Una mattanza avviata, secondo le indagini, nell’aprile del 2017, e continuata fino all’ottobre di due anni dopo. Sono le torture, le botte, le vessazioni e le umiliazioni alle quali sono stati sottoposti nei confronti di alcuni detenuti del carcere ‘Lorusso e Cutugno’ di Torino.

Per questo scempio democratico, condito da silenzi e omertà per coprire i fatti, verranno processati 22 agenti della polizia penitenziaria coinvolti nell’inchiesta coordinata dal pm Francesco Pelosi. Indagine nata grazie alle segnalazioni da parte del garante comunale dei detenuti Monica Gallo.

Tra gli indagati figurano anche alcune figure apicali del carcere, tra cui l’ex direttore della casa circondariale Domenico Minervini, rimosso dall’incarico dopo l’apertura dell’inchiesta, e l’ex comandante Giovanni Battista Alberotanza. I due, accusati di omessa denuncia e favoreggiamento, hanno scelto il rito abbreviato: Minervini e Alberotanza compariranno davanti a un giudice tra poche settimane.

A processo anche due sindacalisti della polizia penitenziaria, accusati di rivelazione di segreto e favoreggiamento.

Gli episodi di tortura contestati si sarebbero verificati all’interno del Settore C del penitenziario torinese. Il processo, che vede dodici detenuti come parti civili assieme alla città di Torino (tramite il garante Gallo), avrà la prima udienza soltanto il 4 luglio 2023, tra più di un anno. Il giudice ha disposto la citazione del ministero della Giustizia come responsabile civile

Nelle migliaia di pagine di atti che compongono l’inchiesta, emergerebbe secondo il pm Pelosi il modus operandi all’interno del carcere, un trattamento nei confronti dei detenuti “degradante e inumano”, scrive il pubblico ministero.

In particolare, scrive il quotidiano di Torino La Stampa, nel Settore C del ‘Lorusso e Cutugno’ ci sarebbe stata una “squadra di picchiatori” specializzata in “spedizioni punitive” all’interno delle celle del padiglione destinate ai cosiddetti ‘sex offenders’, ovvero quei detenuti imputati o condannati per reati sessuali.

Contro gli indagati ci sono anche intercettazioni, frasi captate dagli inquirenti che dimostrerebbero il regime di terrore all’interno della casa circondariale. “Devi morire qui, pezzo di merda. Ti faremo passare la voglia, non ne uscirai vivo”, dice un agente. Un secondo, parlando alla fidanzata, confessa che “l’altra sera ci siamo divertiti, sembrava Israele degli anni Cinquanta”.

Quando sono arrivato in carcere a Torino mi hanno portato ammanettato al casellario. Mi hanno chiesto di spogliarmi, ho tolto tutto tranne le mutande. In 4 allora hanno indossato dei guanti, mi hanno sbattuto per terra e mi hanno strappato gli slip di dosso. Ho sbattuto la faccia contro il pavimento e mi sono spaccato un dente, mi è caduto. E l’ho nascosto in cella”, ha invece raccontato piangendo una vittima di fronte al magistrato.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia