Letture
Tel Aviv è circondata come non mai
Dal Sette Ottobre, il giorno delle vittime dei lupi, la solitudine di Israele è cresciuta: terrorismo protetto e distruzione di Gaza
«I lupi sono entrati in città; li percepiamo, li sentiamo; sono in giardino, in salotto, nella stanza dei bambini; proprio in questo momento, entro mi spingo contro la porta, stanno tentando di forzare la serratura…». È una delle telefonate di un testimone “in diretta” – difficile che sia vivo – dell’arrivo dei “lupi” in una giornata qualunque della vita, era il 7 ottobre 2023, un giorno entrato nella Storia con le maiuscole, il Sette Ottobre, data che identifica l’Orrore Contemporaneo e che inevitabilmente si associa alla parola più scandalosa del Novecento, Shoah, la caccia all’ebreo in quanto ebreo condotta in modo “scientifico”.
A lungo preparato, a lungo sognato dalla Bestia innaffiata dai dollari del Qatar, il Sette Ottobre, il Sabato Nero, è il giorno delle vittime dei “lupi”. Non è stato dimenticato. Ma è stato oscurato, come il sole quando arrivano le nuvole, da quello che è successo dopo. I “lupi” hanno sgozzato non solo le vittime reali ma un intero popolo, il popolo ebraico che ancora una volta si è ritrovato solo: è il suo destino tracciato millenni fa. Bernard-Henri Lévy ha dedicato e dedica la sua esistenza alle battaglie per la libertà dei popoli, contro le sopraffazioni, per i diritti. È forse l’intellettuale che nel mondo più di tutti va spiegando e rispiegando le ragioni di Israele, quel piccolo lembo di terra arroventato dall’odio degli altri, anzi, più o meno di tutti. È passato un anno e “La solitudine di Israele” – questo il titolo del libro di Lévy (La Nave di Teseo, traduzione di Raffaella Patriarca, pagg 170) – cresce. Per varie ragioni. Innanzitutto perché il terrorismo islamico è in forme e misure diverse protetto da un asse che va dalla Russia all’Iran, dalla Turchia alla Cina con “simpatie” nella destra mondiale: Donald Trump, che nella sua ignoranza è un antisemita, rispose una volta di non aver trovato nessuno migliore di «quegli ometti con la kippah per contare i miei soldi». Lo scrittore francese poi ha ben presente l’antisemitismo del suo paese, da Marine Le Pen a, più mascherato, Jean-Luc Mélenchon.
E certamente anche moltissimo a causa della tremenda reazione israeliana, con la distruzione di Gaza e la mancanza di iniziativa politica di Bibi Netanyahu, un uomo senza scrupoli che sta portando il suo paese in un cunicolo politico che metaforicamente rassomiglia a quelli in cui si nascondono i terroristi. Ma quella di Israele è una “solitudine” metafisica, che va cioè oltre la storia, oltre la politica. Una solitudine che tracima nell’odio, nell’odio bestiale. «E poi altri sopravvissuti, quelli del rave party o quelli di Be’eri evacuati a Tel Aviv che mi raccontano dei barbari spuntati dal nulla: la loro ferocia muta e senza fiato: le corse all’impazzata; le mitragliate; le moto lanciate a tutta velocità e sulle quali arrivavano in due, talvolta in tre, le gambe del terzo che scalciavano nel vuoto; i volti grigi nei quali si distinguevano solo all’ultimo momento gli occhi luccicanti di odio…». Ecco i “lupi” che fanno quelli che fanno, a donne, vecchi, bambini, «gli ebrei massacrati in quanto ebrei»: tutto questo, così, «non era mai successo», scrive Henri-Lévy. È come se il Male avesse strisciato dai «binari vuoti di Auschwitz» fino alla piana di quel rave party nel quale la gioia di qualche ora si è repentinamente mutata in una tragedia eterna.
E allora annota: «Non c’è posto al mondo in cui gli ebrei siano al sicuro, è questo il messaggio. Ci troviamo tutti catapultati in una situazione che è stata dei nostri antenati e alla quale pensavamo di essere sfuggiti». Questa è la verità di Bernard-Henri Lévy: l’ebreo non è mai stato al sicuro e oggi lo è anche meno di ieri. La Storia va indietro. Per un illuminista come lui è ancora più inaccettabile. «Si tratta di Israele e l’82 per cento del pianeta esige da lei la moderazione che non hanno mai chiesto a nessun altro Stato aggredito e minacciato di essere distrutto. Si tratta di Israele e partiamo dal presupposto, impensabile altrove, che non abbia il diritto di difendersi o che debba accontentarsi di un Hamas indebolito ai suoi confini». Certo, ci si chiede (non BHL) fino a quando durerà il massacro di Gaza, e per fare che cosa.
Di questo il libro non parla. E comunque questo libro va letto perché al netto delle incrollabili passioni dell’autore, qui espresse con rigoroso discorrere, riepiloga un po’ tutta la vicenda fino a questi giorni. Dopo il Sette Ottobre è poi partita – argomenta BHL – una gigantesca opera di disinformazione-rimozione-mistificazione. Fino a risalire, come al solito, alla legittimità dello Stato di Israele. O rispolverando la Teoria della colonizzazione dei Territori. Nessuna colonizzazione, ricorda Lévy, quelle terre furono comprate. Quale illegittimità? E poi, gigantesca, la questione del ritorno in grande stile, lo abbiamo detto, dell’antisemitismo. È il più pazzesco circolo vizioso della storia umana: «L’odio che insegue gli ebrei e che li ha quasi inghiottiti è stata una ragione necessaria e sufficiente per la nascita o rinascita di Israele». Da cui rinasce puntuale il fiume dell’antisemitismo. E così via.
Bernard-Henri Lévy non media: il cessate il fuoco e persino l’ipotesi di uno Stato palestinese, ora, nel momento presente, costituirebbero due vittorie di Hamas. Si può ovviamente discutere questa posizione che tra le altre cose preclude l’intervento della politica in qualsiasi forma (ed è peraltro contraddetto dalle proposte per una tregua avanzate dallo stesso governo di Israele): e però una certa stringente logica interna quella posizione ce l’ha. Israele si sta difendendo. È una linea cavalcata dagli ortodossi, dai partiti di estrema destra. Ma è quella di molti cittadini israeliani. Il Sabato Nero ha radicalizzato questi orientamenti e verosimilmente questo è uno degli obiettivi che i terroristi si proponevano di raggiungere (in una situazione completamente diversa, accadde lo stesso con il terrorismo italiano che cercava appunto un indurimento della reazione dello Stato). Anche questa radicalizzazione contribuisce a far odiare Israele nel mondo. E dunque?
“Due popoli due Stati”, certo, ma non adesso, non con un negoziato con Hamas, cioè con chi ha sguinzagliato i “lupi” alla ricerca di colli ebrei da sgozzare, di seni di ragazze ebree da recidere, di bambini ebrei da bruciare. «Il grande compito di un ebreo non è, come Edipo a Colono, verificare che gli dèi sono crudeli e che forze inconciliabili governano il mondo alle sue spalle… – il suo compito è sopravvivere»: nella solitudine. Politica, innanzi tutto: l’Onu, Guterres, l’Unrwa? Ma per favore. Israele è circondata come mai nella sua storia. Dal giorno dei “lupi” non sa come uscirne. Ed è anche per questo che è sempre più sola.
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