Con un’ennesima modifica dell’ipotesi di reato, la Cassazione ha confermato il sequestro dell’archivio di Paolo Persichetti. “Rivelazione di notizie riservate” è la nuova accusa che ricade sotto la disciplina del segreto di Stato. Forse tra un mese più o meno in sede di motivazione la Suprema Corte avrà la bontà di spiegare come fa a essere coperta dal segreto di Stato la bozza di una relazione della commissione parlamentare di inchiesta sul caso Moro destinata a essere pubblicata.

La procura generale in udienza aveva chiesto il rigetto del ricorso contro il sequestro ritenendo in “re ipsa” la dimostrazione del reato, aggiornandosi, diciamo così, dopo che un gip aveva negato l’incidente probatorio dicendo che mancava un capo di imputazione minimamente delineato e aggiungendo che la giustizia non ha tempo da perdere ne’ soldi da buttare. “Re ipsa” per la procura e per la procura generale evidentemente significa che in materia di terrorismo e soprattutto di Moro non c’è bisogno di indicare reati né tantomeno prove.

In udienza il difensore Francesco Romeo spiegava che l’unica figura titolata per legge ad apporre il segreto di Stato è il Presidente del Consiglio e che non esiste alcuna fonte giuridica che apparenti il presidente di una commissione parlamentare alle funzioni proprie del capo del Governo. Neanche quando il presidente della commissione Giuseppe Fioroni viene sentito dalla procura come testimone a carico di Persichetti in un’indagine dove a un certo punto venivano contestate l’associazione sovversiva e il favoreggiamento di latitanti, poi annullate già in sede di Riesame. Inoltre le bozze di relazione non sono assimilabili a documenti giudiziari non possono essere soggette a una classificazione. La richiesta di riservatezza aveva un semplice valore funzionale legato a mere ragioni di opportunità. Non c’era e non c’è omogeneità con quello su cui si può apporre il segreto di Stato.

La storia del garage amico di cui avrebbero beneficiato i brigatisti dopo l’azione di via Fani è oggetto di discussione da decenni. Una fake news che diventa segreto di stato in una vicenda sempre più intricata.

Il prossimo 17 dicembre sarà il gip a decidere sul dissequestro. Ma nel caso in cui dovesse dare ragione alla difesa la procura potrebbe risequestrare tutto in omaggio al nuovo reato battezzato dalla Cassazione. Il problema è politico. Su Moro si vuole indagare all’infinito a caccia di misteri inesistenti e di complici non ancora individuati. Il tutto serve per esempio come supporto alle richieste di estradizione inviate in Francia per dimostrare che il terrorismo è materia ancora attuale. Nell’aria poi circolano indicazioni più che autorevoli. Anche dal colle più alto arrivano ogni 16 marzo e 9 maggio inviti a cercare la verità. Come se 6 processi non avessero già detto che di misteri sulle Br e su Moro non ce ne sono.