Non ci poteva essere un passaggio di consegne più “dolce” e rassicurante tra Mario Draghi e Giorgia Meloni: lasciare in eredità la soluzione politica e il pacchetto di norme per calmierare, finalmente, dopo otto mesi di battaglie, il prezzo del gas. L’ultimo atto di Draghi premier è stato un altro “whatever it takes”: prima ha minacciato di far saltare il tavolo del Consiglio europeo sul capitolo energia, poi ha spiegato per l’ennesima volta perché non potevano più esserci più rinvii e quale fosse l’unica strada da seguire.

Lo ha fatto nell’ultima notte del suo ultimo Consiglio europeo. Non perché temesse un fallimento personale (e lo sarebbe stato) ma perché temeva il fallimento dell’Europa proprio adesso che deve fronteggiare la “minaccia” russa e del “nuovo ordine geopolitico” immaginato da Putin. Alla fine è stato ascoltato. Il cancelliere Scholz, che ha guidato in questi mesi il fronte del no con Olanda, Austria e Irlanda, gli ha riconosciuto “la costanza con cui hai portato avanti le tue ragioni, Mario. Hai vinto”. I 27 avranno un prezzo calmierato del gas, avranno anche aiuti (con un nuovo fondo Sure oppure usando altri fondi non spesi) per pagare la differenza tra prezzo concordato e quello di mercato. Dovranno fare acquisti comuni almeno per il 15% del fabbisogno.

È un pacchetto di misure che Draghi può permettersi di consegnare nella mani del nuovo governo. “Io non do consigli al futuro premier” ha detto poi ai giornalisti italiani in quella che è stata la sua ultima conferenza stampa da premier in una sala affollata e anche amareggiata di perdere questo premier. “Preferisco – ha aggiunto – offrire la testimonianza di ciò che ho fatto”. Fatti e non parole, secondo il tradizionale pragmatismo. “Da settimane tutti i ministri stanno curando un dossier non solo con le cose fatte ma, soprattutto, con quelle che devono essere fatte per raggiungere gli obiettivi. Sarà una transizione serena ed informata”. Tra questo il pacchetto di norme per calmierare il prezzo del gas che ieri, solo per l’annuncio dell’accordo raggiunto, ha perso il 10%, siamo a 116 quando in agosto aveva toccato 350 euro per mgw.

“La dimostrazione di quanta speculazione c’è stata su questo fronte” ha sottolineato il premier ricordando di aver sollecitato le stesse misure ottenute nella notte per la prima volte a marzo scorso. “Mi dissero allora che non era previsto, che era impossibile. Avevano ragione noi. È stato duro, faticoso, a volte frustante, devo ringraziare tutto il governo per questo e il personale diplomatico. Avete visto? Ce l’abbiamo fatta”. Sorride Draghi, sorride molto. Sembra disteso. Poi chissà se sia un modo per camuffare le emozioni. Ce ne sono state tante in queste ultime 36 ore. Il rischio di fallire è stato altissimo. E non sarebbe stato sopportabile. Glissa sui momenti più duri della trattativa notturna.

La mette così: “C’è stata una presa di coscienza collettiva che doveva essere cambiato atteggiamento”. Fino alla cena c’erano tante proposte ma “solo in una direzione”: la condivisione degli stoccaggi e degli acquisti. È stato allora che ha picchiato i pugni sul tavolo: “Per molti paesi il problema non è avere il gas, l’Italia ad esempio lo ha. E come noi tanti altri (circa venti paesi erano schierati con l’Italia; contro Germania, Olanda, Irlanda, ndr). Quello che serve adesso senza perdere un minuto in più è la solidarietà rispetto ai prezzi”. Il pacchetto, precisa Draghi rispetto a qualche scetticismo che serpeggia nei resoconti di altre delegazioni, comprende “tutte le proposte fatte dall’Italia”: il corridoio per una fascia di prezzo rispetto alla quale non è possibile far oscillare il gas; il disaccoppiamento tra gas ed elettricità; il fondo comune europeo per mitigare i rincari su famiglie ed imprese.

“È scritto chiaro nelle conclusioni del documento finale, non c’è modo di equivocare, sono attese decisioni operative” insiste. È la decisione politica rincorsa da otto mesi. Adesso i tecnici devono fare la loro parte. Starà al nuovo governo seguire i lavori perché nulla si perda per strada. È convinto, Draghi, che le bollette “saranno molto presto più basse”. Mette tutto questo in quell’agenda sociale che rivendica di fronte a chi, spesso, lo ha accusato di “non fare nulla per i poveri”. Ogni riferimento a Conte e ai 5 Stelle non è casuale. “Siamo il paese che ha diversificato di più riducendo di 2/3 la dipendenza dalla Russia, abbiamo fatto un’ottima accelerazione sulle rinnovabili. Dato 66 miliardi a famiglie ed imprese senza fare debito né cambiare obiettivi di finanza pubblica. Con queste risorse, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, abbiamo dimezzato i rincari sui bilanci famigliari. Per le famiglie più povere, il peso dei rincari è stato ridotto del 90%”.

Lascia a Meloni e al nuovo governo anche “un’Europa più unità rispetto a quella che ho trovato”. Segue raccomandazione: la Ue unita è “fondamentale per la sicurezza e la prosperità degli stati membri. Nessuno può cambiare questo meno che mai l’Italia che deve restare al centro del processo europeo”. L’Italia perde Draghi. I mercati finanziari sentiranno la mancanza di Draghi? La domanda gli arriva in inglese, inaspettata. Ma gli fa piacere. “Non mi piacciono queste cose di nostalgia – premette – sono esagerate”. Giusto.

Sempre meglio guardare al futuro. Il video di saluti confezionato apposta per lui dal presidente Charles Michel, comincia con “whatever it takes” e finisce con “Arrivederci Mario”. Gli Stati Uniti lo vorrebbero alla guida della Nato. L’Europa lo vorrebbe alla guida della Commissione tra circa un anno quando scadrà il mandato di Ursula von der Leyen. Un bel pezzo di Italia lo vorrebbe al Quirinale. Mario Draghi ha saluto con la mano dicendo semplicemente “Arrivederci ragazzi e grazie a tutti”.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.