Dalla prospettiva degli studi di management, una eventuale riorganizzazione della vita di una città in modo da ridurre significativamente e in breve tempo il numero di persone che utilizza contemporaneamente i trasporti pubblici sembra una impresa estremamente difficile. Richiede una pianificazione a livello centrale di un fenomeno complesso, scelte esplicite tra molteplici obiettivi (per esempio tutela la salute vs occupazione), e il cambiamento simultaneo dei comportamenti di un gran numero di persone. Se, come chiarito ieri su queste stesse pagine da Viviana Lanza, è un obbligo di legge e Comune di Napoli e Regione Campania non hanno ancora provveduto, bisogna effettivamente iniziare a lavorarci fin da subito.

Dalla prospettiva delle mie discipline, però, consiglierei di non affrettare la pianificazione (fatta male, può causare più danni che benefici) e di non sperare che sia la soluzione di tutti i problemi. Quello che la teoria manageriale consiglia in situazioni nuove e complicate è iniziare da subito a mettere in campo una serie di azioni, tutte coerenti con una strategia di lungo periodo che oggi non può che essere indirizzata alla sostenibilità sociale, ambientale ed economica. Alcuni di questi esperimenti potrebbero iniziare a dare effetti già nell’arco di qualche mese, altri falliranno, altri daranno risultati solo nel lungo periodo. So che purtroppo avremmo bisogno di una soluzione efficace e da subito, però, prima iniziamo a implementare concretamente soluzioni di lungo periodo, prima avremo risultati.

Non iniziare perché è impossibile essere efficaci domani mattina ci condanna evidentemente a restare perennemente fermi. Su alcune di queste strategie altre città si sono mosse da tempo ma qualcosa per la verità, è stata fatta anche a Napoli. Per esempio, sono da poco partiti il progetto di car sharing Amicar (pensato già prima della pandemia) e quello del noleggio dei monopattini elettrici (nato anche in seguito a un ragionamento sulla mobilità sostenibile che il Comune aveva iniziato ad aprile proprio in previsione della fase 2). L’esperienza dei monopattini, che mi sembra di successo, potrebbe essere pubblicizzata per attrarre nuovi investitori nello stesso servizio oppure in quello ancora più utile del bike sharing per cui è ancora aperta una manifestazione di interesse per l’individuazione di operatori interessati. Anche l’uso delle bici private potrebbe essere incrementato rendendolo più sicuro.

Più piste ciclabili, sicuramente ma anche più parcheggi custoditi magari utilizzando i negozi sfitti in temporanei parcheggi a pagamento per le biciclette. Bici, monopattini e car sharing sono sicuramente utili iniziative ma solo piccoli palliativi in una città con enormi problemi di efficacia ed efficienza di un trasporto pubblico che pure disporrebbe di una rete su ferro invidiabile in proporzione alla popolazione. La via d’uscita da questa situazione passa inevitabilmente attraverso investimenti, assunzioni e un cambiamento di procedure e di mentalità. Intanto, un modo per sfruttare le sinergie con i privati potrebbe essere provare a mettere a gara il trasporto pubblico su nuove linee concesse fino a luglio prossimo approfittando dei bus turistici inutilizzati in questo periodo. Su alcune nuove linee e in determinati orari, i biglietti potrebbero compensare l’investimento privato, ovviamente con risorse pubbliche aggiuntive si otterrebbe di più. Il Comune dovrebbe concentrarsi a stabilire prezzi, tratte e standard di servizio che le aziende vincitrici delle gare dovrebbero rispettare.

La questione delle gare sul trasporto pubblico è molto spinosa, soprattutto perché i lavoratori del servizio di trasporto pubblico temono una “privatizzazione” e sono spesso comprensibilmente impauriti da possibili licenziamenti o peggioramenti delle condizioni di lavoro. Si tratterebbe, comunque, solo di un esperimento per qualche mese e con linee aggiuntive e non sostitutive. Altro punto strategico è accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione riducendo il numero dei cittadini che si devono recare negli uffici pubblici e aumentare i lavoratori pubblici che possono lavorare da sedi remote. Inoltre, potrebbe voler dire aumentare l’efficienza dei servizi pubblici e rendere un po’ più facile la titanica impresa di fare impresa e creare occupazione al Sud.

Per cominciare sarebbe utile fare formazione online ai dipendenti pubblici sulla trasformazione digitale, in modo che ciascuno possa applicare quanto ha appreso alle specificità del proprio lavoro con piccole iniziative da coordinare in base a protocolli condivisi. Non ultimo, si potrebbe anche, con l’aiuto delle università, creare una task-force per mettere a sistema l’enorme mole di dati che la pubblica amministrazione produce quotidianamente, insieme a quelli sugli effetti di questi e altri piccoli esperimenti e usarli per aumentare la sua capacità di gestire e programmare prendendosi davvero i tempi necessari.

Bike sharing, linee aggiuntive concesse temporaneamente ai privati, piccole e grandi innovazioni nelle procedure del settore pubblico grazie all’informatica, utilizzo dei dati per monitorare i risultati delle iniziative e basare previsioni future, sono “piccole” iniziative ognuna delle quali cambierà il comportamento di poche centinaia di persone. Sommate, però, potrebbero iniziare già a dare qualche piccolo risultato nel breve e, soprattutto, aumentare le conoscenze e le capacità del settore pubblico del Mezzogiorno.