Sulla crisi energetica e il caro bollette, si tiene oggi il vertice straordinario dei ministri europei dell’energia. Per l’esecutivo dell’Unione Europea un tetto generalizzato al prezzo del gas non si può fare: “Proposta troppo radicale, troppo rischiosa e complicata da attuare”. E quindi i funzionari del Berlaymont hanno rilanciato con due price cap alternativi, che comunque non saranno discussi oggi. “Il price cap al gas non è sul tavolo oggi”, ha dichiarato Jozef Sikela, ministro dell’Industria della Repubblica Ceca, che detiene la presidenza di turno dell’Ue, arrivando al Consiglio straordinario Energia a Bruxelles. “Mi aspetto che andremo avanti passo dopo passo, implementando le misure strada facendo. Potrebbe essere il prossimo punto in agenda”

Le due proposte di Bruxelles intanto, che fanno parlare di mini price cap: il primo riguarda solo il gas che arriva dalla Russia, il secondo consiste in un tetto amministrativo al metano che concorre alla formazione del prezzo dell’elettricità sul modello di Spagna e Portogallo. Con quest’ultima proposta la bolletta sarebbe meno pesante per i consumatori finali ma i fornitori verrebbero comunque pagati al prezzo di mercato. La differenza la verserebbero gli Stati, mettendo mano ai portafogli nazionali. Proposta che non piace a diverse cancellerie, a cominciare dalla Germania che ieri pomeriggio ha annunciato un maxi-piano da 200 miliardi di euro che contempla anche un price cap amministrativo sul gas in bolletta.

Soluzioni che non corrispondono alle richieste di quindici Paesi membri, tra cui Italia e Francia, che non si accontentano del pacchetto di misure che dovrebbe essere varato oggi nel vertice dei ministri e che chiedono il price cap a tutto il gas importato dall’Unione, russo e non, da gasdotto e liquefatto. Pacchetto che include il taglio dei consumi invernali, il tetto ai ricavi delle aziende che producono energia a basso costo, il contributo di solidarietà per le società energetiche che hanno realizzato extra-profitti, la miniriforma del mercato elettrico per svincolare il prezzo del gas da quello della luce e l’introduzione di un nuovo indice di riferimento alternativo al TTF olandese.

Il Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi intanto è intervenuto alla vigilia del Consiglio Ue chiedendo ai partner europei “compattezza, solidarietà e determinazione” per affrontare “la minaccia comune dei nostri tempi”. Per il premier “la crisi energetica richiede da parte dell’Europa una risposta che permetta di ridurre i costi per famiglie e imprese di limitare i guadagni eccezionali fatti da produttori e importatori, di evitare pericolose e ingiustificate distorsioni del mercato interno e di tenere ancora una volta unita l’Europa di fronte all’emergenza. Davanti alle minacce comuni dei nostri tempi, non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali. Nei prossimi Consigli Europei dobbiamo mostrarci compatti, determinati, solidali – proprio come lo siamo stati nel sostenere l’Ucraina”.

La stoccata – seguita da considerazioni analoghe di una sorta di premier in pectore, dopo la vittoria alle elezioni politiche di domenica scorsa, Giorgia Meloni – neanche troppo velata, è esplicita alla Germania. Il cancelliere Olaf Scholz aveva annunciato ieri il pacchetto da 200 miliardi per “introdurre un freno al prezzo del gas e dell’elettricità”: un piano per sostenere aziende e famiglie. Berlino ha istituito uno scudo sul modello di quello dell’emergenza covid, per combattere un’inflazione al 10% su base annua, mai così alta dagli anni ’50. Dimostrazione di forza da parte della Germania che prevede la riduzione dell’iva sul gas, la tassazione degli extraprofitti e lo sviluppo delle fonti di energia alternative e rinnovabili.

La mossa tedesca rischia però di indebolire il fronte europeo contro la Russia. Dopo l’annuncio di Scholz il prezzo del gas è sceso rapidamente a quota 186 con un calo del 10%. Berlino ha ribadito il suo “no” al price cap generalizzato al gas non “per ragioni ideologiche” ma perché è necessario “garantire la sicurezza degli approvvigionamenti” e con un tetto su tutte le importazioni “c’è un alto rischio che il Gnl vada verso l’Asia o altrove”. L’unica soluzione per la Germania è di negoziare direttamente con i fornitori, hanno riferito all’Ansa fonti diplomatiche europee in vista dell’Eurogruppo di lunedì. Gli Stati che appoggiano il price cap sostengono invece che il valore offerto con il tetto sarebbe comunque al livello dell’offerta asiatica (attualmente in Europa anche il Gnl costa almeno il 30% in più rispetto al mercato d’oriente, pur non avendo alcun legame con la Russia o con Nord Stream). Bruxelles insiste invece sul limitare il tetto al gasdotto russo, che rappresenta il 9% delle importazioni totali, perciò gli Stati rilanciano: ormai è una quota talmente residua che non avrebbe senso un tetto limitato solo a quella.

Avatar photo