Vasco Rossi è ancora qua, e già a quasi settant’anni. Suonati, è il caso di dirlo. “Mi sento un sopravvissuto, per meglio dire un supervissuto, per quantità e qualità delle esperienze. Ho avuto una vita incredibile, e me la sono cercata proprio così com’è stata. Non ho fatto il commercialista, voglio dire. Come sognava mio padre. È stata mia madre a farmi cantare, le mamme fanno di te quello che vogliono”, ha detto il cantautore, cantante, rocker, icona della musica italiana in un’intervista a Il Venerdì di Repubblica.

Esce oggi il suo nuovo album: Siamo qui, come il singolo che l’aveva anticipato. C’è dentro la paura, la disperazione, la lotta, una manciata di riff affilati, alcune ballatone tipiche sue, la provocazione e l’attualità. L’ha raccontato nella lunga intervista sulla sua lunghissima strada, dalla provincia agli stadi più grandi, al record del più grande live con paganti della storia (225mila a Modena nel 2017), ai fanatici che lo seguono, alle canzoni: una vita spericolata.

Vasco poeta, Vasco bambino, Vasco alla radio e a Sanremo, Vasco e la sua famiglia, Vasco e il suo dark side: quei 22 giorni di carcere nel 1983 per possesso di cocaina. 26 grammi. Un’inchiesta che coinvolge centinaia di persone. Quattro giorni in isolamento al carcere di Rocca Costanza a Pesaro. Il processo lo scagiona infine dall’accusa di spaccio ma lo condanna a due anni e otto mesi con la condizionale per detenzione di sostanze stupefacenti. Quando ottenne la libertà provvisoria, il 12 aprile 1984, disse: “Va bene, va bene. Sono tutte esperienze della vita. Adesso torno al mio pubblico con entusiasmo e qualcosa in più”.

E invece oggi: “Diciamo che ho fatto tesoro di tutte le esperienze, anche quelle negative. Nell’83 sono finito in galera per droga – ha detto a Il Venerdì – non dovrei dirlo ma ero anche contento, mi è servito per scendere dal pero. Mi hanno arrestato il Venerdì Santo e il giudice doveva pure fare le sue vacanze di Pasqua, poveretto, e dunque è venuto a interrogarmi solo il martedì. Mi sono fatto quattro giorni di isolamento, ho rivisto tutto, ripensato tutto, sesso droga e rock’n’roll. Vivevo come una star, però a Casalecchio di Reno, avevo una specie di capannone, a New York sarebbe stato un loft, a Casalecchio era proprio un capannone. Dopo la galera salivo sul palco lucido. I miei si facevano tutti, io ero l’unico lucido. Mi sono accorto di cantare meglio. Certo, da lucido, proprio perché sei lucido, prima di salire sul palco la paura è tremenda. Ma passa subito, basta un attimo e pensi solo a cantare”.

Non ha mai minimizzato quegli anni: vita troppo spericolata, tutte le droghe tranne l’eroina. Quella che nel maggio del 1999 ha stroncato Massimo Riva, suo chitarrista, leader della Steve Rodgers band che aveva accompagnato per anni Rossi, autore con lui di capolavori come Stupendo e Vivere, suo figlioccio e sodale dai tempi di Punto Radio, la radio libera fondata dal rocker a Zocca. Lo scorso giugno, in occasione della maratona oratoria organizzata dalla Camera Penale ‘Franco Bricola’ con l’Osservatorio del Carcere, ha lanciato il suo messaggio ai detenuti.

“Questa pandemia globale ha messo in ginocchio il mondo ed è stata una tragedia epocale, è stata dura per noi fuori, posso immaginare come sia stata per voi dentro – ha detto nel suo messaggio il rocker di Zocca – Oltre alla condizione dell’essere in carcere che tra l’altro conosco, perché è una condizione che ho provato e quindi capisco la vostra rabbia e tristezza. Io ho cercato di fare tesoro di quell’esperienza, per cercare di diventare più forte per affrontare poi i problemi che ci sono nella vita. Vi consiglio di fare altrettanto, di dare un senso a questa situazione, anche se questa situazione un senso non ce l’ha”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.