L’incidente del Vermicino, nel quale perse la vita Alfredo Rampi, è stato uno degli eventi più rilevanti e sconvolgenti della storia della Repubblica italiana. La caduta del bambino di sei anni in un pozzo artesiano in via Sant’Irineo, località Selvotta, piccola frazione di campagna vicino a Frascati, fu un fatto storico per la copertura mediatica, l’attenzione morbosa sulla tragedia vissuta in diretta, con la Rai sempre collegata durante le ultime 18 ore del caso. Furono tre notti di un’esperienza psicologica e sociale collettiva sconvolgenti, terribili, per molti l’inizio della televisione del dolore. Se n’è tornato a parlare e a dibattere in Italia e per via di una serie tv Sky Original – Alfredino – Una storia italiana – diretta da Marco Pontecorvo, e in prima Tv il 21 e il 28 giugno su Sky Cinema e in streaming su NOW TV.

Un mese prima l’attentato a Giovanni Paolo II. Lo stesso anno il ritrovamento degli elenchi della Loggia massonica P2. Dal 28 giugno il primo governo non a guida della Democrazia Cristiana con il repubblicano Giovanni Spadolini Presidente. Alfredino era magro, aveva sei anni, soffriva della Tetralogia di Fallot che causa una difficoltà di ossigenazione del sangue. Detta anche la “Sindrome del bambino blu”. Era il 10 giugno 1981.

La famiglia – il padre Ferdinando, la madre Francesca Bizzarri, la nonna paterna Veja e i figli Alfredo e Riccardo, di sei e due anni – era in vacanza nella loro seconda casa a Vermicino. Alfredo chiese al padre di poter tornare a casa da solo, attraverso i prati ma quando Ferdinando tornò a casa il bambino ancora non era arrivato. La prima a ipotizzare la caduta in un pozzo fu la nonna del bambino. Quel pozzo era stato recentemente scavato.

Un pozzo artesiano viene perforato per captare una falda acquifera sotterranea che scorre in pressione e per effetto della pressione idrostatica tende a salire fino a uscire. Sfrutta i naturali bacini artesiani, acquiferi in pressione, e permette di fare a meno dei sistemi di pompaggio. Il nome deriva dalla Regione nel Nord della Francia di Artois, dove le argille consentono la formazione di acquiferi multistrato confinati. Il primo sarebbe stato praticato nel 1126 da un gruppo di monaci. Il pozzo della vicenda – secondo la ricostruzione – era stato coperto, con una lamiera, perché il proprietario del terreno non si era accorto fosse caduto dentro il bambino. Il brigadiere Giorgio Serranti volle controllare. Il proprietario del terreno, Amedeo Pisegna, 44 anni, insegnante di applicazioni tecniche a Fascati, fu arrestato con l’accusa di omicidio colposo e con l’aggravante della violazione delle norme di prevenzione degli infortuni.

Su quello spiazzo si accalcano telecamere, giornali e giornalisti, televisioni. Le operazioni incontrano numerosi ostacoli. Una tavoletta alla quale Alfredo avrebbe dovuto aggrapparsi si incastra. Gli speleologi si calano a testa in giù. Con una trivella si scava un tunnel parallelo. Le dirette televisive proseguono senza sosta. Arriva anche il Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Angelo Licheri riesco solo a sfiorare Alfredino a circa sessanta metri. Il cadavere fu recuperato 28 giorni dopo da tre squadre di minatori della miniera di Gavorrano l’11 luglio seguente, 28 giorni dopo la morte del bambino. “Si può andare sulla Luna, ma non si può salvare un bambino caduto in un pozzo. Si possono annientare milioni di vite umane in un attimo; non si riesce a salvarne una sola in trentasei ore … Lo spavento che provava Pascal di fronte al silenzio degli spazi infiniti noi lo sentivamo ora davanti a un pozzo da cui la voce di un bambino invocava la salvezza. Il pozzo era il nostro infinito”, scrisse lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.