Avremmo potuto – non è una allucinazione – liberarci di tutte le Cinque Stelle e rispedirle nei cieli alieni, ma Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno detto di no. Si sarebbe potuto fare solo modificando la maggioranza, visto che qui nessuno vuole le elezioni anticipate e dunque giocare con quel che c’è. E c’era una novità: Matteo Renzi aspira, in piena legittimità, a diventare ministro degli Esteri per poter avere un giorno il curriculum adatto per concorrere alla carica politica più alta della Nato. Questo è il motivo delle sue fibrillazioni in Senato e dei suoi toni ultimativi, cui non è seguito peraltro più nulla. Il messaggio era: liberiamo la Farnesina da Di Maio che ci fa arrossire ogni volta che parla e gli diamo un ricovero di lusso come vicepresidente del Consiglio a Palazzo Chigi, e io lo sostituisco con maggior prestigio e competenza visto che ho fatto il primo ministro.

Gli hanno risposto picche. Allora, e questa è la novità, Renzi si è rivolto a Berlusconi: “Se volete, te e i tuoi del centro destra, creiamo insieme una nuova maggioranza che metta fuori i cinque stelle e liberi il PD dalla sua condizione servile, e facciamo un nuovo governo in cui chiedo per me il ministero degli Esteri per garantire all’Europa e agli alleati una posizione non ambigua”.

Berlusconi ha promesso di parlarne coni suoi alleati e lo ha fatto. Ma Salvini ha risposto col suo delizioso stile: “Io in maggioranza con Renzi? Ma neanche morto! Mai e poi mai”. Berlusconi gli ha chiesto se preferisse far restare il Paese in questo stato e con questo governo, e il leghista ha risposto con un’alzata di spalle. Per lui è centomila volte meglio proteggere Di Maio al governo con tutti i suoi redditi di cittadinanza e le altre porcate a suo tempo avallate da Salvini quando lui e Di Maio erano fidanzati persino sui graffiti dei muri.

E la Meloni? La Meloni si è messa in testa che il candidato sindaco di Roma non solo lo deve decidere lei e soltanto lei, ma che quando sarà eletto dovrà rispondere a lei e soltanto a lei. Quanto a Renzi e alla possibilità di mandare a casa i pentastellati, è come Salvini: questo governo non si tocca e mai e poi mai con Renzi. Renzi ha la peste, ma Di Maio e la sua banda di incapaci, sgrammaticati e politicamente ignoranti, in fondo vanno benissimo.

Del resto, basta aprire un qualsiasi telegiornale e la sentirete squittire ringraziamenti compiacenti alla maggioranza, specialmente per ciò che le hanno concesso per l’assetto di Roma, che lei considera cosa sua.

La storia del sindaco è uscita fuori quando nel centro destra hanno sottoposto a sondaggio tutti i possibili candidati e si è visto che l’unico con solidissime possibilità di farcela era Guido Bertolaso. Appena letto quel nome, sia Salvini che la Meloni sono stati colpiti da eritemi e fuochi di sant’Antonio (sempre politici e allegorici, per carità) e Giorgia ha pronunciato le parole che mai ti aspetteresti da un leader, specialmente se è ancora in transito dal suo fascistissimo passato ancorché borgataro, verso un approdo di legittimazione liberaldemocratica, che ancora non ha e che con tutti i buoni sforzi del paziente Crosetto, di questo passo non avrà mai. Ha detto cioè che nella sua strategia il sindaco di Roma deve essere una sua espressione e un suo vassallo che dovrà in futuro rispondere a lei soltanto.

Di conseguenza, poiché tutti i possibili candidati sindaci di area “liberal”, compreso Carlo Calenda e altri, sono stati bocciati dai numeri, Roma si ritroverà presto con un altro OPM (organismo pentastellare modificato) in Campidoglio e a far maledire ai romani la sorte che li ha fatti nascere dove sono nati.

Il “nyet” sovietico di Salvini nei confronti di Renzi ha anche quel tanto di razzista che Di Maio e soci avevano per Berlusconi, trattato nel loro fango mentale come un innominabile, intoccabile, inesistente. Eppure, questi due diranno di essere democratici perché pensano seriamente che la democrazia si definisca soltanto con un certificato elettorale, e perché quanto al resto immaginano che tutti ci ci sia scordati della gaffe del “potere assoluto”, invocato dal capo della Lega durante la crisi di agosto, da lui stesso provocata.

Il guaio è che l’elettorato che fu di Berlusconi e che in parte emigrò nel voto a Renzi delle famose europee, è latitante, sicché Forza Italia è ridotta ai minimi storici ed anche massacrata dalle guerricciole. Le invidie e le pochezze servono solo a moltiplicare le banalità innocue e perentorie che ascoltiamo nelle dichiarazioni a tassametro dei telegiornali di Stato e non, obbligati a far dire quattro cazzate a ciascuna frazione o fazione secondo il manuale Cencelli dei telegiornali, particolarmente impegnati nel cancellare ogni traccia di giornalismo e nell’appiattirsi a sogliola nella più ossequiente adesione alle parole d’ordine spurgate da palazzo Chigi, Quirinale e Vaticano, tutte superflue, tutte drammaticamente inefficaci, ma così comode per aprire le notizie e chiuderle come delle messe cantate. Allora: il tema oggi è questo: un governo che ha causato migliaia di morti in più di quelli che da solo il Covid avrebbe portato, siede a Palazzo e gli italiani, più di qualsiasi altro popolo moderno della Terra subito dopo Iran e Messico, se lo devono subire senza fare un fiato, neanche un ruttino. La strage continua con l’incompetenza e l’approssimazione, il centro culturale sta nella barba del guitto da film dell’orrore e dice che aspetta di farsi un siringone di vaccini misti alla vaccinara. Questo del resto gli italiani, piovere anime, hanno per aver perso ogni filo di leadership tornando allo stato del primo pleistocene. L’occasione passa e non torna: buttate giù quel governo, fatelo e libererete l’Italia da un incubo. Poi sarete compensati dagli elettori, ma fatelo. Sappiamo che sono parole inutili perché al ganassa importa girare col suo carrettino di madonnine, rosarietti, e fare la benificienza con la beneficienza degli altri, suonare i campanelli emettere veti. Qui, lo dico a tutti i compagni, bisogna salvare il compagno Silvio e dargli una mano a spezzare l’incantesimo. Riusciranno i nostri eroi? No, non riusciranno. È per questo che bisogna prepararsi a una rivoluzione. Liberale quanto si vuole, ma uscire dal coma e staccarsi dal respiratore.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.