L’Europa ha bisogno di investire nella Difesa, ormai è chiaro a tutti. Tuttavia, tra bilanci pubblici sotto sforzo e la necessità di non intaccare la spesa sociale, i mezzi a disposizione per realizzare questi investimenti sono sempre meno. Secondo Markus Federle, fondatore di Tholus Capital, il coinvolgimento degli attori privati non è solo auspicabile, ma necessario. E ci spiega in che modo e con quali orizzonti i capitali privati potrebbero rappresentare l’asso nella manica del vecchio continente.

Dottor Federle, ormai è chiaro che l’Europa ha bisogno di fare di più per la propria sicurezza. Ritiene che ne sarà in grado?
«La cosa buona è che l’Europa ha tutto ciò che serve: capitali, persone, ottime istituzioni accademiche. Ciò che manca sono la volontà politica e una visione condivisa. Dobbiamo cominciare a lavorare insieme come europei, soprattutto perché il mercato è molto frammentato, con alcuni Paesi che comprano solo da altri selezionati. Dobbiamo assolutamente ridurre questa frammentazione».

Recentemente si parla del potenziale offerto dall’ingresso degli investitori privati nel mercato della Difesa. Cosa può dirci al riguardo?
«Credo che l’investimento privato nel settore della Difesa sia essenziale per raggiungere l’eccellenza tecnologica, fornire ai nostri militari un vantaggio sul campo di battaglia e allo stesso tempo garantire le capacità industriali per difenderci. I fondi pubblici da soli non bastano. Dobbiamo mobilitare capitale privato, perché solo quello può coprire aree che i fondi pubblici non riescono a sostenere. Mi riferisco in particolare al venture capital».

A questo proposito, lei è fondatore e managing partner di Tholus Capital, una società di investimento che ha fatto della Difesa e delle tecnologie critiche il suo focus strategico. Come operate in questo contesto?
«In Tholus Capital investiamo in startup innovative nei settori della Difesa e della resilienza civile. Non si tratta esclusivamente di tecnologie con applicazioni militari. Possono essere anche a doppio uso, come le tecnologie sviluppate nel campo della sicurezza energetica. Crediamo che tutte queste aree siano importanti per costruire società più resilienti. Inoltre, il capitale privato è essenziale per mobilitare forze che i grandi operatori della Difesa non possono mobilitare. Sono eccellenti integratori, ma non grandi innovatori e “disruptor”. Oggi abbiamo bisogno di entrambi. Non si tratta di togliere qualcosa a qualcuno, ma di creare incentivi affinché innovazione, eccellenza e produzione su larga scala vadano di pari passo».

Riguardo come dovrebbe essere realizzato questo rafforzamento europeo, qualcuno dice che l’autonomia strategica europea e il mantenimento della relazione transatlantica siano idee incompatibili. Cosa ne pensa?
«Non sono affatto incompatibili — anzi, sono complementari. Dobbiamo certamente essere in grado di garantire la nostra sicurezza, sia individualmente che come membri dell’Alleanza. L’alleanza con gli Stati Uniti è essenziale. Ora non potremmo farne a meno, e spero che resti così in futuro. Ma è chiaro che gli Usa stanno ridefinendo il loro ruolo, puntando a un impegno minore in Europa e a una condivisione più equa delle responsabilità con i loro alleati. Quindi credo sia giusto che ci chiedano di fare la nostra parte».

Pensa che l’Europa uscirà più forte da questa fase?
«L’Europa ha capitale, economie forti e tecnologie avanzate: possiamo prenderci cura della nostra sicurezza. Questo non indebolisce l’Alleanza — al contrario. L’autonomia strategica rafforzerà proprio l’Alleanza stessa. Credo che gli Usa vedano positivamente questi sforzi europei, e anche se l’Europa sta attraversando una fase difficile, penso che ne uscirà più forte, sia militarmente sia tecnologicamente. Come negli Stati Uniti, la base militare-industriale può diventare un motore di crescita e innovazione anche per il settore civile. Quindi sì, credo che l’Europa ne uscirà più forte».

Riccardo Leoni

Autore

Formiche.net