Hashish e marijuana in cambio di bitcoin. È lo spaccio che si fa digitale, scoperto dal nucleo di polizia economico-finanziaria di Napoli, nell’ambito di un’attività di indagine coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Napoli. Nove i soggetti appartenenti a un gruppo criminale e denunciati per traffico di stupefacenti: sono tutti giovanissimi, e si servivano del dark web per portare avanti i propri affari.

In particolare, gli indagati, all’epoca minorenni, si sarebbero avvalsi del dark web per acquistare la droga, usando criptovalute, “bitcoin”, per dissimulare la tracciabilità dei pagamenti. Una società di spedizione estranea all’illecito spediva poi gli stupefacenti presso appositi “hub” all’interno di esercizi commerciali abilitati al ritiro della merce.

Probabilmente è stata la pandemia, unita alla possibilità di fare acquisti in maniera non tracciabile, a semplificare il ricorso al dark web, il lato oscuro della rete, da parte di questi giovanissimi. Rende la connessione anonima e irrintracciabile grazie all’utilizzo di sofisticati sistemi tra i quali il più diffuso, come in questo caso, è denominato “Tor”.

All’interno del dark web è possibile introdursi nei dark market: mercati virtuali dove è possibile acquistare qualsiasi tipo di merce illegale (droga, armi, farmaci, passaporti e documenti falsi, pornografia, perfino assoldare killer) e i dati vengono criptati in modo tale da rendere impossibile l’identificazione sia dell’acquirente che del venditore.

L’anonimato è reso possibile anche dalle forme di pagamento virtuali, in bitcoin, che vengono perfezionate solo al momento della ricezione del prodotto.

Redazione

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