Politici contro magistrati
Condanna Le Pen: i giudici hanno applicato leggi nate sotto la stella demagogica. L’eterno scontro tra politica e giustizia

Il 31 marzo scorso Marine Le Pen è stata condannata nel processo per la distrazione fraudolenta dei fondi europei che secondo l’accusa sarebbero stati utilizzati per finanziare il proprio partito, il Rassemblement National. Non solo. I giudici che hanno emesso la sentenza di condanna ne hanno anche sancito l’ineleggibilità con effetto immediato, ponendola fuori gioco per le elezioni presidenziali del 2027. La sentenza non poteva non suscitare polemiche incandescenti che convergono nel sospetto di un uso strumentale e ad orologeria della macchina giudiziaria.
I precedenti
I precedenti non mancano, almeno dall’affare Fillon, nel 2017, quando erano state utilizzate procedure inconsuete fino al caso Sarkozy, nei confronti del quale i giudici avevano espresso opinioni caustiche sulla personalità del convenuto. Che la tensione tra politica e giustizia in Francia sia alle stelle lo si rileva anche dalla pronuncia 1129/2025 del Consiglio Costituzionale, il quale, tre giorni prima della condanna della Le Pen, aveva “raccomandato” ai giudici di bilanciare con attenzione la gravità dei fatti contestati con la libertà politica degli elettori; maniera sibillina per esprimere il proprio orientamento su questioni di tal genere, specificando che chi ricopre incarichi parlamentari e governativi non è propriamente assimilabile ad un consigliere municipale, lasciando intendere che il principio di uguaglianza innanzi alla legge dovesse essere sfumato, per non permettere un’ingerenza troppo pronunciata della giurisdizione sugli attori che gestiscono il funzionamento della macchina democratica.
Leggi nate sotto la stella demagogica
A maggior ragione quando si statuisce la pena accessoria dell’ineleggibilità immediata dopo una sentenza di primo grado. Fermo restando il trattamento diverso nel caso di Bayrou, per il quale in un caso simile non era stata chiesta l’ineleggibilità, i giudici hanno applicato delle leggi nate sotto la stella demagogica, approvate da tutte le forze politiche, Le Pen in testa, senza forse considerare attentamente alcune conseguenze. In primo luogo quella della effettività del ricorso in appello, il quale, senza l’effetto sospensivo delle misure accessorie, rischia di essere un ricorso monco che, in caso di tempi processuali lunghi, non sarebbe in grado di impedire ad una pronuncia di primo grado effetti definitivi e irreversibili, come l’impedimento di un candidato a concorrere alle elezioni per una carica governativa, alterando di fatto il gioco politico nazionale.
Recidiva e turbamento di ordine pubblico
La disposizione è a tal punto opinabile che finanche il Primo Ministro ha invitato il Parlamento a fare serie riflessioni in merito. Anche perché i giudici che l’hanno applicata hanno riconosciuto seraficamente che, all’epoca dei fatti contestati, l’obbligatorietà della pena accessoria dell’ineleggibilità non esisteva ed è dipesa da un uso implicitamente retroattivo di una norma posteriore sfavorevole all’imputato. Inoltre, l’applicazione immediata senza possibilità di sospensiva pare fondarsi su due valutazioni abbastanza contestabili: la possibilità di recidiva e il pericolo di turbamento dell’ordine pubblico. Quanto al primo punto – assai difficile da verificarsi dato che secondo la stessa Corte i comportamenti delittuosi si sarebbero arrestati nel 2016 – i giudici ancorano il proprio argomento sul fatto che Le Pen non abbia riconosciuto le proprie colpe, valutando sfavorevolmente la strategia difensiva, anche se il sistema penale francese non obbliga l’accusato ad auto-incriminarsi. La questione dell’ordine pubblico è stata trattata in maniera ancora più controversa: secondo i giudici questo potrebbe essere turbato se Le Pen fosse condannata definitivamente in appello durante la carica presidenziale o parlamentare; il ragionamento si può ribaltare facilmente domandandosi: non sarebbe ancora più rischioso lasciare milioni di elettori – in caso di assoluzione – senza uno sbocco politico-elettorale interno ai gangli del sistema democratico?
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