Indietro non si torna. A meno di non essere costretti da una disfatta militare. “I risultati dei referendum nei nuovi territori non sono soggetti ad alcun dubbio, sono assolutamente trasparenti, convincenti e obiettivi”, proclama il presidente russo Vladimir Putin, citato dalla Tass. “La situazione nel Donbass sarà stabilizzata”, ha aggiunto Putin. E per fermare l’emorragia di giovani in fuga dalla Russia, ha dichiarato di aver firmato un decreto che apporta delle “correzioni” alla mobilitazione parziale annunciata il 21 settembre.

Parlando alla televisione di Stato, Putin ha detto che il decreto rinvierà l’arruolamento per alcune categorie di studenti, tra cui i neolaureati e gli studenti iscritti alle università private accreditate. Decreti a raffica. Putin ha emanato un decreto che inserisce formalmente la centrale nucleare di Zaporizhzhia nella lista degli asset federali della Russia. Lo riporta la Tass. Mosca aveva già annesso la regione dove si trova l’impianto. “Ci riprenderemo tutti i territori lasciati temporaneamente. Gli Stati Uniti sono direttamente coinvolti nel conflitto, creando una situazione molto pericolosa”, dice il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Per poi annunciare che Mosca “continuerà a consultare la popolazione che esprimerà la volontà di unirsi alla Russia”.

Nonostante le rassicurazioni dello zar e i baldanzosi propositi del suo portavoce, la parola disfatta entra nel vocabolario politico russo. “Dobbiamo smetterla di mentire sulla situazione al fronte”. Lo ha detto il presidente della Commissione Difesa della Duma, Andrey Kartapolov, ripreso dal Moscow Times. “Ora il nemico è sulla nostra terra. Tutti i villaggi di confine della regione di Belgorod sono praticamente distrutti. Lo apprendiamo da chiunque, dai governatori e dai corrispondenti militari. Ma i rapporti del ministero della Difesa non cambiano. La gente lo sa. La nostra gente non è stupida e vede che non vogliono dirle nemmeno una parte della verità: ciò può portare a una perdita di credibilità”, ha affermato Kartapolov al programma Solovyov Live.

“La liberazione della regione di Lugansk è iniziata, diversi insediamenti sono già stati liberati dagli invasori russi”: lo ha annunciato il capo dell’amministrazione militare regionale Sergy Gaidai in un videomessaggio, come riporta Unian. Gaidai non ha specificato il nome degli insediamenti liberati. Man mano che i militari di Kiev avanzano, stanno trovando quelle che, a loro avviso, erano camere di tortura usate dalle truppe di Mosca. L’ultima scoperta è avvenuta il 3 ottobre in una cantina nel villaggio di Pisky-Radkivski, nella regione ucraina di Kharkiv, recentemente ripresa dall’esercito di Kiev. La polizia ucraina, in un messaggio su Telegram, citato da Ukrinform, dice: “Un’altra camera di tortura degli occupanti russi. Dopo la liberazione, i nostri agenti di polizia documentano qui i crimini di guerra dell’esercito dei ‘liberatori’”.

Nella camera di tortura, secondo la polizia di Kiev, gli invasori hanno tenuto i residenti locali in condizioni disumane. Le persone sono state intimidite, picchiate e maltrattate. Il Ministero della Difesa ucraino su Twitter ha aggiunto altri dettagli: “Una camera di tortura a Pisky-Radkivski. 2 foto. Una maschera antigas messa sulla testa di una vittima che è stata coperta con uno straccio che bruciava e sepolta viva. E una scatola di corone dentali d’oro. Una mini Auschwitz. Quante altre se ne troveranno nell’Ucraina occupata?”. Nel post le immagini mostrano la maschera antigas e la scatola con i denti d’oro. Sul fronte delle sanzioni, durante la riunione di ieri del Coreper, il consiglio dei rappresentanti permanenti dei governi all’Unione Europea, è stato trovato un accordo tra tutti i membri sul nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia proposto dalla Commissione Europea. Ad annunciarlo è stata la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione, che da luglio è esercitata dal governo della Repubblica Ceca.

Il pacchetto di sanzioni è l’ottavo dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, e prevede tra le altre cose un tetto sul prezzo del petrolio importato dalla Russia e nuovi divieti di importazione di merci, tra cui componenti tecnologici ed elettronici: secondo la Commissione Europea, queste restrizioni dovrebbero privare la Russia di 7 miliardi di euro di ricavi ogni anno, e colpirebbero soprattutto l’industria bellica russa. «Eni – si legge sul sito del gruppo – informa che oggi (ieri per chi legge, ndr) sono ripresi i flussi di gas approvvigionati da Gazprom. La ripresa delle forniture è stata resa possibile dalla risoluzione da parte di Eni e delle parti coinvolte dei vincoli che derivano dalla nuova normativa introdotta dalle autorità di regolamentazione austriache».

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.