Dal palco no green pass di Bologna, venerdì le sue parole erano piombate con estrema violenza: “una donna che ricopre un seggio che non dovrebbe avere perché porta vergogna alla sua storia e che è Liliana Segre, che dovrebbe sparire da dove è”. Gian Marco Capitani, uno dei leader del movimento no pass, 48 ore dopo prova a scusarsi e a spiegarsi in una lettera aperta.

“Nell’impeto del momento – scrive ora rivolgendosi a Segre- ho detto che Lei dovrebbe `sparire da dov’è´. Il termine `sparire´ è stato certamente infelice e mi dispiace non essermi espresso in modo più appropriato”, prova a scusarsi. “La mia opinione è semplicemente legata al ruolo di presidenza della commissione per il contrasto dell’intolleranza da Lei ricoperto. In quel ruolo ritengo che Lei abbia il dovere di esprimersi contro ogni violenza, anche se è rivolta a chi non la pensa come Lei”.

“La senatrice a vita Liliana Segre, con la sua solita eleganza, ha preferito non commentare, e si è limitata a dire: “Da parte di una persona che come ultimo atto della sua vita ha promosso una Commissione contro l’istigazione all’odio, la risposta ora è il silenzio”.

Gian Marco Capitani, 46 anni, ingegnere con la passione per la medicina olistica, è da sempre un no vax convinto, tanto da aver definito la legge Lorenzin sui vaccini “la prima legge razziale del dopoguerra”. Dopo le parole che dal palco di Bologna hanno indignato in tanti ha provato a spiegarsi meglio dicendo che avrebbe voluto sentire la voce della senatrice a vita contro chi insulta i No Vax per il ruolo che ricopre. Ma Segre non ha voluto sentir ragioni.

“Non sono un razzista – prosegue – non ho mai negato la Shoah e di certo non sono antisemita. Ho provato ad interloquire con Lei nella certezza di poter trovare ascolto e mi son ritrovato giudicato per una singola parola. Nell’ultimo anno e mezzo non si contano le frasi violente e le istigazioni alla violenza espresse nei confronti di chi ha una diversa opinione sulla campagna di vaccinazione di massa in corso. A reti unificate, 24 ore su 24, si è scatenata un’autentica campagna d’odio che, temo, abbia fatto molto male al Paese. Ecco Senatrice, su questo avrei tanto voluto sentire la Sua voce, una parola di ferma condanna nei confronti di chi ha scatenato una sorta di caccia all’uomo. Questa non è violenza? Non è discriminazione? Non c’è istigazione all’odio nel far passare l’equazione manifestanti uguale terroristi? Ho provato a rivolgermi a Lei perché sono certo che Lei più di chiunque altro possa capire cosa significhi sentirsi discriminati. Lei più di altri può comprendere cosa significhi essere segnati con una sorta di marchio di infamia”, conclude, tentando faticosamente di trovare un appiglio di solidarietà e comunanza con la senatrice.

Lo scorso 25 settembre era stato proprio Capitani a parlare della vicequestore Nunzia Alessandra Schilirò, la poliziotta no-vax finita poi nell’occhio del ciclone per il suo intervento. “Mi hanno fatto nero, ma nulla corrisponde al vero- dice ancora Capitani per difendersi in un’intervista su Youtube all’emittente Mepiù- è il gioco delle parti, ho prestato il fianco a questo tipo di attacco. È chiaro che è stato subito tradotto nel fatto che augurassi la morte o le peggiori cose a Liliana Segre, avrei sicuramente dovuto usare un altro termine, è fuori discussione: in realtà io contestavo alla senatrice di essere presidentessa di una commissione così importante che dovrebbe vigilare e contrastare tutti i fenomeni di istigazione e violenza, ma credo che sia sotto gli occhi di tutti che da un anno e mezzo viene detto di tutto nei confronti di chi non si è allineato al pensiero unico. Ce ne hanno dette di tutte, ma non abbiamo mai sentito questa commissione prendere posizione contro questa istigazione all’odio. Mi rivolgevo alla senatrice Segre in questa veste, in questo senso intendevo che non rende giustizia alla sua storia. Ora sono definito un fascista, ma prima di quell’intervista citavo proprio Primo Levi che diceva di stare attenti ai nuovi fascismi”.

Capitani vive a San Giovanni in Persiceto ed è laureato in ingegneria delle telecomunicazioni. Prima del Covid lavorava come operatore olistico di medicina tradizionale cinese, aveva uno studio che ha chiuso. “Adesso – dice – lavoro nel campo dell’informatica”. Su LinkedIn si definisce ” programmatore dal 1997″, e spiega: “Durante la mia carriera ho lavorato in aziende piccole e grandi spaziando in diversi settori: dall’automotive al settore bancario, dal turismo ai servizi, dall’automazione industriale, toccando anche gli aspetti più commerciali e affrontando ogni nuova sfida con ottimismo e con la necessaria curiosità ” . Si è radicalizzato nel 2017, ai tempi della legge Lorenzin.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.