Legittimità
Autonomia differenziata, dicembre il mese della verità. La decisione della Corte Costituzionale e il punto a favore per il Nord
L’ora della verità per l’Autonomia differenziata scoccherà a metà dicembre. Nella mattinata di ieri, infatti, è iniziata davanti alla Corte Costituzionale la discussione sui ricorsi delle regioni contro l’applicazione della legge numero 86 del 26 giugno 2024, la cosiddetta Calderoli. Proprio a partire da oggi, la Corte si riunirà in camera di consiglio per avviare la discussione sui ricorsi. La sentenza sarà depositata entro metà dicembre e avrà, nel caso di una dichiarazione di incostituzionalità della legge (che può essere totale o parziale), un impatto sui quesiti referendari depositati in Cassazione. Entro il 20 gennaio 2025, infatti, la Consulta dovrà decidere sull’ammissibilità dei quesiti referendari contro l’Autonomia, mentre toccherà alla Cassazione decidere sulla validità delle firme. Intanto, le regioni del Nord segnano un punto a loro favore.
Ricorsi
La Corte Costituzionale ha ammesso gli interventi “ad opponendum” delle regioni del centrodestra (Lombardia, Veneto e Piemonte) alle regioni ricorrenti a guida centro-sinistra (Campania, Toscana, Puglia e Sardegna) sulle questioni di costituzionalità riguardanti l’Autonomia. Ecco dunque che si apre un inedito davanti alla Consulta: due gruppi di regioni si schierano contro, allo scopo di difendere o ricusare una legge dello Stato che, in un modo o nell’altro, conferisce loro maggiori poteri.
Diritti in gioco
Una legge “tutt’altro che inoffensiva” che rischia di “compromettere la solidarietà tra regioni”, i diritti e i servizi essenziali, oltre al debito pubblico. È quanto sottolinea l’avvocato della Regione Puglia, Massimo Luciani, che difende le ragioni dei ricorrenti. Per l’avvocato della Regione Toscana, Andrea Pertici, la legge Calderoli crea un sistema “finanziariamente insostenibile” e il risultato “non è un efficiente quadro di autonomia particolare volto a rispondere al meglio alle esigenze del territorio, ma un’autonomia antisolidaristica e inefficiente nel garantire l’accesso ai servizi essenziali”.
“I lep investono tutti i diritti e dire che sia il governo a scegliere per quali diritti definire i lep, desta sconcerto e fa correre brividi lungo la schiena – aggiunge Luciani –. I lep, non sono il minimo che si può fare, ma la soglia di spesa minima per garantire servizi e diritti. E l’essenza dei diritti non può essere messa in discussione in funzione delle risorse disponibili”. Per Antonio Saitta, avvocato della Regione Sardegna, la legge Calderoli crea un “contrasto con i principi supremi di costituzionalità e con la nostra forma di Stato” e “cozza con i principi di solidarietà”.
Sburocratizzazione
Sul fronte opposto le regioni del Nord secondo le quali la legge per l’Autonomia differenziata “non toglie garanzie ma cerca di sburocratizzare e far funzionare meglio le cose”. Lo sottolinea l’avvocato Mario Bertolissi, che rappresenta la Regione Veneto nell’intervento ‘ad opponendum’ presentato, anche da Piemonte e Lombardia. Per Marcello Cecchetti, avvocato della Regione Piemonte, “le interpretazioni della Costituzione” dei ricorrenti “non ci convincono e ci pregiudicano”. Per il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, “con la decisione di ammettere i nostri contro ricorsi, la Consulta ha riconosciuto l’interesse del Veneto a difendere la legge sull’autonomia e il diritto a vedere rappresentate le sue ragioni nel processo. È un passaggio importante perché da subito abbiamo sostenuto che la legge sull’autonomia differenziata è una norma che deve essere difesa nella consapevolezza che rappresenta l’avvio di un nuovo corso per il nostro Paese”.
L’Autonomia Differenziata segna l’attuazione delle riforme costituzionali varate dal Centro Sinistra nel 2001 che stabilivano poteri più forti per le regioni con procedure che poi il governo ha deciso di attuare con il disegno di legge Calderoli. I fautori della norma parlano di maggiore responsabilizzazione degli enti locali nella spesa pubblica; i contrari, invece, evidenziano come manchino le risorse per mettere tutte le regioni allo stesso livello di partenza per i servizi essenziali. Toccherà dunque alla Corte Costituzionale derimere questa intricata matassa politica e normativa.
© Riproduzione riservata