Con Benedetto Della Vedova, leader di Più Europa, già Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri ed europarlamentare, parliamo del rapporto tra Berlusconi e il Partito Popolare Europeo.
Ieri su queste Pagine in un lungo intervento Alejandro Agag, l’uomo che portò Berlusconi nel Partito popolare Europeo, ha raccontato quella scelta coraggiosa e non scontata.

Lei c’era, come la ricorda?
Io ho fatto il parlamentare europeo dal ’99 al 2004, e in quella legislatura Forza Italia, che nella precedente era credo con i gollisti, nel ’99 decide di entrare nel Partito Popolare Europeo. Ricordo che ci fu una discussione con Pannella che spingeva affinché Forza Italia entrasse nei liberali.

Fu una scelta azzeccata?
Nel ’99 nel Ppe c’erano anche i conservatori britannici (che poi uscirono con Cameron) e gli spagnoli di Aznar. In quel momento il Ppe diventa il primo partito europeo e cambia pelle, mentre prima era il partito dei democristiani, diventa il partito del centrodestra. I numeri importanti della delegazione di Forza Italia hanno consentito a Berlusconi la retorica del Ppe e un ancoraggio all’Europa, nonostante in quegli ambienti sia sempre stato vissuto come un outsider e un corpo estraneo: era il primo ad aver fatto un governo con l’estrema destra e la lega nord. Nel 2003 quando Berlusconi Presidente di turno della Ue chiamò Schulz “kapò”, il PPE raggelò. Avendo poi nel tempo Forza Italia snaturato il connotato liberale delle origini, col senno di poi si capisce la scelta del Ppe.

Non c’è niente di positivo in questo esperienza?
In quella fase controintuitivamente Berlusconi nomina commissari europei Emma Bonino e Mario Monti. Una scelta rassicurante che in pochi si aspettavano da lui. Poi comincia il rapporto organico col Ppe, su questo Tajani ha lavorato bene. È diventato presidente del Parlamento europeo più che “grazie a Berlusconi”, direi “nonostante Berlusconi”. Che invece è sempre stato percepito come un outsider. Ma Forza Italia è stata la prima o la seconda delegazione del Ppe, ancorata al mainstream europeista.

Se non ci fosse stata Forza Italia, l’Italia avrebbe rischiato di rimanere ai margini dell’Unione Europea?
Bisogna capire chi avrebbe vinto. Nel ’99 Napolitano diventa Presidente della commissione affari costituzionali nel parlamento europeo. I ds nonostante la provenienza dal pci, erano incanalati nel solco europeo. E anche la Lega di Bossi, pur estranea alla cultura europeista, all’inizio per paradosso voleva la secessione per portare la Padania in Europa.

Quindi Berlusconi non ha fatto la differenza?
Draghi viene nominato presidente della Bce quando Berlusconi è presidente del consiglio. Ma alla fin dei conti Berlusconi è stato nel solco europeista di mainstream, pur non rappresentando una spinta propulsiva.

In quegli anni lei che era europarlamentare eletto nella lista Bonino Pannella, i radicali lottavano per gli Stati Uniti d’Europa. Berlusconi è mai stato un interlocutore di questa battaglia?
Nel ’94 io avevo fatto la mia prima campagna sventolando un opuscolo dove c’era scritto Stati Uniti d’Europa Subito, ma Forza Italia non è mai stato un interlocutore convinto per questo obiettivo. Nella prima Forza Italia c’erano delle anime euroscettiche perché alcuni di loro avevano delle idee che consideravano l’Europa come super stato. Berlusconi non ha mai dedicato molta energia a questo, anche se formalmente non si è mai distaccato dal filone europeista. A differenza di Salvini e Meloni.

Quindi una differenza rispetto agli alleati gliela riconosce?
Se uno guarda i giornali europei c’è uno scetticismo rispetto a Berlusconi molto diverso rispetto alla narrazione a reti unificate che abbiamo visto in Italia. Se uno va all’estero Berlusocni è una figura controversa, come lo era in Italia fino alla settimana scorsa. Io sono andato ai funerali, ma l’idea sull’operato politico non cambia.

Ma non pensa che questa idea di Berlusconi all’estero sia stata condizionata dalla campagna persecutoria della sinistra e della magistratura?
Pannella e i radicali non hanno mai avuto pregiudizi come la sinistra, anche se il giudizio politico è cambiato dopo l’abbandono della rivoluzione liberale e sulla giustizia. L’ultima fase di governo è stata deludente. Come sul tema dei diritti civili in una prima fase lui mi disse che sua moglie Veronica lo spingeva ad avere posizione più laiche. Poi su Eluana Englaro fece cose incomprensibili. C’è stata un’evoluzione politica tutt’altro che liberale. Da fuori Italia vedevano un proprietario del sistema radiotelevisivo che fondava un partito e diventava capo del governo, era straniante.

Ma perché non riuscito a fare la riforma liberale?
All’inizio perché era difficile, lui dava la colpa agli alleati ma allo scontro vero preferiva l’appeasement. Poi nel 2008 non aveva più voglia lui. Voleva piacere, non cambiare le cose.

E quella della giustizia?
Anche quando poteva sostenere i referendum radicali sulla separazione delle carriere, la responsabilità civile dei magistrati, e l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, nei fatti non l’ha mai fatto.

Quindi ha un giudizio critico?
È una critica politica: la sua eredità purtroppo non è liberale ma reazionaria. Salvini e Meloni, azionisti di maggioranza del centrodestra e del governo, son due antiliberali, sovranisti cresciuti nell’anti europeismo. Il lascito politico di Berlusconi è la cosa più lontana dalla rivoluzione liberale. Non parlo di ciò che rimane di Forza Italia, ma di tutto il centrodestra. Berlusconi diceva cose giuste su liberalizzazioni, tasse, giustizia, privatizzazioni, oggi il centrodestra parla di reato universale per la Gpa (utero in affitto, ndr), aldilà di cosa si pensi nel merito è un obbrobio giuridico che se fai una cosa legale in Canada e poi entri in Italia ti arrestano, ma questa è la parabola del centrodestra. Ora è solo una partita tra Meloni e Salvini. Ma nessuni dei due ha l’intenzione di esprimere una svolta europeista liberale.

Chi può farlo?
Vediamo la partita che si giocherà alle prossime elezioni europee che ruolo avrà Forza Italia. Io credo che Tajani stia cercano con Weber di ribaltare una maggioranza storica di larghe intese verso una maggioranza tra il Ppe e la destra sovranista di Meloni. E questa è un patita che potrebbe avvicinare nell’interesse delle elezioni europee Forza Italia con Fratelli d’Italia. Io penso che questo disegno non andrà a buon fine, e che la prossima delegazione di Forza Italia nel Ppe sarà molto esile. Per questo ci vorrà una spinta forte dei liberali in Renew Europe.