Romano Prodi ha lanciato la Schlein come miglior “federatrice” per il futuro della sinistra italiana. Una scelta, questa, talmente curiosa e singolare che non si sa bene a quale logica risponda.
Insomma, un segretario di partito che interpreta una sinistra radicale e massimalista che si candida ad aggregare il campo del centro sinistra, così dice Prodi, e che dovrebbe essere la miglior alternativa politica ed elettorale al centro destra a guida Meloni.

Il dubbio

Ora, pur senza entrare nelle dinamiche misteriose ed anacronistiche che ha portato Prodi ad avanzare simile proposta, credo che non possiamo non riflettere almeno su tre elementi di fondo. Innanzitutto la proposta segna definitivamente ed irreversibilmente la fine della ‘vocazione maggioritaria’ del Pd. Detto in altri termini, l’archiviazione della stagione veltroniana del Pd. Cioè della cifra distintiva con cui era nato il Pd nella cittadella politica italiana. Certo, indicare la segretaria più divisiva ed oltranzista della storia del Pd come elemento decisivo in grado di creare una coalizione vincente risponde a propositi e convinzioni che, francamente, prescindono da ogni logica politica se non addirittura dal buonsenso. Fuorchè non si pensi che l’unica strada per ostacolare un alquanto astratto e virtuale “regime” sia quello di organizzare una opposizione ideologica, barricadera, frontale, radicale appunto, ma strutturalmente minoritaria. Ma se da quelle parti la proposta arriva da Prodi ci sarà pur una motivazione. Misteriosa e politicamente incomprensibile ma ci sarà.

In secondo luogo, e di conseguenza, questa proposta segna subito e meccanicamente un punto irreversibile. E cioè, le forze, i gruppi, i movimenti e i partiti centristi guardano inesorabilmente altrove. Del resto, cosa centri la Schlein e il suo progetto politico, peraltro legittimo e coerente con la piattaforma politica e culturale con cui ha vinto le primarie del Pd, con il Centro e la stessa ‘politica di centro’ resta un mistero. Si tratta, infatti, di categorie radicalmente esterne, estranee, distanti se non addirittura alternative rispetto alla cultura e alla politica della segretaria del Pd.Ma è abbastanza evidente arrivare alla conclusione che, questa, è una proposta che guarda esclusivamente al pianeta della sinistra ex e post comunista e a tutto ciò che ruota attorno alla sinistra italiana nelle sue mille sfumature di rosso.
Una proposta, del resto, perfettamente congeniale e pertinente con il progetto, la cultura, i valori, il percorso e l’approccio della Schlein alla guida del Pd.

In ultimo, ma non per ordine di importanza, è abbastanza chiaro che, al di là dei seppur numerosi “cattolici indipendenti di sinistra del Pci” oggi nel Pd – per citare l’antica esperienza dei cattolici di sinistra degli anni ‘70 – si tratta di un progetto che prescinde dalla stragrande maggioranza di chi continua a riconoscersi nell’area cattolico popolare e cattolico sociale nel nostro paese. E questo non solo perchè il Centro nel nostro paese non esiste se non c’è la presenza attiva e protagonista della tradizione e del pensiero del cattolicesimo popolare e sociale ma anche per la semplice ragione che il campo della sinistra massimalista, radicale e populista non è la casa politica e culturale più accogliente e più coerente per il mondo e la cultura centrista. Qualunque sia la cultura politica di riferimento. Per queste ragioni la singolare proposta di Romano Prodi non rilancia il tradizionale campo del centro sinistra ma, al contrario, contribuisce a radicalizzare e a restringere sempre di più il campo della sinistra.