Rimpalli di responsabilità, manine, giochi allo scaricabarile. Dopo ore convulse e polemiche infinite, il governo Draghi ha deciso di intervenire con la ‘mannaia’ ed ha presentato, come sottolineano da Palazzo Chigi, un emendamento che sopprime l’articolo 41 bis del decreto Aiuti bis, quello sulla deroga al tetto degli stipendi dei dirigenti della pubblica amministrazione.

L’articolo 41 bis stabiliva una deroga al tetto di 240mila euro per gli stipendi dei vertici delle Forze armate, delle Forze dell’ordine, dei capi dipartimento e dei segretari generali dei ministeri e della Presidenza del Consiglio. Ora, con la presentazione dell’emendamento, l’esecutivo vuole puntare a reintrodurre la misura fissata in primo momento nel 2011 col decreto Salva-Italia e poi rivista all’epoca del governo presieduto da Matteo Renzi nel 2014.

Proprio la ‘genesi’ dell’articolo 41 bis ha spaccato il Parlamento, provocando quella che è filtrata come una “reazione irritata” di Mario Draghi. Se il Partito Democratico ha parlato di “un emendamento di Forza Italia riformulato dal Mef, come tutti gli emendamenti votati oggi con parere favorevole, che non condividiamo in alcun modo”, dal partito di Berlusconi l’accusa viene respinta con forza.

Per Marco Perosino, senatore di Forza Italia che aveva posto la sua firma sulla prima versione dell’emendamento, quel testo “prevedeva semplicemente l’equiparazione del trattamento economico dei vertici delle forze di Polizia con quello dei vertici della Guardia di finanza e dei Carabinieri. Riguardava appena due, tre persone che ricoprono incarichi di primo livello nella polizia”, spiega a Open.

Secondo Perosino però quell’emendamento, ritirato su invito del governo perché ritenuto non idoneo, sarebbe rispuntato con lo stesso numero nelle commissioni riunite di Bilancio e Finanze. “Qualcuno ha voluto inserire un emendamento che prevede lo sfondamento del tetto dei 240 mila euro per una pletora di dirigenti pubblici. Le commissioni riunite non hanno materialmente avuto né tempo né modo di analizzare tutti gli emendamenti al Dl aiuti. Così, l’emendamento in questione è arrivato in Aula con la firma della quinta e della sesta commissione, sia chiaro, non con la mia firma”, chiarisce il senatore di FI, sottolineando che alla fine il testo “è arrivato in Aula con parere favorevole del governo“.

Quindi Perosino ribalta le accuse e tira in ballo in primis il premier Draghi, che “era conoscenza dell’emendamento”: dietro il testo delle polemiche, la famosa ‘manina’, ci sarebbero dunque non la politica, bensì “i ministeriali, gli alti vertici dello Stato aspettano sempre queste occasioni di fretta e caos per incidere. Protetti, sicuramente, anche da una parte della politica”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia