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Banca africana di sviluppo, le sfide del nuovo presidente Sidi Ould Tah
Il 29 maggio scorso l’African Development Bank, la più importante istituzione finanziaria del Continente africano, ha scelto il suo nuovo Presidente. Si tratta di Sidi Ould Tah, della Mauritania, che si è imposto su altri quattro candidati, provenienti da Senegal, Zambia, Ciad, e Sud Africa. Sidi Ould Tah, che è stato anche Presidente della Arab Bank for Economic Development in Africa (Badea), ed è considerato uno dei maggiori esperti internazionali di finanza per lo sviluppo, succederà dal prossimo settembre al nigeriano Akinwumi Adesina, in carica per due mandati quinquennali consecutivi dal 2015.
La capacità di credito
Con il perdurare della profonda crisi in cui ristagna da anni l’African Union, organismo politico panafricano per eccellenza, l’African Development Bank ha visto crescere notevolmente la sua rilevanza: essa concede infatti cospicui crediti a condizioni vantaggiose per il miglioramento delle infrastrutture del Continente, ed incide quindi in maniera reale sulle prospettive economiche dei 54 Paesi africani. Il Presidente uscente della AfDB, Adesina, ha recentemente dichiarato che la capacità di credito della AfDB dal 2025 al 2033 è di oltre 70 miliardi di dollari per programmi di sviluppo e crescita a carattere infrastrutturale; le pressanti esigenze continentali sul fronte energetico, climatico e della connettività fanno ritenere il suo ruolo sempre più fondamentale. Malgrado le ambizioni, il mandato del prossimo Presidente si presenta tutt’altro che semplice.
La riduzione del sostegno USA
Uno dei problemi principali consiste nella forte riduzione del sostegno degli Stati Uniti al funzionamento dell’AfDB: l’Amministrazione Trump ha reso nota l’intenzione americana di tagliare 550 milioni di dollari di contributi per il 2025, proprio in un momento in cui le notevoli sfide continentali in tutti i settori-chiave richiederebbero risorse maggiori e più sicure per la Banca. Sidi Ould Tah dovrà quindi rivolgersi ad altri partner, come ad esempio le Monarchie del Golfo e la Turchia, per cercare di colmare il gap di risorse disponibili che si profila all’orizzonte. Anche dalla principale istituzione finanziaria africana si attendono proposte immaginative sul fronte del debito, percorribili senza scosse eccessive per i mercati internazionali, tenendo conto che il solo ripagamento degli interessi giunti a scadenza si è tradotto nel 2024 in oltre 75 miliardi di dollari di esborsi per i Paesi africani debitori.
Le richieste di finanziamento
In ambito continentale si fa strada l’idea di continuare a rendere possibili l’erogazione di crediti, o l’emissione di obbligazioni statali, per quei Paesi che hanno nel programma nazionale iniziative infrastrutturali strategiche, secondo ciò che Mario Draghi chiamava “debito buono”, evitando o riducendo invece drasticamente le richieste di finanziamento che non siano collegate al rafforzamento del tessuto industriale, energetico, dei trasporti, e che non implichino risvolti positivi sulle future entrate economiche degli Stati. Per la Banca Africana di Sviluppo sarà anche necessario un coinvolgimento crescente sul fronte dei progetti cosiddetti “cross border”, cioè transnazionali, piuttosto che l’approccio diretto ai singoli Stati, poiché le esigenze più impellenti per il Continente hanno una dimensione sempre più regionale, come nel caso del Corridoio di Lobito, la strada ferrata di 1300 km fra Angola, Zambia e RDC, la quale dovrebbe consentire un rapido accesso all’Oceano Atlantico per i minerali e le terre rare dei tre Paesi.
Per dotarsi di maggiori risorse, la AfDB sta anche riflettendo sull’ipotesi che gli Stati africani tassino gli introiti generati all’estero dei loro espatriati delle diaspore, ciò che mobilizzerebbe notevoli capitali per la crescita, ma che sarebbe di difficile realizzazione concreta.
Queste e molte altre sono le difficili prove che attendono il nuovo Presidente Sidi Ould Tah nei prossimi cinque anni, e forse anche oltre; l’obiettivo è di riuscire a cambiare sensibilmente le statistiche, che vedono il Continente africano rappresentare al momento il 18% della popolazione globale, ma ancora soltanto il 5% del GDP del pianeta.
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