il sistema-Italia succube di un fornitore dominante: la Russia
Gas, Italia a secco per colpa dei populisti, ma il Fatto Quotidiano lancia una fake: “Eni ha prosciugato l’Adriatico”
Anche le fake news vanno a tutto gas. Sul Fatto: “Il gas italiano è finito perché Eni ha prosciugato l’Adriatico”. Al contrario, chi si occupa di estrazione gassosa riferisce l’opposto: di giacimenti saremmo ricchi, ma le ricerche sono state fermate. «La vulnerabilità italiana, oggi che il gas russo potrebbe saltare, si rivela a nudo: abbiamo ceduto troppo sul terreno della dipendenza energetica», dice Paolo Scaroni. Il manager, uscito da Eni ormai da anni, può intervenire nel dibattito apertis verbis.
Elenca, intervistato da La7, le occasioni sprecate: prima il referendum sulle trivelle e poi il movimento no-Tap, l’opposizione ai rigassificatori e la rinuncia agli esperimenti sul nucleare di quarta generazione. Errori che, inanellati con sapienza in una sequenza dissennata, hanno portato il sistema-Italia ad essere succube di un fornitore dominante, la Russia, davanti al quale sono stati eliminati uno a uno tutti gli elementi di disturbo. Tutte le battaglie di bandiera del M5s, a ben guardare. Se ne ricorda bene Teresa Bellanova, che proprio per difendere la Tap ricevette, era il 2018, tante di quelle minacce da essere sconsigliata dai funzionari di polizia nel proseguire la sua campagna elettorale in certe località. L’operazione che è stata compiuta negli ultimi anni è da manuale del guastatore.
Si pensi che nel 2020 il gas naturale estratto in Italia era di soli quattro miliardi e 417 milioni di metri cubi in un anno, stando al Piano per la transizione energetica delle aree idonee (Pitesai) del ministero per la Transizione ecologica. Mentre è di 76,1 miliardi di metri cubi il fabbisogno nazionale. Ora da più parti si grida allo scandalo: trent’anni fa ne estraevamo 30 miliardi di metri cubi l’anno. E siamo il Paese che – come ebbe la sventura di far notare per primo Enrico Mattei – avrebbe giacimenti valutati attorno ai 350 miliardi di metri cubi. Si è preferito far finta di niente e importarlo: per il 37,8 per cento quel gas arriva dalla Russia. Ed è un gas politicamente velenoso. Il governo ha intrapreso il percorso del ravvedimento operoso e iniziato il potenziamento nell’estrazione di gas italiano.
Ora è al lavoro «per aumentare le forniture alternative»: il gas naturale liquefatto importato dagli Stati Uniti (su cui Biden ha già dato disponibilità) che però sconta in Italia un limitato numero di rigassificatori in funzione. «Per il futuro, è quanto mai opportuna una riflessione anche su queste infrastrutture» ha auspicato il premier. Il governo intende lavorare «per incrementare i flussi da gasdotti che lavorano non a pieno carico» come il Tap dall’Azerbaijan, il TransMed dall’Algeria e dalla Tunisia, il GreenStream dalla Libia. Quest’ultimo non va sottovalutato. Ha una portata potenziale di 30 miliardi di metri cubi, un terzo dei nostri consumi, l’attuale è meno di 8 miliardi a causa del caos in cui è precipitato il Paese dal 2011 con l’attacco a Gheddafi di Francia, Usa e Gran Bretagna che poi hanno lasciato la Tripolitania alla Turchia e la Cirenaica a egiziani e russi. E anche il governo di Tokyo sarebbe a lavoro con i partner europei per aumentare la quantità di gas naturale liquefatto (Gnl) destinata all’Europa. Come il Qatar che potrebbe raddoppiare le esportazioni verso Italia, Austria e Germania in pochi giorni. Si pone un problema nell’immediato: compensare quanti nel tessuto produttivo – dalle Pmi alle grandi aziende – vanno incontro a criticità gravi, almeno in una prima fase dello “Switch” al nuovo gas-mix.
Matteo Renzi ha provato a formulare una proposta: stabilire un aiuto europeo di portata perfino superiore a quello per il Covid. «Servono almeno dieci miliardi per le aziende italiane che saranno colpite dalle sanzioni», avvisa il leader di Italia Viva. Silvio Berlusconi sullo stesso tema aveva rilanciato «l’urgenza della riforma del Patto di Stabilità». «La nostra proposta – dice il leader di Azione, Carlo Calenda, al Riformista – è la seguente: vanno riattivate, provvisoriamente, le centrali a carbone sia quelle che sono state messe in stato di conservazione, proprio per tenerle pronte nel caso ci fosse un’emergenza, in modo tale da ridurre la dipendenza dal gas, in generale, di circa il 50% per tutto il periodo della crisi». Matteo Salvini si adegua: «In questa fase sosteniamo il governo su tutto, oggi non è possibile dividersi». Dalla Farnesina, Luigi Di Maio guarda alla sponda sud del Mediterraneo: «Dall’Algeria sono possibili arrivi di quantità di gas importanti».
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