La Casa Bianca è stata decorata con rami di ciliegio in fiore per accogliere il primo ministro giapponese Fumio Kishida e il Presidente filippino Ferdinand Marcos Jr arrivati a Washington su improvviso invito del Presidente Joe Biden per stringere un patto militare al quale partecipa anche l’Australia (che ieri non era presente) con cui minacciare la Cina. Stati Uniti, Giappone, Filippine e Australia sono pronti ad usare la forza se la Cina continuerà a minacciare il traffico mercantile e dei pescherecci che attraversano il Mare del Sud della Cina. Specialmente quelle filippine, prese di mira dalle motovedette cinesi che si fanno sempre più aggressive seguendo il progetto dichiarato dal Partito comunista cinese, di impossessarsi delle acque internazionali e imporre le sue condizioni all’intero traffico mercantile mondiale che usa quella rotta.

Il summit

Il summit è stato indetto allo scopo dichiarato di diffidare Pechino e rappresenta una escalation nella frizione tra Stati Uniti e Cina sull’indipendenza dell’isola di Taiwan. Le marine militari dei tre Paesi che riuniti nel summit – Stati Uniti, Filippine e Giappone – stanno già compiendo esercitazioni congiunte che hanno come tema l’uso della forza militare per costringere la Cina a uno showdown e mostrare se ha realmente intenzione di sfidare la coalizione appena formata. Il summit era stato annunciato martedì da Jake Sullivan, “adviser” presidenziale per la Sicurezza, il quale aveva usato parole diplomatiche ma non troppo: “Gli Stati Uniti, il Giappone e le Filippine sono tre democrazie marittime perfettamente concordi nel volere lo stesso obiettivo che è quello di proteggere gli stessi comuni interessi. La settimana scorsa i nostri tre Paesi e l’Australia hanno svolto manovre navali congiunte nel Mare del Sud della Cina”.

La crisi economica

Il leader cinese Xi Jinping sta perseguendo una politica molto aggressiva su vari fronti: ha appena sfidato il governo legittimo di Taiwan accogliendo e festeggiando a Pechino l’ex presidente dell’isola, il quale fino al 2016 aveva seguito una politica di riavvicinamento fra Cina e l’isola separata. Questa iniziativa aveva provocato fra i taiwanesi fortissime proteste. Xi Jinping ha letteralmente perseguitato i taiwanesi con sorvoli continui a bassa quota dei suoi jet militari violando i limiti convenzionali delle acque territoriali. Ha fatto costruire un centinaio di basi militari e campi d’aviazione su atolli artificiali nel mare del Sudi della Cina, mentre in casa si trova di fronte a una grave crisi economica perché la crescita del Pil, che viaggiava sul 7,7% annuo, si è ridotta della metà.

Biden alla fine del 2023 invitò Xi Jinping a San Francisco per un summit pacificatore nel corso del quale il leader cinese si rivolse alle più grandi aziende informatiche americane chiedendo di tornare ad investire in Cina. Ma la luna di miele durò poco: il leader cinese prese posizioni nettamente filorusse sulla guerra in Ucraina, presentando un suo piano di pace che di fatto assegna la vittoria a Mosca e chiede all’Ucraina di arrendersi. La Cina, tuttavia, non ha mai fornito armi a Mosca ma ha intensificato i suoi rapporti commerciali con l’Europa dove spedisce i suoi manufatti usando le ferrovie russe che hanno visto incrementare i loro profitti del quaranta per cento.

La mossa di Biden

E poi c’è la grande piaga aperta rappresentata dal Mare del Sud della Cina che, malgrado il nome, non appartiene affatto alla Cina, come è stato scritto con sentenza dalla Corte Suprema dell’Aia, che è espressione delle Nazioni unite. La Cina da almeno dieci anni sta rivendicando e occupando in modo progressivo quel mare, le sue coste e gli atolli costruendo postazioni militari nelle acque internazionali. Questa situazione è un prolungamento della perenne questione di Taiwan perché il controllo del Mar della Cina serve permette controllare lo stretto di Taiwan e la rotta commerciale più navigata del mondo che congiunge l’Australia e la Nuova Zelanda con il Giappone l’Indonesia, il Vietnam, Singapore e il pacifico. Negli ultimi mesi a fare le spese dell’espansionismo cinese sono state le navi indonesiane, sia pescherecci che mercantili, perché l’Indonesia è il Paese più indifeso con una economia che vive di comunicazioni marittime. Da tre mesi le sue navi vengono bloccate durante la navigazione in acque internazionali da motovedette cinesi con cannoni ad acqua e a raggi laser che colpiscono gli equipaggi. Il Giappone è da anni vittima delle incursioni cinesi e il governo di Tokyo ha più volte avvertito la Cina che non avrebbe tollerato un’azione di forza sull’isola da parte di Pechino. La mossa di Biden che ha messo in acqua una coalizione armata contro i cinesi rappresenta una svolta e una sfida già in atto perché le manovre di questa alleanza navale sono in corso e le flotte già pattugliano le acque illegalmente controllate dalla Cina.

Avatar photo

Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.