Roma è forse la città dove le elezioni del sindaco sono state più agguerrite. Gli scrutini sono ancora in corso ma si delinea man mano lo scenario che tra un paio di settimane porterà nuovamente i romani alle urne. Si tornerà al voto i prossimi 17 e 18 ottobre. In base alla quarta proiezione del Consorzio Opinio Italia per Rai, su una copertura del campione al 55%, il candidato del centrodestra Enrico Michetti è al 30,8%, quello di centrosinistra, Roberto Gualtieri, è al 28,2%. Il leader di Azione, Carlo Calenda, è al 18% mentre la sindaca uscente, Virginia Raggi, al 19,1%. La forbice tra i contendenti non è larga come invece è successo in altre città come Milano, Napoli e Bologna.

Il primo candidato a parlare è stato Carlo Calenda dal suo comitato elettorale di viale Trastevere: “Non volevamo fare testimonianza, ma governare Roma. Se i dati che al momento sono ancora incerti fossero confermati, questo obiettivo non lo abbiamo centrato”. Il leader di Azione conferma che se non sarà “eletto sindaco non mi dimetterò da eurodeputato”. Per quanto riguarda il ballottaggio, ribadisce, “non farò accordi o apparentamenti. Non darò indicazioni di voti. Certamente darò una mano a chiunque sarà eletto sindaco di Roma. Intanto da domani riprendo a fare il mio lavoro di eurodeputato”.

Anche la sindaca uscente, Virginia Raggi, ha rilasciato una breve dichiarazione nella sala stampa nel comitato elettorale in un hotel al centro della Capitale: “Aspettiamo dati certi. Al momento a Roma sono l’unica che sta tenendo testa alle corazzate del centrodestra e del centrosinistra con il M5S e le mie liste civiche”.

Uno dei due contendenti di fatto già al ballottaggio, Gualtieri, candidato per il centrosinistra, si è detto soddisfatto per il risultato ottenuto: “Siamo fiduciosi. Ora andiamo avanti rivolgendoci a tutti i romani. La Capitale può tornare a svolgere un ruolo di punta in Europa ed essere la guida del paese. Metteremo in campo le forze migliori per una stagione di rinascita”.

Enrico Michetti arriva al comitato elettorale di via Malafonte, intorno alle 20: “In due mesi abbiamo fatto una campagna elettorale straordinaria raggiungendo tutti i territori di Roma. Il dato è significativo, siamo in testa. Oggi la città è immobile, sulle buche, la cura del verde, la manutenzione dei plessi scolastici. Bisogna conoscere la macchina per farla ripartire. Inutile parlare di sogni se non si sa come realizzarli”.

Di sicuro a vincere a Roma è stato il partito dell’astensione. L’affluenza definitiva nella Capitale, secondo i dati del Viminale, è del 48,83%. Un dato basso, al di sotto della media nazionale che è del 54,6, e ben nove punti al di sotto di quello registrato al primo turno delle elezioni che si sono tenute nel 2016 (il 57%), quando però i seggi erano rimasti aperti soltanto di domenica. Il municipio dove si è votato di più è stato quello che va da San Lorenzo ai Parioli, ovvero il II, dove nei seggi elettorali è andato il 56,67% dei romani. Quello dove si è votato di meno è il VI, più periferico, che comprende anche Tor Bella Monaca, dove ha votato il 42,85% degli aventi diritto. Anche i dati di ieri su Roma parlavano di un’affluenza più bassa rispetto al resto d’Italia: alle 23 ha votato il 36,8 per cento degli aventi diritto, 868.757 su 2 milioni e 359 mila, contro il 41,6 per cento della media nazionale.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.