L’anno nuovo per il Pd si preannuncia cruciale. I sondaggi non sono oracoli, ma la « supermedia » indica una inequivocabile flessione per il Nazareno a favore del M5S. Elly Schlein rischia tutto tra le regionali, le amministrative dei sindaci e le Europee.

Le avvisaglie della crisi ci sono tutte. I fuochi d’artificio, alla vigilia di Capodanno, provengono dalla Sardegna. A lanciarli, i trenta dirigenti del Pd sardo che – tra sindaci, ex parlamentari e segretari provinciali – hanno detto addio al Nazareno per dare vita a una formazione, l’Alleanza Sarda e Democratica, a sostegno della candidatura a governatore di Renato Soru. Pesano le indecisioni di Schlein e l’alleanza subalterna ai Cinque Stelle: correre per sostenere la grillina Alessandra Todde non sembra aver convinto le resistenze del Pd isolano.

La scissione, non solo su scala regionale, può propagarsi con effetto domino. In Basilicata, la candidatura paracadutata da Roma di Angelo Chiorazzo sta dando vita ad analoghi dissapori, tanto che Schlein starebbe pensando a un dietro-front, accompagnato dall’indizione di primarie regionali. Se si guarda all’incertezza sulle candidature per il Piemonte e per l’Umbria, si può delineare meglio la dimensione dell’insofferenza dei territori.

Anche nei capoluoghi toscani dove si andrà al voto lo scenario appare confuso. Dario Nardella a Firenze e Matteo Biffoni a Prato sono alla fine del loro secondo mandato e non possono ricandidarsi. Per i successori, il Nazareno starebbe pensando a candidati che non beneficiano del sostegno di tutte le liste che si oppongono al centrodestra. E non sono in pochi a temere che nuovi passi falsi della leader dem proprio nel capoluogo toscano potrebbero rivelarsi esiziali per il suo mandato.

Glielo rappresenta chiaro e tondo, Matteo Renzi : « Se fossi Elly Schlein farei di tutto per non perdere Firenze. Perché se perde Firenze, il giorno dopo perde il Nazareno. Siccome non credo che la segretaria sia una sprovveduta sono certo che alla ripresa il Pd si inventerà qualcosa per bloccare questo suicidio», ha dichiarato Renzi in un’intervista a QN. Secondo Renzi «nel 2024 vedremo i primi segni della crisi della destra. In questo scenario consegnare Firenze alla destra è possibile solo se Schlein fa alle comunali lo stesso errore che Letta ha fatto alle politiche, escludendoci. Se lo fa, significa che amano forme estreme di masochismo. Nel caso, mi spiace per loro».

Difficile dire quale sia la strategia nazionale Dem, se ce n’è una. Schlein a Firenze avrebbe avallato una coalizione di centrosinistra che esclude Iv, mentre in Abruzzo ha non solo incoraggiato l’accordo di una ampia coalizione (Avs, Pd, M5S, Italia Viva, +Europa, Azione) a sostegno di Luciano D’Amico, ma ne ha anche magnificato in tv il metodo : «Il nostro modello di coalizione in tutta Italia deve essere quello abruzzese», ha detto Schlein ospite di Bianca Berlinguer a « E’ sempre CartaBianca ».

Peccato che quel che va bene in Abruzzo, non vada bene a Firenze o altrove. Da più parti l’alambicco delle alleanze manca la miscela giusta. Per la Regione Piemonte la vicesegretaria Dem, Chiara Gribaudo, ha dato disponibilità a Elly Schlein per scendere in campo in alleanza con i Cinque Stelle, i quali intanto stavano progettando la stessa alleanza in favore di un’altra Chiara, l’ex sindaco di Torino Appendino.

Il 2024 scoperchia il vaso di Pandora che i primi dieci mesi di leadership di Schlein avevano tenuto – seppur maldestramente – fermo. E nel 2025 tornano al voto l’Emilia-Romagna di Bonaccini e la Campania di De Luca, che con il suo « Nonostante il Pd », successo editoriale come strenna di Natale, ha messo nero su bianco le distanze siderali con la nuova direzione del partito. Entrambi i governatori, Bonaccini e De Luca, ambirebbero al terzo mandato, malgrado la segreteria di Elly Schlein non ne voglia sapere.

Ieri è arrivato in suo soccorso il costituzionalista Stefano Ceccanti, ex parlamentare Pd: « Se un presidente di Regione si candida per il terzo mandato lo fa a suo rischio e pericolo: perché un’eventuale candidatura può essere impugnata davanti a un giudice che porrebbe inviarla alla Corte Costituzionale ».

« Nel 2004, una legge nazionale, la numero 165, ha previsto che per i presidenti di Regione vale il limite dei due mandati consecutivi”. Servirebbe dunque una nuova legge per consentire di estendere i mandati a tre. Un regalo che, valendo per tutti i presidenti oggi al secondo mandato, Giorgia Meloni non ha intenzione di fare ai suoi alleati : Luca Zaia in Veneto e Giovanni Toti in Liguria, ma anche Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia Giulia e Attilio Fontana in Lombardia non appartengono a Fratelli d’Italia.

La premier non ha alcun interesse a congelarli con un terzo mandato. E ancora una volta Schlein e Meloni si sostengono a vicenda. La prima, rafforzando le rigidità e allontanando i riformisti dal Pd, rimane la migliore assicurazione sulla durata dell’esecutivo dell’altra.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.