Cesare Battisti ha presentato un reclamo in cui accusa di essere stato aggredito, “nel disegno di un’accanita persecuzione” da alcuni agenti della polizia penitenziaria nel carcere di Parma. Battisti parla di “trattamento selvaggio”, di mancato rispetto della privacy anche “quando vago in bagno”. Ha richiesto alla Sorveglianza di accertare eventuali ipotesi di reato e di intervenire “per un ritorno alla legalità, tesa a garantire i diritti inviolabili dell’uomo”.

La denuncia è stata riportata in un foglio manoscritto di tre pagine, letto dall’Agi, e datato 7 marzo. L’ex militante dei PAC (Proletari Armati Comunisti) ha scritto che “alle 8 del mattino un assistente capo in servizio con aria spavalda e fare minaccioso, supportato da un nugolo di agenti dalle impressionanti prestanze fisiche faceva irruzione nella mia cella con la manifesta volontà di voler provocare reazioni inconsulte, aggredendo verbalmente e fisicamente il sottoscritto”.

L’aggressione si sarebbe consumata lo scorso 2 marzo. A traumatizzare Battisti sarebbe stata un’azione ben precisa: Battisti ha raccontato infatti di aver avuto un “colpo al cuore” quando in tarda serata si sarebbe accorto che il suo pc aveva subito “gravi danni”. Gravissimo per lui che considera il computer “strumento di lavoro come scrittore ed editor di ‘Artisti dentro'” (onlus che si occupa di portare in carcere arte e cultura, ndr) ma anche “l’unico mezzo per mantenere un equilibrio psichico in circostanze tanto avverse”.

Cesare Battisti ha 67 anni, è stato condannato all’ergastolo per quattro omicidi – due commessi materialmente e due on concorso – ed altri gravi reati. Gli omicidi sono quello del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978; quello del gioielliere Pierluigi Torregiani e del commerciante Lino Sabbadin, che militava nel Msi, uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre; e quello dell’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978.

Lui si è sempre proclamato innocente. Arrestato per l’omicidio Torregiani evase grazie a un assalto dei terroristi. Fuggì prima in Messico, poi in Francia dove la “dottrina Mitterand” e le campagne degli intellettuali a suo favore impedirono l’estradizione. Quando nel 2003 il primo ministro francese firmò il decreto di estradizione fuggì in Brasile, dove si sposò ed ebbe altri tre figli oltre allo status di rifugiato politico. L’asilo politico è stato revocato dal Presidente Michel Temer. È stato catturato in Bolivia nel 2019 dopo una latitanza durata 37 anni. Dallo scorso settembre l’amministrazione penitenziaria ha declassificato il suo regime di carcerazione da alta sicurezza a comune.

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