per aiutare i lavoratori. Il sodalizio evidente tra alcuni partiti e sindacati, fondato su falsi miti anche del passato, rischia di compromettere il futuro. Ecco allora che la presidente Meloni ha un’occasione: guidare un nuovo patto sociale sullo sviluppo dei salari, che il governo può sostenere incentivando fiscalmente la buona e rapida conclusione dei contratti nazionali orientati alla produttività. Il patto dovrà riguardare anche un’intesa sui pilastri principali dello sviluppo: education, energia, innovazione, fisco. Dunque, rilancio della contrattazione capace di premiare qualità, produttività e competenze, e rilancio dell’economia, correggendo storture e ritardi dei fattori che incidono sulle produzioni. Tutto ciò dovrà condurre a salari adeguati e alla crescita del Paese.

In questo patto, la sicurezza deve essere un pilastro. Ma la sicurezza non è solo un casco o una norma scritta: è una cultura. Servono regole chiare, controlli rigorosi, trasparenza soprattutto nei piccoli appalti pubblici. I nostri guai si manifestano in gran parte in questi ambiti, a causa di una concorrenza troppo spesso falsata da amministratori in combutta con imprenditori disonesti. Le vittime predestinate sono lavoratori con salari bassi e vite a rischio.

Raffaele Bonanni

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