Questa notte (in Italia) è andato in scena l’attacco di Stati Uniti e Regno Unito in Yemen contro le basi degli Houthi. Raid militari che hanno preso di mira postazioni militari dei ribelli yemeniti, causando la morte di cinque miliziani e il ferimento di altri sei, secondo quanto comunicato dallo stesso gruppo. Secondo il portavoce Houthi Muhammad Abdul Salam, gli attacchi sono stati 73 su tutto il territorio yemenita, ma nonostante siano andati a segno, il messaggero del gruppo dei ribelli ha promesso che ci saranno ritorsioni e che gli attacchi nel Mar Rosso non si fermeranno. Anzi. Ora tutti “gli interessi americani e britannici sono diventati obiettivi legittimi delle forze armate yemenite” ha dichiarato in una nota il Consiglio politico supremo degli Houthi.

Al netto delle dichiarazioni roboanti da parte delle parti in gioco, Regno Unito e Usa hanno inviato quello che il premier britannico Rishi Sunak – oggi in visita in Ucraina – ha definito “un segnale forte”. Gli attacchi militari degli alleati occidentali hanno avuto come obiettivo quello di dimostrare che le scorribande piratesche contro le navi commerciali nel Mar Rosso non potessero rimanere impunite. La navigazione commerciale della regione e di tutto il mondo, cardine della globalizzazione a guida americana, resta un elemento da difendere e tutelare in tutti e modi possibili per Londra e soprattutto per Washington. Per questo i raid in Yemen degli alleati.

La posizione dell’Italia sugli attacchi in Yemen, Roma ha partecipato?

Stati Uniti e Regno Unito, quindi, sono stati gli esecutori materiali degli attacchi in Yemen. Con l’appoggio esterno  di altre nazioni, come Paesi Bassi, Australia, Canada e Bahrein che hanno fornito logistica, intelligence e altri tipi di supporto. Insieme a questi, anche Danimarca, Germania, Nuova Zelanda e Corea del Sud, hanno firmato una dichiarazione congiunta di sostegno all’operazione di Londra e Washington.

In tutto questo l’Italia? L’Italia ha declinato la richiesta di sottoscrivere la dichiarazione congiunta con i Paesi sostenitori, hanno fatto sapere fonti di Palazzo Chigi. Stessa posizione di Francia e Spagna. Men che meno ha fornito supporto materiale per gli attacchi in Yemen spiegano dal governo. Anche perché tra l’altro all’Italia non è mai stato chiesto di partecipare ai bombardamenti ammettono sempre le fonti del governo Meloni.

Lo ha ribadito anche il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, ammettendo di essere stati informati dagli Stati Uniti “con parecchie ore di anticipo, ma noi non possiamo, perché la Costituzione non lo permette, agire in azione di guerra senza un dibattito e un voto del Parlamento”. Tajani, parlando con i cronisti a Rimini, ha sottolineato come l’impegno italiano è proteso a “garantire la libertà di navigazione nel Mar Rosso, sosteniamo politicamente questo principio e anche con la nostra fregata partecipiamo alla missione Atalanta, però non possiamo partecipare a improvvise azioni di guerra anche se si tratta di azioni di protezione del traffico marittimo internazionale senza un’autorizzazione del Parlamento. Da qui la nostra non presenza”.

Insomma, non possiamo, abbiamo le mani legate dalla Costituzione. E anche se potessimo difficilmente lo faremmo. Ma tanto non ce lo hanno neanche chiesto. Si potrebbe riassumere così la posizione del governo di Giorgia Meloni in merito agli attacchi in Yemen.

La versione della Nato

Se per gli Stati Uniti e il Regno Unito gli attacchi in Yemen sono stati un segnale forte diretto agli Houthi, per la Nato sono stati del tutto “difensivi”. Il portavoce dell’Alleanza Atlantica Dylan White ha spiegato il motivo: “Miravano a preservare la libertà di navigazione in una delle rotte marittime più importanti del mondo”. La versione ufficiale della Nato, quindi, è questa. Ma non tutti all’interno dell’Alleanza la pensano allo stesso modo.

In primis il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha duramente criticato i raid: “Tutte queste azioni rappresentano un uso sproporzionato della forza”. “Vogliono un bagno di sangue nel Mar Rosso”, ha aggiunto il leader della Turchia durante un suo discorso trasmesso dalla tv di stato Trt.

Cosa fa l’Unione Europea in Yemen?

Usa e Regno Unito agiscono, l’Unione Europea propone. Il Servizio di Azione Esterna dell’Ue ha infatti presentato ai 27 paesi membri la sua proposta di missione per difendere il commercio mondiale nel mar Rosso. L’EEAS ha formulato un piano che prevede il dispiegamento di “almeno tre cacciatorpediniere o fregate antiaeree con capacità multi-missione” per almeno “un anno”.

La proposta europea – con il suo solito tempismo – è arrivata poco prima degli attacchi in Yemen, ma ancora non sono chiare le dimensioni esatte e la composizione dell’operazione, che – spiega Bruxelles – “saranno soggette a ulteriori pianificazioni operative”. Neanche il tempo di partire ed è arrivata già la prima defezione. La Spagna, infatti, ha annunciato tramite la ministra della Difesa Margarita Robles di non voler partecipare a eventuali missioni targate Ue nel Mar Rosso. Nel frattempo, però, gli altri agiscono o reagiscono.

La reazione della Russia e della Cina

La Russia non ha perso tempo per commentare quanto avvenuto in Yemen, dimenticando per un momento la guerra in Ucraina che ha scatenato. Il Cremlino, infatti, tramite il suo portavoce Dmitri Peskov ha condannato le azioni di Usa e Regno Unito, definendo “illegittimi dal punto di vista del diritto internazionale” gli attacchi contro i ribelli Houthi.

Per Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, sono stati “irresponsabili”. “La cosiddetta ‘coalizione internazionale’ guidata da Stati Uniti e Regno Unito ha colpito numerosi obiettivi nello Yemen. Condanniamo fermamente queste azioni irresponsabili. Un’escalation militare nella regione del Mar Rosso potrebbe provocare una destabilizzazione della situazione in tutto il Medio Oriente” ha detto Zakharova.

Messaggio e toni diversi, ma comunque rilevanti quelli della Cina. La portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning ha espresso “preoccupazione”, invitando “tutte le parti a mantenere la calma per prevenire un ulteriore allargamento del conflitto“.

Attacchi in Yemen, l’Onu

Questa sera si terrà una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu in merito alla situazione nel Mar Rosso. Appuntamento alle ore 22 italiane, le 16 a New York. La richiesta – come confermato dal Palazzo di Vetro – è arrivata proprio dalla Russia che quindi, oltre ad aver condannato gli attacchi di Stati Uniti e Gran Bretagna, cerca sponde internazionali.

I mercati dopo gli attacchi in Yemen

A reagire non sono stati solo le nazioni coinvolte o gli attori statali in gioco, ma anche i mercati. Dopo i bombardamenti in Yemen, infatti, a salire è stato il prezzo del petrolio e del gas. Il Wti è salito del 4,4% a 75,2 dollari al barile, mentre il Brent ha guadagnato il 4,2% a 80,6 dollari al barile, portandosi ai livelli di fine gennaio scorso.

Anche il prezzo del gas sale, non solo per l’ondata di freddo in arrivo. Ad Amsterdam le quotazioni sono in rialzo del 3,2% a 31,8 euro al megawattora.