Vincenzo De Luca ha anticipato la chiusura della Campania. Una Regione costretta ad anticipare le misure che poi saranno nazionali, e quindi del governo, questo il “destino della Campania“, secondo il governatore. Disposizioni e misure che vanno dalle mascherine obbligatorie, al coprifuoco, alla didattica in presenza o a distanza. È troppo tardi, ha detto De Luca, bisogna chiudere ora per non chiudere in futuro e con effetti disastrosi. Che il governo sia d’accordo o meno non importa al governatore campano che se l’è presa anche con alcuni membri del governo. Ha apostrofato alcuni ministri di essere “tangheri”, “sciacalli”, “improbabili”.

Le parole del Presidente, rieletto con percentuali bulgare alle regionali di settembre: “Nel governo ci sono i tangheri, gli sciacalli e le persone perbene, che ringrazio e con cui manterremo un rapporto molto stretto. Mi verrebbe da dire: affrontiamo questa situazione da uomini. Espressione che non si usa più. Di sicuro, non la userò per un ministro … – ha continuato De Luca – In questi giorni, a fronte di un atteggiamento di sciacallaggio ignobile da parte di un ministro improbabile, voglio ringraziare invece il ministro Speranza che collabora e capisce che cos’è la Campania, il ministro dell’Interno Lamorgese e il capo della polizia Gabrielli, che hanno risposto alla domanda dell’invio di nuove forze. Ho avuto anche un colloquio cordiale con il ministro Patuanelli“.

Chi sarebbe questo ministro “improbabile“, immeritevole di tale carica? Due le ipotesi. La prima: il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora: “Il sistema De Luca ha fallito, mi sembra evidente. Sono molto preoccupato – ha detto qualche giorno fa a L’aria che tira il ministro grillino – Inviterei De Luca ad occuparsi più della situazione sanitaria della sua regione, per la quale non ha fatto gran che dopo l’estate. È stato facile farsi pubblicità chiudendo tutto, ma ora il sistema sanitario è sotto pressione, così come quello dei trasporti”. In difesa del governatore erano arrivati il  segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti e il vice di De Luca Fulvio Bonavitacola.

L’altro profilo corrisponde a quello della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Ripetuti gli scontri con la titolare del ministero. De Luca ne ha in diverse occasioni sottolineato l’inadeguatezza al ruolo, soprattutto in un momento di emergenza come quello causato dal coronavirus. Ha persino chiesto le dimissioni, nemmeno troppo velatamente. “Un ministro che propone l’apertura dell’anno scolastico il 14 settembre, per chiudere poi tre giorni, poi riaprirle e richiuderle ancora, in qualunque Paese civile sarebbe invitato a dare le dimissioni”, aveva detto il governatore a giugno. Ieri la ministra ha scritto a De Luca esortandolo ad aprire le scuole alla didattica in presenza, dopo l’ordinanza che le ha chiuse lo scorso 15 ottobre. Il governatore non avrebbe risposto. E decide tutto da sé per la sua Regione. Le scuole, con un’altra ordinanza, sono state riaperte alle lezioni in presenza per gli alunni fino ai 6 anni. Domani sul tema si riunisce l’Unità di Crisi per altre eventuali riaperture.

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