L'intervista
Fausta Bergamotto: “Innovazione, export e cooperazione con l’Africa: così costruiamo la competitività italiana”
Parla il sottosegretario al Ministero delle imprese e del made in Italy. L’effetto dazi per ora non ferma l’export (+11,8% rispetto al 2024). Boom del farmaceutico: esportazioni per 54 mld di euro

Nel pieno di una fase geopolitica complessa, segnata da transizioni energetiche, digitali e industriali, l’Italia punta a rafforzare la propria posizione economica attraverso una visione integrata. Secondo Fausta Bergamotto, sottosegretario al Ministero delle imprese e del made in Italy, le direttrici sono: innovazione, export, attrazione di investimenti e cooperazione internazionale.
Pochi giorni fa sono stati nominati i Cavalieri del Lavoro. Quanto è importante valorizzare la cultura d’impresa per la nostra economia?
«Anche quest’anno il riconoscimento di Cavalieri del Lavoro è stato conferito a figure fortemente rappresentative del saper fare e della creatività che costituiscono il patrimonio dell’eccellenza italiana, del Made in Italy, che racchiude quell’insieme di valori, di capacità imprenditoriali che sono in grado d’innovarsi pur guardando alla tradizione. I Cavalieri del Lavoro sono un modello di riferimento per coloro che vogliono contribuire allo sviluppo del Paese e rappresentano un esempio di dedizione e passione per il proprio lavoro. Una maggiore diffusione della cultura d’impresa, anche attraverso il trasferimento del know-how ai giovani, mira a favorire l’innovazione delle imprese, contribuisce alla loro capacità di adattamento ai repentini cambiamenti dei mercati internazionali, alle trasformazioni economiche culturali e geopolitiche».
Di recente lei è stata in Kenya per consolidare la cooperazione con l’Italia. Quanto state investendo sull’Africa e sul Mediterraneo?
«Durante la mia recente missione in Kenya, ho avuto l’opportunità di rafforzare la cooperazione bilaterale tra Italia e Kenya, focalizzandomi su settori strategici come l’intelligenza artificiale, l’innovazione tecnologica e la transizione digitale. In particolare, stiamo collaborando con il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) e la Commissione Europea per la costituzione dell’AI Hub for Sustainable Development, un progetto prioritario della Presidenza italiana del G7 e parte integrante del Piano Mattei per l’Africa. Questo hub, che sarà inaugurato il 20 giugno a Roma, mira a costruire partenariati ad alto impatto nei settori chiave dell’energia, dell’acqua, della sanità, dell’agricoltura, dell’educazione e delle infrastrutture».
Quale sarà la mission?
«La sua missione è duplice: da un lato, promuovere lo sviluppo sostenibile nei Paesi africani attraverso l’intelligenza artificiale; dall’altro, posizionare l’Italia come partner e ponte strategico in una galassia abitata da GigTech occidentali, startup brillanti, ma di dimensioni ridotte e startup africane sempre più dinamiche. L’obiettivo è colmare il divario digitale che attualmente penalizza il continente africano, dove solo il 5% dei data scientist ha accesso alle risorse computazionali necessarie per sviluppare soluzioni basate su intelligenza artificiale. L’Hub sarà un luogo di incontro e collaborazione, coinvolgendo oltre 100 soggetti, tra cui aziende leader come Microsoft, AWS, iGenius o OpenAI, per sviluppare progetti concreti nei settori chiave dell’energia, dell’acqua, della sanità, dell’agricoltura, dell’educazione e delle infrastrutture».
Cosa vi aspettate da questo progetto?
«Nei prossimi tre anni puntiamo a sostenere circa 500mila startup, offrendo loro accesso a risorse computazionali, competenze e dati. Vogliamo costruire partenariati ad alto impatto che favoriscano uno sviluppo condiviso, basato su innovazione e cooperazione industriale. Inoltre, il Kenya ha accettato di far parte della governance del nuovo centro. Si tratta di un riconoscimento importante del ruolo di Nairobi come potenziale Compute Hub regionale, grazie a una rete di data center in espansione, una solida connettività internazionale e un ecosistema digitale vivace. In sintesi, l’AI Hub sarà un catalizzatore per l’innovazione responsabile, promuovendo un’intelligenza artificiale etica e inclusiva, e rafforzando il ruolo dell’Italia come punto di raccordo fondamentale tra il nord e il sud del Mediterraneo».
Questa settimana in Cdm si è discusso il Ddl concorrenza. Quanto è strategica questa normativa per le imprese italiane?
«Con il passaggio in Cdm del Ddl concorrenza si avvierà un processo di attuazione di misure di politica industriale che vede il Ministero delle Imprese e del made in Italy impegnato sia per la messa in campo di tutte le azioni necessarie per la sua attuazione, che per definire in itinere tutti quei provvedimenti che ne garantiscano il successo. Il coordinamento, come in passato è affidato al nostro dicastero, ma ovviamente è stato un lavoro al quale hanno partecipato diversi Ministeri».
La normativa potrebbe essere utile anche per potenziare l’attrazione degli investimenti in Italia?
«L’attrazione degli investimenti costituisce uno degli obiettivi ai quali sta lavorando questo Ministero. Con “Invest in Italy”, la piattaforma del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, dedicata ad accompagnare e supportare gli investitori esteri dalla fase di negoziazione fino alla sua esecuzione, compresa l’eventuale domanda di incentivazione, abbiamo già predisposto uno strumento che ha prodotto risultati apprezzabili. Nel “Documento di offerta nazionale degli investimenti in Italia” abbiamo anche disegnato una mappatura delle aree industriali disponibili per futuri progetti. Sicuramente alcune delle misure previste dal Ddl potranno ulteriormente favorire l’interesse verso il nostro Paese che già ha dimostrato una forte capacità di governance dei processi produttivi».
Tra i settori industriali italiani, quello farmaceutico è uno di quelli che più incide sull’export. Cosa si sta facendo per sostenerlo?
«Il settore farmaceutico italiano rappresenta un pilastro fondamentale dell’economia nazionale, con una produzione che nel 2024 ha superato i 56 miliardi di euro, di cui 54 destinati all’export. Questo risultato posiziona l’Italia tra i principali hub globali del settore, superando la media UE per crescita dell’export negli ultimi cinque anni (+65% contro il +57% europeo). Per sostenere e rafforzare ulteriormente questo comparto strategico, il Mimit ha adottato diverse iniziative come gli incentivi alla ricerca e sviluppo, la partecipazione a iniziative europee ed in particolare al Critical Medicines Alliance, un forum istituito presso la Health Emergency Preparedness and Response Authority (HERA) della Commissione europea, per assicurare la disponibilità sicura e continuativa di farmaci critici per l’UE; la collaborazione con agenzie di supporto all’internazionalizzazione in sinergia con enti come SIMEST e ICE per facilitare l’accesso delle imprese italiane ai mercati esteri, offrendo strumenti finanziari e promozionali mirati. Inoltre, il settore farmaceutico italiano beneficia della presenza delle cosiddette “Fab13”, tredici storiche aziende farmaceutiche italiane che, nel 2023, hanno registrato un fatturato complessivo di 16,8 miliardi di euro, di cui 12,8 miliardi derivanti dalle vendite all’estero. Queste aziende rappresentano un’eccellenza nel campo dell’innovazione e della ricerca, contribuendo significativamente all’export nazionale».
Il tema dei dazi USA potrebbe rappresentare un ostacolo per le esportazioni. Quali sono le possibili contromisure?
«Al momento le tariffe USA non hanno penalizzato l’export italiano negli Stati Uniti, che anzi è significativamente aumentato nei primi tre mesi dell’anno, in cui le nostre esportazioni sono aumentate dell’11,8% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, preoccupano le prospettive di nuovi dazi, se non sarà utilmente sfruttato il periodo di sospensione. L’Italia è impegnata da tempo come facilitatore delle trattative tra Unione Europea e Stati Uniti, proponendo concessioni reciproche al fine di evitare inutili rappresaglie, che indebolirebbero fortemente l’intero sistema economico. Al tempo stesso, dobbiamo cogliere le sfide del nuovo contesto geopolitico per intraprendere una strategia per l’export a 360° anche di più lungo periodo. Per tale finalità, abbiamo definito un Piano d’Azione per l’accelerazione dell’export, con una strategia di promozione integrata tra i vari attori del Sistema Italia, per dare impulso alla promozione delle esportazioni italiane dei settori di punta del Made in Italy sui mercati internazionali ad alto potenziale. Nel 2024 le esportazioni italiane di merci verso gli Stati Uniti hanno raggiunto i 64,8 miliardi di euro, pari al 10,4 per cento del totale dell’export italiano, che nello stesso anno ha superato i 623 miliardi di euro; gli Stati Uniti sono il secondo mercato di destinazione per l’export italiano, preceduti solo dalla Germania (11,4 per cento) e seguiti dalla Francia (10 per cento). La consistenza dei dati spiega perché la prima strategia, che vede questo Ministero e tutte le amministrazioni nazionali coese, è quella di una ricerca del dialogo tra le due sponde dell’Atlantico, al fine di scongiurare una guerra commerciale che non agevolerebbe nessuno, né Stati Uniti, né Europa, e che senz’altro arrecherebbe un danno considerevole alle industrie nazionali».
© Riproduzione riservata