Ad agosto torna in politica Sarah Palin, la prima donna repubblicana ad aver fatto parte del “ticket” per la presidenza insieme a John McCain. Dunque, era stata una nemica di Donald Trump, il quale detestava McCain per il suo passato militare in Vietnam dove fu abbattuto col suo aereo, ferito, catturato e imprigionato per anni in condizioni disumane. Tornato come un “American hero”, con quel passato di vecchio combattente suscitò le critiche più avvelenate di Trump il quale disse: che razza di eroe sarebbe uno che si lascia catturare dal nemico? Gli eroi sono quelli che muoiono, non quelli che sopravvivono.

Stavolta le cose sono cambiate: Donald Trump, l’unico Presidente americano che dopo aver terminato il suo incarico alla Casa Bianca abbia ripreso in mano l’organizzazione del partito da cui è stato eletto, col fermo proposito di ritornare, ha sostenuto e sostiene Sarah Palin, nata nel 1964 e già nonna. Quando decise di correre per le presidenziali piantò in asso l’ufficio di governatore dell’Alaska, cosa che provocò molti malumori in questo Stato bianco di neve in cui trovano città che si chiamano Santa Claus (Babbo Natale) o Polo Nord e che fino al 1865 appartenne alla Russia zarista che la vendette agli Stati Uniti, così come Napoleone aveva venduto per una somma ridicola l’immensa Lusiana con la maggior parte degli attuali Stati del Sud.

Chi vuole può divertirsi a scrivere delle ucronie su che cosa sarebbe successo se l’Alaska fosse diventata una delle Repubbliche sovietiche e oggi appartenesse a Putin. Invece l’Alaska è una grande landa ricchissima e desolatissima, una sorta di terra lunare coperta di ghiacci. Ammessa come Stato soltanto nel 1946 con una popolazione che si è andata radunando in modo bizzarro: gli americani che fanno capo ad Albuquerque sono lontani dagli Usa perché di mezzo c’è il Canada. Adesso l’Alaska deve eleggere il sostituto di un deputato deceduto, ed è qui che torna in gioco Palin. Ai primi d’agosto si terranno delle curiose primarie, come non ne esistono in alcun altro Stato, in cui i candidati dei diversi partiti si presenteranno tutti insieme in una stessa lista: vincono i primi quattro più votati. Fra quelli solo i democratici e i repubblicani possono attingere il candidato per questa suppletiva, mentre si stanno già affilando le spade per le elezioni di novembre quando tutti gli americani saranno chiamati a rinnovare mezzo Congresso e a dare di fatto un voto al Presidente in carica che da quel momento può capire se sarà o no in grado di affrontare il secondo mandato.

Il povero Joe Biden è molto male in arnese fisicamente e la sua popolarità ha un record negativo assoluto. È per questo che i repubblicani in questa fase sono come quei felini della savana che camminano lentamente col ventre a terra cercando di essere pronti al balzo sulla preda. A guidarli è proprio lui, Donald Trump che proprio in questi giorni è tornato alla ribalta perché i democratici vorrebbero azzopparlo di nuovo accusandolo di tentato colpo di Stato per quel che accadde il 6 gennaio a Capitol Hill a Washington quando folle di suoi sostenitori venuti da tutti gli States, assaltarono il Congresso vuoto devastandolo, con alcuni morti sia fra i manifestanti che fra le forze di polizia. Il motivo politico per cui i fatti del sei gennaio 2021 vengono periodicamente rievocati è palesemente quello di cercare di impedirne la rielezione e la stessa rieleggibilità perché sanno che il loro presidente in carica è uno degli uomini più deboli e nessuno punta su Kamala Harris, che si finge nera mentre è soltanto figlia di un funzionario indiano dell’India.

Ed è così che riemerge dalle nebbie della storia recente la ex Miss Alaska che è stata anche una star del giornalismo sportivo televisivo, bellona, tutta salute, idee semplici e chiare, molto patriottica, trasuda valori americani purissimi ed è stata una frequentatrice di Fox News che è la televisione repubblicana, guidata prevalentemente da donne, molte nere, tutte bellissime, o nere o biondissime, con un make-up ultramoderno e vestite come indossatrici e anche molto brave, capaci di parlare di politica come di fare gossip. Quello è il genere di donna repubblicana rampante molto ammirato, come lo è Palin. Lei è una di quelle figure americanissime che fanno molto ridere gli italiani perché più che un’americana, sembra un’americanata. Ma il vecchio Donald, in incontestabile risalita, l’ha presa subito nel suo staff di cui fa parte anche un bel gruppo di donne nere repubblicane che accusano i democratici di aver tentato di sterminare i neri offrendo loro l’aborto come unico servizio pubblico funzionante e di aver distrutto la famiglia nera con i sussidi alle ragazze madri che sfornano figli per non perdere il sussidio.

Palin è descritta come una boss spietata che guarda solo al proprio tornaconto, ma potrebbe trattarsi in buona parte della consueta propaganda Democrat contro i repubblicani sempre cattivissimi. Fu il primo governatore dell’Alaska nel 2002 dopo essere stata presidente dell’Alaska Oil Gas Conservation Commission, posizione dalla quale denunciò ruberie e tangenti fra i politici cosa che le dette una ulteriore visibilità. Questo il motivo del suo accesso alla ribalta americana e mondiale. L’Alaska fino al 2006 non aveva avuto un governatore perché non era considerata un vero Stato ma un territorio americano enormemente vasto e inospitale. Palin agì allora come una castigamatti azzerando le pratiche costose e parassitarie del cosiddetto “bridge to nowhere” (il ponte verso il nulla) e le leggine butta soldi dette “Pork Barrel” e “Earnmarks”.

Distrusse tutto il luna park dell’allegro Stato delle nevi e, con una politica ristrettissima riportò in attivo le risorse interne dell’Alaska sottraendola ai ricatti delle agenzie federali che usavano il territorio del Nord come una colonia. Fu così che arrivò la candidatura al ticket con McCain: la giornalista sportiva, la Miss Alaska del sogno dell’americano medio, era considerata pronta per la Casa Bianca. E ciò che accadeva ieri sembra si stia ripetendo oggi. La piccola fiammiferaia delle cronache sportive era diventata una possibile regina degli Stati Uniti. Ora, a quanto pare, Trump l’ha selezionata per un possibile secondo ticket con lui stesso. Per cancellare il ricordo della sua avversione per McCain, che aveva reso impossibili anche i rapporti con Sarah Palin, Trump ha fatto riesumare i filmati di una sua visita in Alaska dove Palin lo aveva accolto con tutti gli onori prima che i rapporti si guastassero per la corsa alla Casa Bianca. Adesso siamo al calcolato rilancio di Palin: si comincia ad agosto con una Caucus in cui saranno selezionati i candidati candidabili di tutti i partiti, messi fra loro in graduatoria. Poi si nominerà il successore del Congressman deceduto e infine a novembre ci sarà il grande assalto alle urne per il medio termine. Palin si è alleata con l’intellighenzia del partito democratico che in Alaska è senza testa, aprendo una competizione fra i più competenti dei due partiti.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.