Gli Stati Uniti si specchiano nella Cina e la Cina contiene e copia gli Stati Uniti. Non è più come ai tempi dell’Unione sovietica quando americani e russi si guardavano in cagnesco e non si sapeva quasi nulla della vita quotidiana sovietica e poco sulle loro automobili nere. Erano due mondi nemici e blindati e fra i comunisti italiani circolava la battuta: “Il quotidiano l’Unità ha aperto un concorso a premi. Primo premio, una settimana in Unione Sovietica. Secondo premio: DUE settimane in Unione Sovietica”. Quando vivevo a New York e giravo gli States trovavo frotte di studenti cinesi in tutte le università, specialmente al MIT di Boston. Gli studenti cinesi in particolare e asiatici in generale, sono da dieci anni il tormento degli studenti americani. Gli studenti asiatici hanno dietro una famiglia (quelli indiani in particolare) o l’organizzazione statale cinese, che impongono ritmi di studio del tutto sconosciuti ai ragazzi statunitensi.

Specialmente sulla East Coast e in Florida ci sono stati frequenti casi di suicidio da frustrazione. La vita normale di uno studente americano all’Università è largamente dedicata alla socialità e allo sport, mentre gli studenti asiatici, come i vietnamiti, non perdono tempo. Degli indiani ho appena accennato, ma costituiscono una sezione imponente dell’emigrazione asiatica: sono quasi tutti medici figli di medici che sposano medici e spediscono i figli alle università di medicina dove si laureano col massimo dei voti, rastrellando tutte le borse di studio e facendosi pagare subito con le tariffe più alte sul mercato privato. Quando ho chiesto a una studentessa di medicina di famiglia indiana se fosse fidanzata, mi risponderebbe inorridita: “A questo penseranno i miei genitori che mi troveranno il miglior marito quando sarà il momento. Io devo solo studiare e prendere i massimi voti”. Tutti gli studenti asiatici in America puntano ai voti più alti e non osano tornare a casa se prendono meno di una “A+” che sarebbe più o meno il nostro trenta e lode.

E non soltanto cinesi: allora l’America era piena di studenti iraniani e le poche ragazze autorizzate all’espatrio vestivano come le americane. Ma più che altro i cinesi, che non erano dissidenti o di Taiwan, ma proprio cittadini della Repubblica popolare della Cina che studiano in America. In Cina l’inglese è una seconda lingua. Tutti gli studi scientifici delle università cinesi sono pubblicati sia in cinese che in inglese. Gli scienziati americani sono tradotti in cinese. La Cina è piena di città americane con curiosi nomi da Far West e urbanistica con toponomastica inglese. Sono abitate da milioni di cinesi che o sono nati in America e poi hanno scelto la Cina, o da che hanno studiato in Usa e sono tornati a casa. La Cina possiede buona parte del debito americano e il Tesoro Federale è un pagatore puntuale. Ma fra le due superpotenze – la Cina surclassa la Russia di Putin in un rapporto di venti a uno – c’è un diffidente amore, non proprio odio, ma interessi esistenziali alternativi. La Cina senza il mercato americano è alla fame, gli Stati Uniti senza gli artefatti tecnologici cinesi sono perduti.

La Cina ha realizzato tutta la sua tecnologia sia creandola che copiandola spudoratamente. Ha riprodotto intere fabbriche di brand americani nella telefonia e poi ha fatto telefoni migliori di quelli americani (che gli americani non usano) e sta per invadere il mondo con auto elettriche che potrebbero vendere a mille dollari l’una. Biden ha risposto a questo rischio di invasione con l’innalzamento dei dazi che hanno di fatto bloccato il mercato cinese in America. Ma Xi Jinping è un giocatore previdente, crudele ed aggressivo. E quindi ha dato ordine di scatenare una campagna di vendite cinesi in Europa per liberarsi dall’invenduto in America. Ma in Europa i sentimenti nei confronti dei cinesi e delle loro merci sono diversi e divisi. E la Cina conta sulla disunità europea: finché l’Europa compra ciò che l’America ha messo sotto dazio, la vita continua.

Ma adesso la competizione fra le due e le superpotenze ha raggiunto nuove vette che nemmeno si avvicinano a quelle che dividevano gli Stati Uniti dall’Unione sovietica durante la Guerra Fredda. La rivalità fra le due potenze investe simultaneamente tutti i campi: quello diplomatico, quello militare specialmente nelle forze armate, di mare e dell’aria, in alcuni aspetti ideologici, ma più che altro – nota Foreign Affairs – nelle dimensioni della tecnologia e dell’economia. La Cina produce giocattoli, gadgets, armi terrificanti e fantasiose come un robot a forma di cane dotato di fucili di precisione che può rincorrere una preda per tutta la vita finché non la uccide. Pechino ha deciso di dispiegare un arsenale atomico modernissimo e di impego veloce e preciso, ma gli americani considerano questi schieramenti come una promozione sociale. La Cina non tollera di essere seconda a nessuno e la Cina ufficiale non ha mai apprezzato, e forse neanche capito, l’umorismo e la leggerezza dell’essere. Sarà per questo che nelle cantine di New York, Los Angeles e Chicago furoreggiano stand-up di ogni sesso e genere che raccontano con una comicità brutale raffinatissima l’America e la Cina che è Amica dell’India, ma è anche pronta a mangiarsela.

L’appena rieletto presidente indiano Modi questo lo sa e nel mentre si schiera saltuariamente con gli antioccidentali dei Brics (Brasile Russia India Cina e Sud Africa, aperta all’Iran, Venezuela e altri Paesi latinoamericani). Da quando Putin ha aggredito l’Ucraina, i cinesi si sono trovati subito ai ferri corti con gli americani. Biden e il Dipartimento di Stato hanno detto apertamente a Xi Jinping, anche nella festosa riunione di San Francisco del febbraio scorso, che la Cina – se voleva mantenere l’accesso al mercato americano – doveva impegnarsi a non fornire armi di qualsiasi sorta alla Russia. La Cina ha aggirato la limitazione americana sia comperando a basso costo enormi quantità di petrolio russo pagato con buona cianfrusaglia elettronica, automobilistica e microchip, sia fornendo alla Russia un nuovo genere di macchinari che funzionano generando altre macchine con l’intelligenza artificiale. La macchina cinese offerta ai russi in sé è innocua. Ma ha due tasti, uno per farle produrre una lavastoviglie e l’altra per produrre un carro armato o parti di un jet.

Alleata di Putin, la Cina cerca di tenere i piedi in due staffe, una delle quali è americana. L’altra è variabile, perché dipende da come evolvono la guerra e la bilancia commerciale. Così vanno le cose. I cinesi in linea di principio condividono con gli americani la (flebile) condanna dell’invasione russa dell’Ucraina. È un punto rovente di contatto fra Cina e Usa perché il Partito comunista cinese considera l’isola di Taiwan una proprietà irrinunciabile, anche se da oltre un secolo non fa parte della Cina per una questione di prestigio e per una questione di “contagio con la democrazia” di Taipei, ma la rivogliono indietro esattamente come Zelensky rivuole indietro l’Ucraina catturata dai russi con l’uso della forza. Taiwan ha un pregio che lega e collega Usa e Cina: è l’isola delle terre rare, i minerali che servono per i semiconduttori e per tutta l’elettronica sia di pace che di guerra. Il governo di Taipei ha messo in salvo quantità di questo materiale molto più prezioso dell’oro negli Stati Uniti dove possiede grandi imprese di elettronica. E proprio per questo Pechino vuole l’isola che soltanto formalmente è cinese, mentre in realtà funziona come Paese democratico indipendente.

Quella situazione fu creata dal Presidente Americano Richard Nixon, quando fiutò la possibilità che la Cina di Mao Zedong si alleasse con gli Usa contro l’Unione Sovietica. Fu una operazione temeraria e veloce sotto le sembianze di un torneo di ping-pong, condotta dal Segretario di Stato Henry Kissinger, morto ormai centenario da poco tempo. Mao chiese in cambio dell’alleanza che Washington riconoscesse Pechino e non Taiwan alle Nazioni Unite, e fu fatto. Ma l’isola continuamente assediata e minacciata è tuttora libera. Su quel braccio di mare in cui sta Taiwan, si giocherà un finale di partita sempre rinviato e sempre temuto. La Cina ama più gli Stati Uniti che la Russia, ma è ben felice di aver fatto della Russia una provincia che fornisce petrolio pagato con milioni oggetti tecnologici sconosciuti ai russi. La Cina è oggi avanzatissima nelle biotecnologie inizialmente copiate e trafugate da Stati Uniti ed Europa, ma i suoi laboratori – lo abbiamo visto col Covid – sono frenetici e cercano di attrarre personale americano e europeo.

La spesa militare cinese è enorme, ma per motivi di prestigio più che di effettivo uso militare: la Cina, secondo gli americani, è totalmente priva di esperienza per una guerra moderna e ha l’obiettivo di battere gli americani in tutti i campi. Lo spionaggio cinese in America (ma anche in Europa) è un collettore di informazioni che possono essere elaborate con velocità computeristica quantistica. Da due anni Xi Jinping impone un equilibrio alla pari tra le forze armate cinesi e americane. Ha messo in acqua una Marina militare equivalente a una flotta. I militari cinesi hanno accettato di condividere una lingua tecnica con cui parlare con gli americani. Il commercio cinese parla agli americani. Non è un caso che negli Stati Uniti esistano tante Cine quante sono le Chinatown. L’America ha abbandonato da tempo l’Europa delle Old Countries, le vecchie patrie dei nostri immigrati, e si dedica all’Oriente cinese con cui esiste di fatto un rapporto di fusione, ora fredda e ora calda.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.