È scalabile oggi un partito, così come un’azienda privata o un’istituzione pubblica senza essere presente sui social network? Anzi, per formulare meglio la domanda potremmo dire: è pensabile che nella società odierna, il segretario della CGIL Maurizio Landini pensi seriamente di prendersi la Bastiglia del Partito Democratico senza avere la capacità di creare quote determinanti di audience e sentiment digitali da schierare a supporto della propria intrapresa?
La risposta, come mostrano tantissimi episodi in questi ultimi dieci anni ai quali abbiamo assistito in lungo e in largo, non soltanto in Italia, è decisamente già nei fatti: il presidio dei social è una condizione imprescindibile per primeggiare e conquistare posizioni di potere e di comando, quantomeno per accelerare i tempi della scalata. E se accettiamo questa condizione come ineliminabile, allora c’è da sottolineare che la possibile leadership di Landini in contrapposizione a quella dell’attuale segretaria dem, Elly Schlein, nasce già fortemente indebolita.

Ovviamente, qui non è in discussione la capacità politica dell’ex sindacalista della Fiom di costruire alleanze, di spendersi nell’eloquio, di avere una visione alternativa della società, tutt’altro, si parla invece di una diversa capacità che è quella di conquistare l’attenzione digitale e da qui creare partecipazione, digitale e fisica per la propria causa.
I leader politici del XXI secolo, grazie al presidio strategico delle piattaforme, hanno a loro disposizione più opportunità di quante ne abbiano mai avuto qualsiasi altro leader della storia di raggiungere con un proprio messaggio, fosse anche un semplice buongiorno, una pluralità di pubblici, di farlo senza alcuna altra intermediazione o filtro, ma soprattutto di riuscire a farlo contemporaneamente e in tempo reale. Questo profondo sovvertimento del rapporto tra leader e masse, tra leadership e followership, ha consentito a Trump di vincere le elezioni nel 2016, a Bolsonaro di prendersi la presidenza del Brasile, a Zelensky di resistere ogni contro previsione all’avanzata russa schierando contro le truppe di Putin l’esercito dell’opinione pubblica digitale occidentale, a Meloni di diventare “Io sono Giorgia”, ovvero l’eroina nazionale che è riuscita a farsi strada da sola, a vincere resistenze e diffidenze.

Politici e social, gli account di Landini con interazioni quasi nulle

Maurizio Landini non ha alcun account attivo, evidentemente ha da sempre considerato i social con fastidio, li ha sempre visti come medium tra i tanti e nulla più. La pagina Facebook, aperta il 13 dicembre del 2012, conta ben 73.133 follower e zero post pubblicati. Su X, il Twitter prima dell’arrivo di Musk, invece ci sono due account aperti, il primo è stato attivato a ottobre del 2013 con una platea di 8.073 follower, ma anche questo con zero post, il secondo invece, è stato aperto a marzo del 2015, di follower ne ha solo 787 e ha appena due contenuti pubblicati. Infine, anche su Instagram la situazione è altrettanto disastrosa come sulle due precedenti piattaforme, l’account è stato aperto a marzo del 2021 ed è seguito attualmente da 900 follower che in questi tre anni hanno visto pubblicato tre post, l’ultimo è del 19 luglio 2023.

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Domenico Giordano è spin doctor per Arcadia, agenzia di comunicazione di cui è anche amministratore. Collabora con diverse testate giornalistiche sempre sui temi della comunicazione politica e delle analisi degli insight dei social e della rete. È socio dell’Associazione Italiana di Comunicazione Politica. Quest'anno ha pubblicato "La Regina della Rete, le origini del successo digitale di Giorgia Meloni (Graus Edizioni 2023).