Democrazie in Progress
Le riforme costituzionali per modernizzare e democratizzare le nostre istituzioni
Berlusconi e la politica: se di eredità parliamo, allora Sindaco d’Italia sia
La rubrica “Democrazie in progress” di Emanuele Cristelli, consulente per le relazioni pubbliche e istituzionali e appassionato di democrazia e istituzioni: il modo migliore per onorare in maniera oggettiva e neutra l’eredità politica di Berlusconi è andare a passi spediti verso l’Elezione diretta del Premier in Italia
Il pezzo che avevo in mente questa settimana era di tutt’altro tenore e argomento, ma quando viene a mancare uno dei più importanti personaggi della Storia italiana e del Mondo non si può che fermarsi e riflettere, dedicare silenzio e cordoglio. Ragionare sul passato, e quindi anche sul futuro. La mia conclusione, dopo più di 24 ore, è che il modo migliore per onorare la memoria di Berlusconi, raccogliendo il buono che può ancora lasciarci la sua esperienza politica, è forse prendere atto definitivamente della necessità della trasformazione della nostra democrazia compromissoria in una democrazia decidente.
Parto da questa estrema convinzione fissando un assunto dichiarato da tutti, avversari, sostenitori, amici e odiatori: è Berlusconi che porta definitivamente l’Italia nell’era politica della modernità, del leaderismo, della disintermediazione tra istituzioni e cittadini, in un clima di estrema sfiducia nella politica e del picco di crisi della democrazia repubblicana dove la Repubblica era percepita come una Torre d’Avorio.
Dopo l’intuizione di Mariotto Segni che coglie lo spirito dei tempi attraverso la battaglia per il maggioritario, Berlusconi comprende subito che non si può giocare a Basket su un campo da Calcio (e lui ne sapeva qualcosa), e diventa nel giro di pochi mesi il Leader che si è fatto partito, tagliato su misura per la contesa Maggioritaria, perfettamente in linea con il modello ormai diffuso, di successo e sparso per tutto il territorio in quegli anni, ovvero quello dei Sindaci.
La persona, il leader diventa esso stesso la proposta politica, in una dimensione post-ideologica e con strutture partito liquide ma capaci di essere capillari attraverso gli strumenti forniti dalla tecnologia del tempo e dalle risorse e i mezzi ancora a disposizione del sistema dei partiti.
Berlusconi interpreta l’esigenza degli italiani di affidarsi a degli uomini nuovi per superare la compromissione definitiva della Prima Repubblica e vince, tutti gli altri giocano invece una partita di Basket su un campo da Calcio e, inevitabilmente, perdono.
Oggi noi parliamo ancora di crisi della partecipazione, distanza siderale percepita dai cittadini nei confronti delle istituzioni di governo e parlamento, ingovernabilità e carente capacità d’impatto sulla vita delle persone delle scelte della politica. È inutile nascondercelo: i nodi che rendevano parzialmente incompiuto il cammino verso una democrazia veramente governante in Italia non sono stati risolti e affrontati, neanche da Berlusconi che, come Matteo Renzi, sono usciti sconfitti dai tentativi di riforme costituzionali per modernizzare e democratizzare le nostre istituzioni.
La crisi della partecipazione e il recupero della legittimazione della nostra democrazia passano senza dubbio da varie innovazioni nelle forme di coinvolgimento democratico, ma allo stesso tempo chi scrive ritiene da sempre che il potere di scelta diretta nelle mani dei cittadini, nei confronti di chi detiene i poteri di governo di un Paese, siano la precondizione imprescindibile per creare il legame di accountability e responsabilizzazione piena della classe politica e dell’elettorato. Senza di esso, ogni altro tentativo ed esperimento in un Paese culturalmente vocato al maggioritarismo, rischia di esser vano.
Ce lo dimostrano le grandi democrazie che hanno saputo affrontare grandi momenti di crisi e rialzarsi, come quella francese e americana, con situazioni diverse, ma che nei momenti bui il legame diretto col popolo è riuscito ad arginare le spinte peggiori in nome di un mutuo riconoscimento del principio della delega, dal cittadino al governante.
Il maggioritario è divenuto poi nel corso del tempo patrimonio un po’ di tutti: destra, sinistra, centro, poi qualcuno se l’è scordato per opportunismo politico. Oggi ci si ritrova ad un nuovo crocevia della storia del nostro Paese: l’ennesimo appuntamento con la sfida di trasformare definitivamente la nostra in una democrazia decidente. Se c’è qualcosa di buono che ci lascia l’Ex Premier è questo orizzonte: promesso, mancato, poi da lui stesso disatteso per opportunismo di congiuntura politica.
Ma è una questione che rimane lì, inevasa, e soprattutto giusta da affrontare. Il pallino è e sarà in mano a Meloni e alle opposizioni più costruttive, capaci di andare oltre la contingenza delle prossime elezioni e pensare alle future generazioni.
Abbiamo tutta la capacità, la competenza, la conoscenza, i migliori costituzionalisti e il Know-how di un modello di successo da noi costruito per poterne elaborare uno tutto nuovo e che, come 30 anni fa, ci renda interpreti dello spirito del tempo e ci faccia archiviare la Seconda Repubblica, per abbracciare definitivamente la Terza.
Andare spediti verso il Sindaco d’Italia, con i dovuti aggiustamenti e contrappesi, è a questo punto forse il miglior favore che si possa fare a noi stessi come Paese, e alla memoria di un’eredità politica quale come quella di Silvio Berlusconi.
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