Non era una promessa del calcio, come si legge in queste ore su giornali e siti online, perché giocare in terza categoria e (negli allievi di una scuola calcio) a 16 anni significa divertirsi, coltivare una passione ma essere decisamente lontani dal professionismo. Giuseppe Lenoci era un ragazzo normale che, come tanti altri, frequentava un corso di accompagnamento al lavoro che prevedeva lezioni in aula e lezioni pratiche con uno stage presso un’azienda. Corsi finanziati dalla regione Marche e organizzati da enti di formazione.

Giuseppe, che il 21 aprile avrebbe compiuto 17 anni, nel pomeriggio di lunedì 14 febbraio si trovava a bordo di un furgone guidato da un operaio di 37 anni, suo collega di lavoro nella ditta di termo-idraulica. Stavano raggiungendo una ditta quando, per cause in corso di accertamento, il veicolo è uscito fuori strada, in provincia di Ancona, schiantandosi contro un albero. Giuseppe era seduto sul lato passeggero ed ha avuto la peggio perché è stata la parte destra della vettura a scontrarsi per prima contro il tronco. Il collega alla guida è stato soccorso e trasportato in ospedale dove è ricoverato in gravi condizioni. Il corpo senza vita di Giuseppe è stato invece estratto dalla lamiere dai vigili del fuoco.

Non è ancora chiara la dinamica dell’incidente. Se si tratta di eccesso di velocità, di una distrazione alla guida o di altri fattori. Saranno le indagini dei carabinieri a cristallizzare tutto e ad accertare eventuali responsabilità. Resta la tragedia, la morte di un 16enne che voleva imparare un mestiere, rendersi indipendente da una famiglia di origini pugliesi che si era trasferita da oltre 10 anni a Monte Urano, in provincia di Fermo. 

Era iscritto al terzo anno del Centro di formazione professionale Artigianelli dell’opera Don Ricci di Fermo con specializzazione in termoidraulica. Stava completando il percorso formativo: tre anni e mille ore, la metà delle quali in stage. Si sarebbe diplomato alla fine di questo anno scolastico, diventando un operaio specializzato. Lascia i genitori e un fratellino più piccolo.

Una tragedia che avviene a meno di un mese di distanza da quella di Lorenzo Parelli, il 18enne morto schiacciato in fabbrica a Lanuzacco, in provincia di Udine, nell’ultimo giorno di stage. E che scatena le proteste di studenti (che hanno già occupato diverse scuole in Italia, soprattutto a Torino) e sindacati.

La morte di Giuseppe non è stata “un infortunio in un cantiere o dentro una fabbrica, ma come si dice in gergo di un infortunio in itinere. Non per questo è meno drammatico e meno grave e non solleva tutta la comunità da alcuni interrogativi”. Così in una nota la segretaria della Cgil Marche Daniela Barbaresi e il segretario generale Flc (Lavoratori della Conoscenza) Marche Antonio Renga. “Quando uno studente di sedici anni muore nel tragitto di ritorno da uno stage – osservano -, si consuma un dramma che non può lasciarci indifferenti e non interrogare tutti, a partire dalle imprese, dalle istituzioni e dalla politica. Si rischia di fare confusione e di non capire realmente il complesso mondo del sistema di istruzione e formazione italiano, che ha subito molte riforme e che prevede diverse forme di sperimentazione lavorativa durante il percorso scolastico e formativo”. Per Barbaresi e Renga “occorre riflettere sulle troppe forme di tirocini, stage, alternanza scuola-lavoro, sull’effettiva efficacia di tali percorsi e sulle condizioni del loro svolgimento che non sempre avvengono nel pieno rispetto della garanzia della salute e sicurezza”.

 

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