Domenica 29 dicembre 2013, alle 11.07 finisce la storia del mito della Formula 1 Schumacher, 7 volte campione del mondo, e inizia quella di Michael, allora 44enne, accudito al capezzale dalla moglie Corinna Betsch, sempre al suo fianco. Michael Schumacher scivola su di un falsopiano mentre era in compagnia del figlio quattordicenne Mick, ora prima guida della scuderia Haas, e del fidanzato della figlia Gina Maria, lungo la pista del Faurire fino al tracciato della Chamois sul Méribel-Mottaret, Alpi Francesi.

Procede a “una velocità appropriata per uno sciatore esperto”, dichiararono i periti durante l’inchiesta. Michael sta tranquillamente indirizzando i suoi sci verso un tratto di pista non battuta e non recintata, larga 36 metri, che separa la Chamois, una pista rossa di media difficoltà, e La Biche, una blu, più facile, dove già si è immesso il figlio.

La telecamera attaccata al suo casco è in funzione e filma due minuti più importanti dei suoi titoli mondiali che cambieranno la sua vita e sconvolgeranno il mondo sportivo. Dalla registrazione si ascolta il fruscio della sciata esperta di Michael, riprende qualche leggera curva, la neve apparentemente soffice e fresca davanti a lui, poi l’impatto contro un ostacolo invisibile, una pietra nascosta dal velo bianco. Il volo in avanti e la caduta dieci metri più in là, il casco che sbatte contro un’altra roccia. La telecamera regge l’urto ma il casco si spezza. “Michael era ancora cosciente” diranno i primi soccorritori intervenuti in meno di dieci minuti.

A Grenoble dove c’è il Centro Universitario Ospedaliero, Michael arriva con l’eliambulanza lo stesso giorno alle 12.40, già privo di sensi. Il team di medici della terapia intensiva è in allerta, la sala operatoria è pronta. Dopo la Tac e i raggi X i neurochirurghi cominciano l’operazione. Il primo comunicato pomeridiano che parla di generiche contusioni, ma con il passare delle ore il bollettino medico serale firmato dai professori Stéphan Chabardes e Jean-François Payen, e dal vicedirettore generale Marc Penaud, allarma tutto il mondo: “Il trauma cranico grave con coma all’arrivo ha richiesto un immediato intervento chirurgico. Resta in una situazione critica”.

Iniziano ad arrivare tutti. Da Ginevra corre in auto la manager e portavoce del campione tedesco, Sabine Kehm, gli occhi rossi di pianto, da Parigi, il chirurgo e traumatologo francese Gérard Saillant, che lo operò nel 1999, quando Schumi si era rotto tibia e perone dopo uno spaventoso ‘lungo’ finito in barriera a Silverstone, arriverà dalla Thailandia Jean Todt, appena riconfermato presidente della Fia. E naturalmente la famiglia: il fratello Ralf, il papà Rolf, i figli.

L’operazione durata oltre tre ore per ridurre la pressione intracranica degli ematomi non dà i risultati sperati. Nessun luminare è in grado di dire se e quando si risveglierà, tantomeno se tornerà l’uomo di prima. L’unica certezza è la presenza al suo fianco della moglie Corinna Betsch, in totale discrezione e inamovibile silenzio. A cui si alterneranno i pochi amici ammessi al capezzale. I tifosi che Michael ha in tutto il monto invece cominciano ad affollare il parcheggio dell’ospedale sventolando le bandiere della Ferrari sotto le finestre del reparto di terapia intensiva. Tra le poche informazioni, trapela quella di una telefonata di sostegno di Angela Merkel.

La breve inchiesta giudiziaria, durata appena un mese e mezzo e guidata dal procuratore di Albertville, Patrick Quincy, si chiude con il proscioglimento dei gestori degli impianti e dei dirigenti del comprensorio: “L’incidente è avvenuto nella zona fuori pista. La segnaletica, le indicazioni, la distribuzione dei paletti e le informazioni relative ai limiti del tratto sciabile sono in linea con le norme in uso in Francia”. Ma il mistero che circonda la prognosi di Michael Schumacher, dopo il secondo intervento alla testa a 36 ore dal primo, alimenta le chiacchiere. “Illazioni”, solo questo per Sabine Kehm. La moglie Corinna invece con una frase sul sito ufficiale di Michael risponde alla lettera di un bambino irlandese: “Sappiamo che è un combattente e che non si arrenderà”, mentre molti suoi sponsor cominciarno a tirarsi indietro man mano che le speranze di un miracolo si affievoliscono.

L’estate successiva la notizia del furto delle sue cartelle cliniche, in concomitanza al suo trasferimento alla clinica Vaudois di Losanna, vicino a Gland e a villa Schumacher per cominciare a intraprendere la rieducazione neurologica fa scalpore. Alcuni documenti di dubbia provenienza vengono proposti in vendita ad alcune testate giornalistiche per 50 mila euro. Si apre la caccia all’uomo arrivando all’indirizzo Ip, le coordinate del computer dal quale sono partite le email. Appartiene a un ufficio della Rega, la società di elisoccorso svizzera incaricata del trasporto del campione e della sua documentazione medica. Un uomo di 54 anni viene arrestato all’inizio del mese di agosto e, poche ore più tardi, si impicca nella cella del carcere di Zurigo dove è rinchiuso. Non si saprà mai se fosse davvero lui il responsabile delle email.

Nel settembre del 2014 Michael torna nella sua casa di Gland, sul lago di Ginevra, attrezzata con enormi spese dalla moglie Corinna come una clinica all’avanguardia: “Considerata la gravità delle sue lesioni, nel corso delle settimane e dei mesi passati, Michael ha fatto progressi – confermò la portavoce Sabine Kehm — ma davanti a lui c’è ancora un lungo e duro cammino”. I progressi e l’obiettivo del recupero non vennero mai precisati. Con il figlio Mick che sta entrando nel mondo delle corse sulle orme del padre, distoglie un po’ l’attenzione dalla villa svizzera.

Alcuni degli uomini che lo hanno accompagnato nelle sue vittorie in Formula 1, alternano commenti telegrafici: “Segnali incoraggianti” dice Ross Brawn, ex direttore tecnico della Scuderia del Cavallino, “Sta continuando a lottare”, concede Jean Todt, al suo fianco dal 1996 al 2006 per 11 stagioni. Per i 50 anni dell’ex ferrarista la famiglia cerca di mostrarsi loquace: “Siamo felici di poter festeggiare il 50esimo compleanno di Michael con voi – scrivono ai fan Corinna, Gina Maria e Mick – e vi diciamo grazie dal profondo dei nostri cuori di poterlo fare assieme. Michael può essere orgoglioso di ciò che ha raggiunto, e anche noi. Ecco perché ricordiamo i suoi successi con la mostra ‘Michael Schumacher’ a Colonia”. E colgono l’occasione per il lancio di una App che fa rivivere la sua carriera: “Vogliamo celebrare le sue vittorie, i suoi record e il suo entusiasmo. Potete stare certi che è nelle mani migliori e che stiamo facendo tutto quanto umanamente possibile per aiutarlo”. L’arcivescovo tedesco Georg Gänswein ha voluto dare un indizio a tutti coloro che si chiedono come sia ora Michael: “È come lo ricordiamo, soltanto un po’ più pieno”.

La moglie Corinna negli anni ha intrapreso iniziative benefiche e culturali in nome del marito, con l’hashtag #KeepFightingMichael a sostegno della ricerca sulle malattie neurologiche. I suoi spostamenti dalla Svizzera alla Germania, da Maiorca a Parigi, per nuove cure con cellule staminali continuano ad essere molto discreti “perché così vorrebbe lui”, insiste Corinna. Ora forse, con le rivelazioni contenute nel documentario Netflix il muro di discrezione aprirà uno spiraglio e riavvicinerà anche poco i tifosi al proprio amato idolo.

Redazione

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