“E che problema sarà mai, tanto è un decreto ed è operativo dall’8 agosto” commenta nel mezzo della riunione dei ministri il titolare dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, tra i più convinti sostenitori dell’uscita del Movimento dal governo che poi è diventata la fine del governo. Patuanelli commenta così il fatto che mercoledì pomeriggio l’ostruzionismo 5 Stelle ha impedito la conversione in legge del decreto Aiuti 2, quello che il governo ha approvato già dimissionato e che destina 17 miliardi a famiglie ed imprese. Dal tavolo del governo fanno notare al ministro dell’Agricoltura che non è come dice lui, “una settimana in più o in meno fanno eccome la differenza visto che quei 17 miliardi per arrivare nelle tasche di famiglie ed imprese, e quindi aiutare a sostenere il rincaro di bollette e materia prime, hanno bisogno di essere di essere legge prima di essere spesi.

Ma così vanno le cose nella campagna elettorale provocata e cercata nel momento più sbagliato della storia del paese, nel pieno di una tempesta perfetta dove inflazione, guerra, speculazione e scarsità di materie prime stanno indebolendo il sistema delle democrazie occidentali. Mercoledì il Movimento 5 Stelle ha fatto ostruzionismo al Senato in nome e per conto del solito Superbonus al 110 per cento. Le correzioni proposte da palazzo Chigi non sono sufficienti per il partito di Conte, di cui Patuanelli è un alfiere. E persino un decreto da 17 miliardi di cui famiglie ed imprese hanno bisogno come del pane, diventa occasione per alzare bandierine elettorali. Ora il fatto è che non solo il voto per la conversione del decreto – su cui il governo dimissionato non può mettere la fiducia e che tutti i partiti nelle riunioni dei capiguppo si erano impegnati di approvare senza presentare emendamenti – è stato rinviato di una settimana (si va al 14 settembre, circa). Di conseguenza viene rinviato anche il terzo decreto di Aiuti per cui il governo Draghi conta di poter mettere a disposizione di famiglie, imprese e attività commerciali tra i 10 e i 12 miliardi. Che vanno sommati ai 49,5 miliardi già erogati (gli ultimi 17 solo stanziati per via dei rinvii del voto di conversione finale).

La convocazione del consiglio dei ministri ieri pomeriggio era finalizzata proprio all’approvazione “su proposta del Presidente Draghi e del ministro Franco, della Relazione al Parlamento che aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica sulla base di maggiori entrate pari a 6,2 miliardi di euro”. Il Parlamento dovrà approvare a maggioranza assoluta il conto delle maggiori entrate (sei miliardi relative per lo più al mese di agosto) disponibili e che potranno così essere utilizzate nel nuovo decreto Aiuti ter che Draghi è costretto però a rinviare alla prossima settimana. Fratelli d’Italia è stato chiaro: “Il nuovo decreto solo dopo che è stato convertito il bis (quello boicottato mercoledì al Senato da M5s, ndr)” e che la capigruppo di palazzo Madama ha calendarizzato per il 15, giovedì prossimo, tra una settimana. Prima non si può: c’è la campagna elettorale. Questo per mettere in fila fatti e responsabilità.

Attenzione, non si tratta di uno scostamento di bilancio come qualche avventuroso ha già provato a dire. Il governo chiede l’autorizzazione al Parlamento di utilizzare nuove entrate reali e non di fare nuovo debito. La stessa cosa già successa per i 17 miliardi dell’Aiuti bis: anche lì maggiori entrate che sono state subito destinate all’emergenza gas. Il governo, si legge in un comunicato di palazzo Chigi, “presenterà la Relazione alle Camere per la relativa autorizzazione necessaria affinché l’Esecutivo possa utilizzare le risorse previste”. Quei 6,2 miliardi sono la componente principale del nuovo Decreto Aiuti. La cui dote dovrebbe però raddoppiare e arrivare a circa 12 miliardi. Il ministro Franco ha presentato la sua informativa sulle risorse attualmente rese disponibili. Il Cdm ha approvato la Relazione sull’aggiustamento di bilancio (e non scostamento) che certifica il nuovo extra-gettito. Il voto del Parlamento per autorizzare l’utilizzo delle risorse è previsto per il 15 settembre. Poi ci sarà un nuovo Consiglio dei ministri che potrà finalmente approvare il terzo decreto Aiuti.

Tra le misure in cantiere, la proroga fino al 31 dicembre ed il rafforzamento – probabile sino al 40% – del credito d’imposta per le aziende gasivore (oggi il benefit è pari al 25%). Allo studio anche la possibilità di aumentare fino al 15% il credito d’imposta per le altre aziende. Restano in piedi le ipotesi di forniture a prezzi calmierati per le energivore che acquistano il gas dal Gestore dei servizi energetici (Gse) e di un rafforzamento delle risorse per l’azzeramento degli oneri di sistema per famiglie e imprese. Tra le misure in esame anche l’aumento del bonus sociale per le famiglie a basso reddito e nuovi interventi per sostenere le piccole e medie imprese. In bilico invece il progetto di introdurre due mesi di Cig per le aziende costrette a fermare la produzione e la possibilità di rateizzare le bollette per le imprese. Ma sono solo indiscrezioni. Al Mef nessuno scuce mezza parola di certezza.

Draghi è apparso molto “tonico”, in palla. Al lavoro con Cingolani e i tecnici a Bruxelles per il pacchetto di misure europee sul gas (ieri buone notizie su tre dei cinque punti indicati da von der Leyen con frenata sul price cap). Al lavoro con il sottosegretario Garofoli per approvare “almeno il 50% degli obiettivi del Pnrr del secondo semestre 2022” e per garantire “un passaggio di consegne ordinato” nei vari ministeri. La campagna elettorale sta distraendo molto i ministri ma la macchina deve andare avanti senza subire arresti. Da qui il richiamo agli uffici per mettere ordine e rigore nel passaggio di consegne. Il premier è apparso anche irritato per il ritardo a catena prodotto dall’ostruzionismo del Parlamento su norme che tutti si erano impegnati di approvare senza correttivi. Oltre al Superbonus, le barricate sono state alzate (da Fdi) anche contro il premio di 5mila euro ai prof più aggiornati e meritevoli. Il consiglio dei ministri è stato relativamente breve, poco più di un’ora. Appena terminato le ministre Bonetti, Carfagna e Gelmini, tutte candidate nel Terzo Polo, hanno vergato un comunicato durissimo con cui denunciano “l’atteggiamento di irresponsabilità” di alcune forze politiche che continuano a bloccare l’azione di governo per fare campagna elettorale.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.