Siamo nel momento più delicato e terribile in cui mentre si aprono spiragli di trattativa nella guerra in Ucraina, com’è nella logica di tutte le guerre l’escalation si impenna in maniera diabolica perché entrambe le parti vogliono arrivare al tavolo del negoziato da posizioni forti e intransigenti. Ma questa è una guerra particolarmente mostruosa i cui esiti sono e saranno a lungo incerti: chi vincerà? La fine del mondo o le spighe di grano?

Gli eventi: il ministro degli Esteri russo Lavrov apre dicendo che al prossimo G20 il presidente Vladimir Putin sarebbe disposto ad un colloquio diretto con il presidente americano Joe Biden. Joe Biden, come da manuale, risponde: sì, sono disponibile ma non so di che cosa voglia parlare Putin. A Biden farebbe molto comodo incassare un primissimo risultato di apertura dei colloqui prima delle elezioni di Mid Term che lo vedono messo malissimo e Putin fa leva proprio su questa circostanza: potrei aiutarti se tu sei pronto accedere qualcosa. Il filo diretto tra Washington e Mosca e stato riaperto da pochi giorni e funziona anche nei momenti di massima tensione. E’ intanto emerso chiaramente che i due principali partner internazionali della Russia, Cina e India, si sentono gravemente minacciati dalla guerra in Ucraina e fin dal vertice di Samarcanda non hanno fatto altro che chiedere a Putin quanto manca alla fine della sua operazione militare speciale.

In Cina, il presidente Xi Jinping è alla vigilia di un Congresso da cui attende l’incoronazione perpetua e la pax cinese è il suo cavallo di battaglia. Inoltre, la Cina non ha la minima intenzione di partecipare ad alcuna guerra adesso, perché la sua economia richiede il più ampio interscambio possibile con gli Stati Uniti che esercitano la massima pressione su Pechino affinché aiuti Putin a capire che la sua guerra non può concludersi con una vittoria ma soltanto con un processo delicatissimo di riequilibrio. Ma nel frattempo Zelensky da Kiev ripete che il suo paese si sta già preparando a combattere persino dopo aver subito un attacco atomico.

A far crescere l’angoscia è il termometro del terrore contribuiscono le notizie provenienti dalla Polonia dove il governo ha preparato una massiccia distribuzione d compresse di iodio destinate agli adulti fino a 60 anni nel caso di alta radioattività sia per una bomba sia per un disastro nelle centrali. Da Nuova Delhi il presidente Modi fa sapere di sentirsi terribilmente scomodo in questa alleanza con un partner protagonista di una guerra che non piace a nessuno. Putin riceve con gesti di distratta cortesia il rappresentante delle Nazioni unite per i controlli nucleari e si dice disposto ad ogni ispezione. Gli risponde Biden facendo circolare la notizia secondo cui gli americani non certificano alcun movimento di armi nucleari in Russia, e dunque gli Stati Uniti spengono qualsiasi allarmismo immediato di minaccia in corso.

Ma Putin risponde con la mossa del cavallo separando il dialogo con gli Stati Uniti da quello con l’Europa: mentre tratta con Washington fa sapere agli europei che la Russia non venderà petrolio o qualsiasi altra energia ai paesi che applicano il “price Cap” e questo lo fa dopo aver ottenuto dall’Opec la riduzione di due milioni di barili al giorno di petrolio greggio e di conseguenza un prezzo altissimo del combustibile di cui la Russia ha il maggior produttore. L’Opec, dunque, guarda agli affari e sta con Putin tanto buona parte dell’America Latina è neutrale o simpatizza con la Russia seguendo la consolidata tradizione antiamericana. Con l’eccezione del Venezuela di Maduro con cui Biden sta flirtando da mesi attraverso la diplomazia dello scambio di prigionieri garantendosi così una quota non ancora definita del petrolio venezuelano benché anche il Venezuela sia membro dell’Opec.

Da questi elementi si potrebbe dire che la Russia accenna e forse addirittura accetta di trattare con l’America, ma lo fa alzando di un buon palmo l’asticella del rancore con l’Unione Europea, rendendo pan per focaccia agli atteggiamenti sempre più militarizzati non soltanto dell’Ue ma anche della Regno Unito che ha partecipato al vertice di Praga dove si è riunita un’Europa molto al di là dei confini dell’unione, con la Turchia e l’Inghilterra. Erdogan ha il potere di usare un canale privilegiato con Putin ma questo non lo spinge ad alcuna neutralità sul campo tanto è vero che gli avanzatissimi droni turchi hanno decisivamente aiutato le forze ucraine. I russi hanno risposto ai droni turchi usando loro droni iraniani che sono in realtà delle bombe volanti e al loro modo intelligenti capaci di seguire un uomo o un veicolo o un carro armato e decidere quando precipitare sul bersaglio distruggendolo.

Queste nuove armi hanno spinto Kiev a chiedere nuovi dispositivi di contraerea e a questo punto sono entrati in scena i tedeschi, i quali hanno una sofisticatissima contraerea capace di intercettare i droni ma questa mossa ha aperto una divaricazione ulteriore fra Europa e Stati Uniti perché Washington non ha più l’esclusiva della contraerea utile per tenere al guinzaglio Zelensky agendo sul rubinetto delle forniture. Il capo dello staff di Zelensky, Yermak ieri assicurava: “E’ un’altra Ramstein. E’ un evento storico perché si decide di chiudere il cielo dell’Ucraina. Rafforzare lo spazio aereo e i sistemi di difesa missilistica è ciò di cui abbiamo bisogno. Siamo in costante dialogo con i nostri alleati”. Gli inglesi della giovane Liz Truss sembrano ancora più determinati di quanto non lo fosse il flamboyant Boris Johnson.

Questa carrellata geografica connessa con la fornitura di armi di difesa e di offesa in continua e precipitosa evoluzione mostra come le entità che partecipano alla guerra, l’Europa, il Regno Unito, la Turchia come potenza sia della Nato che separata, l’Iran che si trova a fronteggiare manifestazioni violentissime che minacciano il governo degli ayatollah I quali hanno bisogno di un sostegno internazionale per procedere con la repressione più brutale, siano troppe per consentire un risultato immediato a breve termine come il cessate il fuoco che tutto il mondo aspetta. la diplomazia americana tutto questo lo sa e se Washington decide di calmare i bollenti spiriti guerreschi, non ha che rifarsi alla sua stessa dottrina applicata ai curdi che hanno dato la vita per la causa occidentale in Siria salvo essere gettati nella spazzatura da Washington quando si sono modificate le alleanze.

La psicosi della guerra continua e l’ultimo passo di escalation lo ha compiuto proprio Putin con i suoi bombardamenti missilistici casuali destinati ad obiettivi civili per castigare l’Ucraina che considerano responsabile del perfetto attentato distruttivo sul ponte che unisce la Russia alla Crimea e che se è stato un atto di guerra, era un atto di guerra perfettamente giustificato dal fatto che la Crimea, benché incorporata nella Russia con un colpo di mano militare, è tuttora per la comunità delle Nazioni un pezzo di Ucraina. Sia Putin che Zelensky si rendano conto di essere o di poter diventare gli ostacoli da eliminare per trovare la tanto attesa soluzione diplomatica.

Soluzione che oggi per la prima volta si prospetta grazie al fatto che l’unico essere umano che la poteva far trapelare, Putin, ha fatto verbalizzare al suo ministro degli Esteri e portavoce Lavrov con una tempistica perfetta solo per Joe Biden e le sue elezioni. Come dicevamo all’inizio, la prima avvisaglia di una possibile pace durante una guerra è un impazzimento della guerra stessa che segue logiche che non hanno nulla a che fare con alcun sentimento di umanità e pacifismo. È un sentiero per barbari quello che aspetta l’Ucraina e il resto del mondo, ma mai come negli ultimi giorni è apparso chiaro e tangibile che l’olocausto nucleare è una possibilità reale., anche se l’orchestrina seguita a suonare sul ponte del Titanic.

Avatar photo

Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.