Era il 3 settembre 1982 quando il generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa veniva ucciso a Palermo, vittima di un agguato mafioso. Nell’attacco morirono anche la moglie, Emanuela Setti Carraro, e l’agente della scorta Domenico Russo. “La loro barbara uccisione rappresentò uno dei momenti più gravi dell’attacco della criminalità organizzata alle Istituzioni e agli uomini che le impersonavano – ha scritto in una nota il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – ma, allo stesso tempo, finì per accentuare ancor di più un solco incolmabile fra la città ferita e quella mafia che continuava a volerne determinare i destini con l’intimidazione e la morte. A quell’odiosa sfida la comunità nazionale nel suo complesso, pur se colpita e scossa, seppe reagire facendosi forte della stessa determinata e lucida energia di cui Carlo Alberto Dalla Chiesa aveva già dato esempio, durante il suo brillante percorso nell’Arma dei Carabinieri, nell’impegno contro organizzazioni criminali e terroristiche”.

Dalla Chiesa era nato a Saluzzo, provincia di Cuneo, il 27 settembre 1920. Figlio di un ufficiale dei carabinieri – Romano, di origini emiliane come la madre – che diventerà vicecomandante generale dell’Arma. Proprio come il figlio. La madre si chiamava Maria Laura Bergonzi. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale partecipò alle operazioni militari nei Balcani come sottotenente di complemento. Si laureò in Giurisprudenza e in Scienze Politiche. Al momento dell’armistizio era responsabile della caserma di San Benedetto del Tronto. “Durante l’occupazione nazista – come raccontò in un’intervista a Enzo Biagi ripresa dalla Treccani – dopo essersi rifiutato di prendere parte ad azioni anti-partigiane, collaborò con i gruppi di resistenti nel territorio marchigiano fino alla fine dell’anno, quando riuscì a passare le linee nemiche. Molti anni dopo avrebbe dichiarato che quella resistenziale era stata una delle esperienze più importanti della sua vita, dal momento che ‘mi trovai alla testa di bande di patrioti e responsabile di intere popolazioni’”.

Dalla Chiesa indossò la divisa a 22 anni e ricevette il primo incarico in Campania, destinato alla compagnia di Casoria, Legione di Napoli. A luglio del 1946 sposò a Firenze Dora Fabbo, conosciuta a Bari, figlia di un ufficiale dei carabinieri. E nel 1947, a Casoria, nacque la prima figlia: Rita, cui seguirono Fernando e Simona Maria. Di questi tempi le operazioni contro la criminalità. Entrò a far parte del Corpo di Forze Repressione Banditismo (CFRB) che operava in Sicilia. Gli fu assegnato il comando del Gruppo Squadriglie di Corleone. La sua principale indagine fu sull’omicidio del sindacalista socialista Placido Rizzotto. Alla conclusione delle indagini tornò a Firenze, per passare poi a Como, a Milano e a Torino.

Dal luglio del 1966 assunse il comando della Legione di Palermo. Fronteggiò la cosiddetta “Prima Guerra di Mafia” e fu organizzatore dei soccorsi in occasione del terremoto del Belice, nel 1968, Sicilia Sud-Occidentale. Per il suo impegno i comuni di Gibellina e Montevago lo insignirono con la cittadinanza onoraria. Suo il rapporto dei 114: una mappa dei nuovi e vecchi capimafia siciliana. Per la prima volta, nel documento stilato da Dalla Chiesa, apparivano nomi che sarebbero stati spesso protagonisti di fatti di Mafia, anche negli anni a venire. Quindi il trasferimento a Torino, ambiente caldissimo sul fronte del terrorismo rosso, e quindi promosso a generale venne assunto alla guida della divisione Pastrengo a Milano. Su sua proposta il governo accettò la proposta di contrastare il terrorismo al Nucleo Speciale di Polizia Giudiziaria. Prima di passare a Milano fu assegnato alla guida del Coordinamento del servizio di sicurezza esterna degli Istituti Penitenziari (Sicurpena).

Dora morì nel febbraio del 1978, stroncata da un infarto. “Per il generale il colpo fu durissimo, anche perché riteneva di avere una parte di responsabilità, avendo costretto la moglie a una vita di lontananze prolungate e attese angosciose. Fu da quel momento che iniziò a tenere un diario personale, scritto sotto la forma di lettere a Dora”, scrive ancora la Treccani. Dalla Chiesa fece parte anche di un gruppo di lavoro del ministero degli Interni durante il sequestro di Aldo Moro. Gli fu assegnata dal ministro Virginio Rognoni la guida di una nuova struttura di contrasto al terrorismo. Alla Pastrengo a Milano arrivò nel 1979. Il 19 febbraio 1980, a Torino, fu arrestato il brigatista Patrizio Peci, che divenne il primo e più importante collaboratore di giustizia. A partire dalle dichiarazioni di questi furono arrestati decine di militanti, smantellati i gruppi di Genova e Milano ma una sparatoria in un covo a Genova causò la morte di quattro brigatisti. Le polemiche furono enormi. Dalla Chiesa ammise anche, dopo l’esplosione del caso, di aver fatto domanda di iscrizione alla Loggia massonica P2, su insistenza di un suo ex superiore. Domanda che non aveva però avuto seguito. Dalla Chiesa sostenne e fece pressioni anche per rinchiudere i brigatisti nelle carceri di massima sicurezza.

Fu nominato vice comandante dell’Arma alla fine del 1981 ma nel 1982 andò a Palermo per contrastare la Mafia in qualità di Prefetto. Il momento era drammatico: era in corso la cosiddetta “Seconda Guerra di Mafia”. “Subito dopo avere accettato l’incarico, però, in una lettera al presidente del Consiglio Giovanni Spadolini, Dalla Chiesa non soltanto chiese un impegno più esplicito e concreto a sostegno della sua azione, ma espresse anche preoccupazione sull’ostilità di alcuni ambienti democristiani locali, da lui ritenuti i più legati alle cosche mafiose”, scrive ancora la Treccani.

Pochi giorni prima l’inizio dell’incarico venne assassinato Pio La Torre, segretario regionale del Partito Comunista Italiano. “Come nella lotta al terrorismo, anche in questo caso la sua azione procedette su due piani. Sotto l’aspetto investigativo, Dalla Chiesa si interessò all’ascesa dei corleonesi, all’estensione del fenomeno anche alla Sicilia orientale (con la formazione di un asse Palermo-Catania) e alla sua marcata internazionalizzazione. Da un punto di vista psicologico, il prefetto si rendeva conto che, in un contesto caratterizzato da sfiducia e rassegnazione, era fondamentale far sentire la presenza delle istituzioni e sensibilizzare l’opinione pubblica. Nel complesso, però, attorno alla venuta di Dalla Chiesa, in alcuni ambienti sembrava esserci diffidenza, quasi fastidio”.

Dalla Chiesa si risposò: con un’infermiera volontaria, Emanuela Setti Carraro. La sera del 3 settembre 1982, in via Isidoro Carini a Palermo, un commando affiancò l’auto sulla quale viaggiava la coppia. Il delitto fu subito inquadrato nella corsa al potere dei corleonesi in ascesa, successivamente in una cornice politica più ampia. Il pentito di Mafia Tommaso Buscetta mise in relazione il delitto con quello del giornalista Carmine Pecorelli, che secondo il collaboratore sarebbe stato messo a conoscenza dal Generale dell’intero memoriale di Aldo Moro. Pochi giorni dopo l’omicidio fu approvata la legge Rognoni-La Torre che introduceva il reato di associazione mafiosa.

La storia di Dalla Chiesa è stata anche raccontata in diversi film, come Il generale Dalla Chiesa, diretto da Giorgio Capitani con Giancarlo Giannini nei panni del generale. “Esiste un ‘prima’ e un ‘dopo’ via Carini – ha scritto per questo giornale Alberto Cisterna – che non ha eguali in tanti decenni di lotta alle mafie; perché la predisposizione di un reato di associazione mafiosa – punita come distinta e separata dalla più vetusta associazione per delinquere (articolo 416) – ha segnato un traguardo di definitiva consapevolezza circa la peculiare e specifica minaccia che all’ordine costituito derivava dall’operatività dei clan. Non solo associazioni criminali, ma entità voraci di potere e alimentate da un’insaziabile e, a tratti, incontrollabile violenza. Da questo angolo visuale il sangue versato da Carlo Alberto Dalla Chiesa pesa e molto nella storia, in gran parte ancora da scrivere, della lotta alla mafia”.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.