Mark Lanegan aveva questa voce, mai allenata o esercitata, che arrivava da qualche altra parte, lontano lontano, da nessuna parte forse ma comunque molto in fondo. È stato un crooner prestato all’onda del rock alternativo che tra grunge e stoner si diffuse in tutto il mondo tra gli anni ’80 e gli anni ’90. Non è mai stato famoso come i compari Nirvana, come Kurt Cobain o Chris Cornell dei Soundgarden, gli Alice in Chains o i Pearl Jam. Si è conquistato comunque il suo spazio nella storia del rock: è morto ieri a 57 anni, nella sua abitazione di Killarney, in Irlanda.

Aveva fondato gli Screaming Trees a metà degli anni ’80: tra i primi gruppi grunge. Con Nirvana, Soundgarden, Pearl Jam condivideva lo stato di provenienza, quello di Washington, nord-ovest degli USA. Da Ellensuburg è partita la sua carriera, con quella banda di ragazzi complicati capì cos’era la sua voce. Nearly lost you è una delle canzoni simbolo di quell’epoca. Il primo album da solista nel 1990, The Winding Sheet. Con Kurt Cobain avrebbe dovuto realizzare un disco di cover folk, dal progetto naufragato nacque la sua carriera solista.

In tutto ha pubblicato 11 lavori in studio. Ha vissuto una vita piena anche di eccessi, alcol e droga, oltre che di musica. Ha pubblicato dischi di cover, fatte completamente sue. Ha collaborato con i Queen of the Stone Age di Josh Homme, i Dinosaur Jr., Greg Dulli degli Afghan Whigs, ha contribuito a fondare i Gutter Twins. In Italia con il leader e frontman degli Afterhours Manuel Agnelli. Gli ultimi dischi sulla scia dei grandi cantautori anglofoni. Ha travalicato il genere che lo aveva forgiato, restando credibile e anzi guadagnando altre fette di pubblico.

Lo scorso dicembre aveva pubblicato il libro Devil in a coma, memoir scritto durante la sua convalescenza dopo il contagio da covid-19 – l’anno prima aveva pubblicato proprio un’autobiografia, Sing Backwards and Weep. Lui che inizialmente aveva dato retta a teorie complottiste e negazioniste. Era entrato in coma e uscito diverse volte, perso temporaneamente l’udito, cominciava appena a stare meglio, e il libro andava avanti e indietro sulla sua vita. Soffriva ancora dei postumi del long-covid. “Il nostro amato amico Mark Lanegan è morto stamane nella sua casa di Killarney in Irlanda. Amato cantante, cantautore, autore e musicista, aveva 57 anni, lascia la moglie Shelley. Nessun’altra informazione è disponibile al momento. La famiglia chiede a tutti di rispettare la sua privacy in questo momento”, il post apparso sulla pagina social ufficiale.

Raccontava anni fa in un’intervista a Repubblica di trarre ispirazione da tutto, praticamente: dalla sua vita, da quella degli altri, da un sogno, da qualcosa che aveva letto, qualcosa che aveva sentito dire. Che se era un musicista era perché amava suonare su un palco, davanti alle persone, i live. E che gli sarebbe dispiaciuto, non morire, a un certo punto. Sulla possibilità di fare un film sulla sua vita aveva risposto: “Dopo cinque minuti gli spettatori inizierebbero a sfasciare tutto pur di raggiungere l’uscita …”.

 

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.