Il Covid ha costretto molti ammalati alla terapia intensiva. Uscire da quell’inferno non è scontato. Uno studio coordinato da Marco Ranieri, direttore della terapia intensiva del policlinico Sant’Orsola di Bologna ha portato a una scoperta molto importante per la lotta al virus: attraverso due esami, una diagnosi precoce e cure appropriate ci può essere “un calo della mortalità fino al 50%”. Fondamentalmente è necessario trovare in tempo i pazienti a cui il virus ha portato un doppio danno ai polmoni, cioè se ha danneggiato sia gli alveoli sia i capillari. Il 60% degli ammalati ricoverati in queste condizioni infatti muore.

Lo studio è stato condotto su 301 pazienti di vari ospedali italiani in collaborazione con Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità e membro del Cts e atenei italiani (Alma Mater di Bologna, Unimore, Università di Milano, Università di Milano-Bicocca, Università di Torino, Università Humanitas, l’Università Cattolica del Sacro Cuore) ed esteri (Université Libre de Bruxelles, University of Ireland Galway e University of Toronto). I risultati sono stati pubblicati sulla rivista The Lancet – Respiratory Medicine. Individuare pazienti con il doppio danno è facile grazie alla misurazione di due parametri che indicano il funzionamento dei polmoni. Infatti il virus può danneggiare sia alveoli sia capillari, ma quando danneggia solo una delle due parti, la mortalità è del 20%, quando colpisce entrambe arriva al 60%.

“Questi risultati – spiegano dal Sant’Orsola – hanno importanti implicazioni sia per le cure attualmente disponibili che per i futuri studi su nuovi interventi terapeutici. Oggi il riconoscimento rapido del fenotipo col “doppio danno” consentirà una precisione diagnostica molto più elevata e un utilizzo delle terapie ancora più efficace, riservando a questi malati le misure terapeutiche più aggressive”, e curando invece con la ventilazione non invasiva col casco e il ricovero in terapia sub-intensiva i pazienti con “danno singolo”. “Nel futuro questi risultati consentiranno di identificare rapidamente i pazienti in cui testare trattamenti sperimentali con anti-coagulanti per prevenire il danno ai capillari polmonari”.

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