Giovanni Toti non si ricandiderà alle prossime elezioni regionali in Liguria in programma nell’autunno del 2025. Ad annunciarlo è Stefano Savi, legale del governatore agli arresti domiciliari da ben due mesi. L’avvocato parla con i giornalisti al termine dell’udienza davanti ai giudici del Riesame in merito all’istanza di revoca degli arresti domiciliari cui è stato allegato anche un parere ad hoc da parte del presidente emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese. Tribunale della libertà che si pronuncerà nei prossimi giorni.
Toti, attualmente sospeso dal ruolo di presidente della Liguria, ha sempre respinto la richiesta di dimissioni e da poche settimane può incontrare esponenti politici della sua giunta e del suo partito (Noi Moderati). L’avvocato Savi precisa: “Quanto alle elezioni, le prossime previste riguardano il rinnovo del Consiglio Regionale, e non possono ritenersi rischio né attuale, vista la distanza di un anno e tre mesi dalla loro celebrazione, né concreto, visto che Giovanni Toti non parteciperà”.

“Toti resti ai domiciliari”, la procura chiede tempo per sentire nuovi soggetti

Savi ai giornalisti ha spiegato che è “la Procura che chiede che Toti rimanga ai domiciliari. Ha richiamato infatti il rischio di reiterazione e ha detto che ha bisogno di ancora un po’ di tempo per individuare ulteriori soggetti da sentire”. Poi in una nota sottolinea le ragioni del ricorso presentato al Riesame “per le quali riteniamo oltre due mesi di custodia cautelare una misura oltremodo afflittiva e non necessaria per la tutela della inchiesta, nei confronti di un governatore che non è accusato di aver intascato né un euro né una utilità personale, ma solo di finanziamenti pubblici e registrati alla propria forza politica”.

Le misure alternative ai domiciliari

Savi sottolinea di aver proposto al “Tribunale stesso una serie di misure che riterremmo maggiormente coerenti con i dati di fatto e di diritto”. Misure “a partire, ovviamente, da quella che riteniamo più confacente, la totale revoca degli arresti domiciliari, ma anche altre, in grado di equilibrare in qualche modo le esigenze politiche, istituzionali e personali con quelle dell’inchiesta: il divieto di dimora a Genova, che manterrebbe, per la Legge Severino, la sospensione dall’incarico istituzionale di Presidente (analoga misura fu adottata in un precedente recente, il caso Pittella, in Basilicata), ovvero l’obbligo di dimora nel Comune o Provincia di residenza, che, pur annullando la sospensione della carica istituzionale, tuttavia ne sottoporrebbe l’esercizio ad un fattivo controllo del Giudice, autorizzante ogni spostamento (analoga misura fu applicata, sempre in tempi recenti, al caso Oliverio in Regione Calabria)”.

Il parere ad hoc chiesto a Cassese

Un’altra richiesta sarebbe “la cancellazione del divieto assoluto di comunicazione, fatti salvi i contatti diretti con persone collegate all’ inchiesta in corso. Ciascuna di queste misure, con modalità diverse, appare tale da riequilibrare, almeno parzialmente, le esigenze di inchiesta a quelle di agibilità politica e istituzionale del Governatore – ha osservato Savi – Un equilibrio che anche la Corte Costituzionale ritiene indispensabile nella sua giurisprudenza e non valutato adeguatamente nel caso di specie, come sottolinea un parere elaborato ad hoc dal Presidente Emerito della Corte Costituzionale, prof. Sabino Cassase, che abbiamo sottoposto all’attenzione del Tribunale congiuntamente alle nostre istanze”.

Perché non si può reiterare il reato

Quanto ai temi ritenuti dal GIP ostativi alla cancellazione della misura domiciliare, “rileviamo – ha detto – che da quella pronuncia è trascorso un ulteriore mese. In questo tempo – ha aggiunto Savi – per quanto riguarda il rischio di reiterazione del reato, sono sopraggiunti fatti novativi che lo rendono anche astrattamente impossibile. Il commissariamento del Porto di Genova rende impraticabile ogni azione di influenza sulla struttura, come citato dal Gip relativamente al Piano Regolatore, per mero esempio. La conclusione delle pratiche relative all’apertura dello Store Esselunga citato nelle indagini, la cui definitiva approvazione e’ stata deliberata dalla Giunta Regionale al termine dell’iter istruttorio degli uffici nella prima settimana di giugno, in assenza ovviamente del presidente. Ad oggi, non risultano analoghe pratiche pendenti in Regione anche solo astrattamente possibili oggetti di interesse. Ove possa avere qualche indiretta incidenza, occorre rilevare anche la chiusura di ogni rapporto di lavoro tra Iren e il coimputato Signorini”.

Perché non si possono inquinare le prove

Infine, “quanto al rischio di inquinamento probatorio, se esso appariva improbabile dopo 4 anni di inchiesta il 7 maggio scorso, quando la misura cautelare ebbe inizio, appariva assai improbabile un mese fa alla pronuncia dei GIP, oggi, dopo due mesi di arresti, ciò appare insostenibile per altro mancando ogni riferimento a concretezza e attualità. Tutti i fatti sono stati accertati, i testimoni ascoltati, le documentazioni acquisite. Ma c’è di più: Toti – ha concluso l’avvocato – non ha mai contestato, ma anzi, confermato ai Procuratori, la ricostruzione fattuale di ogni evento. Ovvio che il Presidente Toti, come ha già dichiarato ufficialmente, si asterrà da comportamenti analoghi almeno fino alla pronuncia dei giudici di merito, non fosse altro per tutelare se stesso da nuove accuse facilmente riscontrabili agli inquirenti”.

 

 

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