Certo che può. Anzi, non solo può, ma è opportuno che lo faccia.
Parto dalla risposta alla domanda che ha animato in queste ore la curvatura politica del dibattito social sullo spot della Esselunga: può un Presidente del Consiglio, così come qualsiasi altra carica istituzionale, decidere di calarsi nel confronto e nel chiacchiericcio social che si è scatenato per commentare il video “la pesca”?
Certo che può, nonostante a qualcuno venga l’orticaria per questa mia affermazione, che non è per nulla provocatoria, né fuori luogo.
Perché, al netto delle strumentalizzazioni che fanno parte del gioco dei ruoli che uniscono e dividono i sostenitori e i detrattori di questo o quel leader, la comunicazione politica, soprattutto nel tempo dell’infosfera digitale, in particolare quando questa ha l’ambizione di ottenere l’attenzione del pubblico dei follower – a proposito, giusto per citare un dato numerico, in Italia gli iscritti a Facebook sono circa 36 milioni – non può che adeguarsi ad alcune prassi oramai consolidate.

Comunicare significa etimologicamente mettere in comune, un’idea, un progetto o un proposito, è lo strumento per trovare una sintesi sintonica quando si dialoga o si ascolta. La comunicazione politica non si sottrae a questa sfida e non può essere adottata dai leader solo con una visione unidirezionale e monotematica. Pertanto, nelle nostre società sempre più disintermediate, con i leader pronti a entrarci dentro casa, a far parte della nostra quotidianità digitale, in palestra, al mercato, al centro commerciale e in camera da letto, è diventato un imperativo per gli staff social inserire nella dieta mediatica del leader anche post “pop” o se vogliamo diversamente definirli generici, che esulano i temi classici del dibattito politico o della veste istituzionale. È chiaro che questa strategia di comunicazione politica non serve a distrarre, come credono e scrivono alcuni, i cittadini dai problemi reali, ma risponde alla necessità del leader digitale di avere la credibilità, senza perdere in reputazione, di qualsiasi “ordinary Joe” che partecipa alle discussioni più leggere.

È la dimostrazione di privilegiare una dimensione orizzontale del rapporto tra potere e cittadini. Ancora, questo tipo di contenuti rende possibile intercettare anche quei pubblici non polarizzati o non prioritariamente interessati alle discussioni politiche e sociali. Una fetta di pubblico che porta valore aggiunta alla capacità di incassare audience e di rastrellare l’attenzione delle persone online. Audience e attenzione, del resto, sono le due monete che hanno corso legale e che i leader possono poi portare all’incasso al momento del voto. Infine, in ultimo ma non per ultimo, la scelta di intervenire in queste discussioni consente ai leader di incunearsi in bolle digitali assai diverse da quelle presidiate con i temi politici, di trasferire, seppur occasionalmente, in queste nicche il valore percettivo dei loro brand.
Quindi, se si parla della comunicazione politica online dei leader, la risposta, per Meloni o per chiunque altro, rimane la stessa: certo che può!

Avatar photo

Domenico Giordano è spin doctor per Arcadia, agenzia di comunicazione di cui è anche amministratore. Collabora con diverse testate giornalistiche sempre sui temi della comunicazione politica e delle analisi degli insight dei social e della rete. È socio dell’Associazione Italiana di Comunicazione Politica. Quest'anno ha pubblicato "La Regina della Rete, le origini del successo digitale di Giorgia Meloni (Graus Edizioni 2023).