Il super bonus edilizio. Il superbonus annuale agli insegnanti che hanno fatto aggiornamenti professionali. E anche la norma per bloccare gli aumenti delle bollette. Sono tanti i fronti su cui il Movimento 5 Stelle ha deciso di fare campagna elettorale alzando bandiere a tredici giorni dal voto. E così la campagna elettorale lascia piazze e incontri per tornare nelle aule parlamentari. I leader, il primo è stato Renzi, poi Letta e ieri anche Meloni hanno spiegato sui social che, a malincuore, devono annullare alcuni incontri e garantire la loro presenza in aula in questa settimana perché devono essere votati due importanti provvedimenti: la conversione in legge del decreto Aiuti 2 che scade l’8 ottobre che contiene misure per valore di circa 17 miliardi destinati a famiglie e imprese; l’aggiustamento di bilancio, che deve essere votato a maggioranza assoluta nelle due aule, e che è il presupposto per procedere con un terzo decreto Aiuti dal valore di 13 miliardi, anche questi per alleviare i costi impazziti delle bollette. Il governo era pronto per il terzo decreto già la scorsa settimana. L’ostruzionismo dei 5 Stelle, che ha presentato emendamenti mentre l’accordo a luglio – quando fu dimissionato il governo – era di procedere senza correzioni, ha fatto rinviare almeno di una settimana queste date.

Ieri pomeriggio il sottosegretario Garofoli, il ministro Franco, entrambi con la supervisione del premier Draghi, hanno incontrato i leader della varie forze politiche per trovare un accordo e sbloccare in settimana il decreto Aiuti bis e procedere poi con il Ter. In serata si è arrivati ad un accordo sul Superbonus. Respinti con perdita gli altri nodi – insegnanti e bollette – su cui Draghi ha detto chiaramente di non essere disposto in alcun modo a trattare.

Le 3 “bandierine” 5S
Il Movimento ha presentato emendamenti per sbloccare i crediti del Superbonus, “la più grossa truffa ai danni dello Stato” come è stata definita in più occasione da Draghi e dal ministro Franco. Numerose correzioni normative – una dozzina – hanno evitato ulteriori abusi ma hanno anche rallentato e spesso congelato la cessioni dei crediti alle ditte di costruzione. Il leader del Movimento Giuseppe Conte ha pensato bene di bilanciare la fama del reddito di cittadinanza (M5s= partito assistenzialista) con quella del partito “amico dell’impresa” schierandosi da sempre al fianco delle aziende edili – spesso fittizie per non dire fantasma – che hanno subìto le modifiche al Superbonus rallentando così abusi e truffe.

Da una parte il reddito dall’altra le imprese. Il risultato è che i 5 Stelle hanno bloccato i 17 miliardi dell’Aiuti bis e anche l’approvazione del Ter. La riunione di ieri era finalizzata a trovare il solito compromesso che pare sia stato alla fine trovato: non il via libera come volevano i 5 Stelle, ma maglie un po’ meno strette. Tanto è bastato a Conte per alzare la bandiera elettorale con l’hastag #dallapartegiusta.

“Attenzione! – ha scritto Conte su Facebook – Venerdì i 5 Stelle erano per tutti gli irresponsabili che bloccano l’Italia perché pretendevamo di far votare in sede di conversione del decreto Aiuti bis una norma per sbloccare i cantieri Superbonus e salvare 40mila imprese con i crediti fi scali bloccati. Ora, a distanza di qualche giorno, le altre forze politiche fanno a gomitate per dire che è urgente intervenire. Quindi non eravamo noi gli irresponsabili. Comunque, meglio tardi che mai. È importante che si siano svegliati tutti. Quel che conta è solo salvare aziende, lavoratori e famiglie”. Il viceministro Castelli, ex 5 Stelle e ora Impegno civico, la mette così: “A tutti interessa sbloccare la situazione drammatica di più di 7 mila imprese (e non 40 mila, ndr) che sul superbonus sono bloccate. Personalmente ho lavorato ad una soluzione, nessuno se la intesti per motivi elettorali”.

La gestione dei crediti avrà meno lacci (e questo non è un bene sul fronte della truffe) ma non è il bomba-libera-tutti che volevano i 5Stelle messi in pressing dalle ditte di costruzione. Conte tace su altri due dossier, entrambi ad alto tasso di consenso elettorale. O di potere. Il primo riguarda il superbonus (5000 euro) agli insegnanti più brillanti ed aggiornati. In questo caso i 5 Stelle hanno trovato ottima compagnia in Fratelli d’Italia e nei sindacati, tutti, contrari a forme di premialità che sfuggano al loro controllo. Il governo ha fatto muro e gli emendamenti sono stati tutti ritirati.

Il terzo dossier riguarda le bollette. Si tratta di una cosa assai più scomoda da raccontare: l’emendamento 5 Stelle prova a cancellare la norma con la quale il governo vuole impedire alle aziende fornitrici di energia di aumentare i prezzi delle bollette in via unilaterale e senza preavviso. Vuole impedirlo d’ora in avanti. E lo vuole anche per i sei mesi appena passati. La norma nel decreto infatti è retroattiva. Le aziende fornitrici sono diventate pazze: altro che price cap solo italiano o tassa sull’ extraprofitto; qui si tratta di restituireanche i margini fatti finora e frutto di speculazione sui mercati. Su questo punto, si racconta, che Draghi ha veramente perso la pazienza. Tagliando ogni speranza: “Finché ci sono io, questa norma non si tocca”.

L’articolo 3 del dl Aiuti bis
Si parla dell’articolo 3 del dl Aiuti bis. “Fino al 30 aprile 2023 – recita il testo del decreto – è sospesa l’efficacia di ogni eventuale clausola contrattuale che consente all’impresa fornitrice di modificare unilateralmente le condizioni generali di contratto relative alla definizione dei prezzi”. E’ una sorta di price cap nazionale che impedisce in sostanza ai contratti “fissi” di aumentare le tariffe. Da ora in avanti e fino a fine aprile 2023. Ma anche fino ad adesso. L’emendamento inatteso (come tutti gli altri del resto visto che i partiti, una volta dimissionato Draghi a luglio avevano promesso che avrebbero approvato senza indugio decreti e regolamenti) è a firma dei senatori Gallicchio, Vanin, Croatti e Naturale, tutti 5 Stelle (M5s).

I quattro senatori chiedono la “soppressione” del comma 2 dell’articolo 3. Quella che blocca le tariffe, insomma, anche in via retroattiva. Un emendamento che andrebbe a cancellare benefici per imprese e attività commerciali e tutti coloro che hanno scelto contratti con prezzi fissi per due, tre anni ma si sono ritrovati comunque bollette con importi di 3-4 volte più alti. La cosa certa è che le aziende fornitrici stanno facendo e non da oggi pressing come e dove possono per mitigare gli effetti di questa norma a cui Draghi e il ministro Franco, da quanto filtra da palazzo Chigi, tengono moltissimo. Da qui un’altra la frase del premier: “Attenzione a non prestarvi ad interessi di parte”.

Nuove misure nazionali sul gas
Il governo non accetterà modifiche all’articolo 3. Le aziende del comparto energia, che hanno registrato circa 50 miliardi di extragettito, devono iniziare a fare i conti con la nuova realtà. Sul gas – da giorni stabilmente sotto i 200 euro per mgw – il governo ha comunque allo studio una serie di opzioni per aiutare le aziende ed evitare chiusure.

Oltre ad agire sulle bollette, ieri il ministro Cingolani ha spiegato di voler rifornire le industrie con gas a prezzo calmierato andando ad aumentare le estrazioni di gas nei nostri pozzi “chiusi” nell’Adriatico. Sempre il governo è pronto a rifornire aziende ed imprese ma anche attività commerciali vendendo gas (18 terawattori e 2 mld di mc, circa il fabbisogno nazionale di un mese ), un tesoretto messo da parte dal Gse a marzo e ora utile per raffreddare il mercato.

Ieri Draghi e Mattarella hanno ricevuto la squadra campione del mondo di palla a volo. “Voi siete la prova che i gioco di squadra, la volontà, il sacrificio e l’impegno alla fine premiano sempre e non solo nello sport ” ha detto il premier. Intanto Conte sparava a pallettoni: “Draghi non ha fatto nulla per l’emergenza gas, non si è saputo muovere in Europa e non ha detto una parola contro la scissione di Di Maio”. È la campagna elettorale bellezza. E non ci si può fare nulla. O quasi.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.