Partito Democratico e Movimento 5 Stelle provano a saldare le crepe interne emerse negli ultimi giorni intorno al referendum del 20 e 21 settembre sul taglio dei parlamentari, con una grossa fetta della sinistra socialista unita al mondo liberale per il “No”, in polemica con i grillini per il “Sì”. Nel pomeriggio la Conferenza dei capigruppo della Camera ha approvato la calendarizzazione dei “correttivi” chiesti un anno fa dal PD agli alleati per far partire l’esperienza del governo giallorosso. La legge elettorale proporzionale sarà esaminata in Aula a partire da lunedì 28 settembre. Tre giorni prima, il 25, inizierà invece l’esame della legge Fornaro su meccanismo di elezione del capo dello Stato e base regionale del Senato (in pratica meno delegati dei consigli regionali per eleggere il Presidente della Repubblica e l’organizzazione del voto in circoscrizioni per far eleggere più senatori provenienti dalle piccole regioni e mantenere un equilibrio con le maggiori).

Siamo molto soddisfatti” ha detto ai giornalisti il capogruppo dei deputati dem Graziano Delrio. “Chiedevamo una accelerazione sulle riforme – ha aggiunto – e l’accelerazione c’è stata, quindi il patto della maggioranza sulle riforme tiene”. Delrio ha anche ricordato che in Senato è stata calendarizzata la discussione sulla proposta di legge che equipara l’elettorato attivo e passivo tra Camera e Senato: chiunque abbia 18 anni potrebbe votare per tutti i parlamentari, mentre sarebbe di 25 anni il minimo per poter essere eletto sia a Montecitorio che a Palazzo Madama.

Sullo sblocco all’iter per la nuova legge elettorale, che dovrà sostituire l’attuale Rosatellum (proporzionale per 2/3 e maggioritario per 1/3), è stata decisiva Italia Viva, dopo l’ok di ieri del capogruppo Marco Di Maio in Commissione Affari Costituzionali. L’8 settembre, salvo colpi di scena dell’ultim’ora, si voterà proprio in Commissione per adottare il cosiddetto Germanicum come testo base: un proporzionale puro con soglia di sbarramento al 5% e il cosiddetto “diritto di tribuna” (cioè la possibilità di entrare in Parlamento, ad alcune condizioni, anche se si resta sotto la soglia). Tra 29 settembre e 1 ottobre il voto in aula degli emendamenti, poi potrebbe arrivare il via libera e il passaggio al Senato.

Ora – ha concluso Delrio – possiamo andare avanti con un disegno più ampio sulle riforme, con l’introduzione della sfiducia costruttiva e dei poteri del Presidente del Consiglio di nominare e revocare i ministri“. Affermazioni che sembrano anticipare un “Sì” al referendum come posizione ufficiale della segreteria dem. L’ultima parola proprio a Nicola Zingaretti dopo la direzione del prossimo 7 settembre, sempre che i malumori interni al PD e alla sua sinistra non continuino ad aumentare.