Non calpesta formiche, ammesso che le veda. Non legge libri da due anni e quindi non ha letto neanche M di Scurati (ma niente di personale, non ce n’è proprio il tempo). Le 350 risposte concesse ai giornalisti in un anno? Secondo lei sono tante. O comunque sono abbastanza. I suoi tutti intorno, la soddisfazione sul volto. Alla conferenza stampa di fine anno Giorgia Meloni ci arriva dopo aver incassato il successo più trasversalmente riconosciuto del suo governo: riportare a casa Cecilia Sala. Entra in aula affaticata ma ben disposta e si vede. I tanti temi sul tavolo vanno giù lisci: le dimissioni di Belloni, l’Ucraina, Matteo Salvini che non andrà al Viminale.

Nelle domande (40, una per ogni testata estratta), c’è poca economia e niente sul Medio Oriente. Se non una domanda su Gaza gridatale dalle retrovia al termine del giro ufficiale. Stava andando via, ma si risiede e risponde: «Con questa siamo a 41 domande, va bene?» scherza. Applausi dalle prime file, quelle dei parlamentari, ministri e staff di palazzo Chigi. Perché Giorgia Meloni ha sorriso più del solito durante le due ore e mezzo di conferenza. Era in vena, anche di essere un po’ meno premier e un po’ più Giorgia, donna, madre, ecc.

La più grande emozione da quando sono premier – ha detto – è stata comunicare ad Elisabetta Vernoni che sua figlia, Cecilia Sala, stava tornando a casa. La paura invece, è quella di non meritare il titolo, attribuitole da Politico.eu, di leader più influente d’Europa. Anche battutista: «Mi fa domande che a volte sembrano un auspicio personale», dice al collega che le chiede se non si ricandiderà alle elezioni, e ancora «mi chiede commenti su presunte dichiarazioni che, però, non ho mai fatto», risponde ad un altro.

Scherza, come a sminuire il ruolo della stampa, commenta qualche giornalista. Torna poi sulla difensiva in chiave underdog riguardo Elon Musk con quel «E allora Soros?» ripetuto testardamente in risposta alle tante domande sul magnate americano, dimenticando che Soros non ha un ruolo nell’amministrazione americana e rimanendo sorda a chi glielo fa notare. «Felice che vi siate scoperti sovranisti, ma non si può esserlo solo quando chi è tacciato di interferenze con la democrazia dice cose che non ci piacciono». Sovranisti a targhe alterne, anche no. Ed in effetti ha ragione, dice qualcuno in sala, rigirando il concetto: vale per la sinistra con Soros, vale per lei con Musk.

Ludovica Ciriello

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