La conferenza del procuratore di Napoli
Gratteri dopo maxi operazione anticamorra a Caserta: “Indulti e amnistie argomenti pericolosi, sono motivi delle rivolte nelle carceri”
Trentadue persone arrestate, un clan camorristico messo nel mirino, un boss agli arresti. In mattinata si è svolta una maxi operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Caserta nell’inchiesta coordinata dalla Dda di Napoli con a capo Nicola Gratteri. Le indagini si sono concentrate sul clan camorristico Picca, tanto che il boss Aldo Picca, figura già condannata a 61 anni di reclusione totali, che però grazie a sconti di pena è stato scarcerato dopo 19 anni nel 2023.
Maxi operazione anticamorra a Caserta, 32 arresti nel clan Picca
I reati contestati a vario titolo sono associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. La custodia cautelare è scattata per Picca, che dopo la scarcerazione si è subito riorganizzato con il clan “rispolverando gli stessi metodi, la stessa tecnica criminale ma aggiornandola alle nuove tecnologie”, ha detto il procuratore di Napoli Nicola Gratteri. “Il clan ha subito cominciato a concentrare le attività sul piano imprenditoriale, facendo estorsioni a tappeto su tutte le attività commerciali, che servono non solo per arricchirsi ma soprattutto per delimitare e rimarcare il territorio, come il cane che la mattina va a fare la pipì”.
Gratteri: indulti e amnistie sono argomenti pericolosi
Nella conferenza stampa in Procura a seguito della maxi operazione, Gratteri ha allargato il campo delle sue osservazioni sul mondo delle carceri e sulla giustizia. “Non penso che questo governo possa permettersi, sul piano del consenso popolare ed elettorale, di pensare a un indulto” ha detto il procuratore, aggiungendo: “Sento parlare anche a livello parlamentare di indulti e amnistie, ma sono argomenti pericolosi. Uno dei motivi delle rivolte” nelle carceri “è che quasi quotidianamente c’è questo annunciare, parlare di cose che poi non si realizzeranno”.
Per Gratteri la questione è un’altra: “Piuttosto bisognerebbe accelerare le procedure per spostare dalle carceri i giovani tossicodipendenti che hanno commesso reati a causa della tossicodipendenza. Poi bisognerebbe costruire nuove Rems prendendo strutture dall’Agenzia dei beni confiscati che stanno cadendo a pezzi, ristrutturarle per metterci i malati di mente, strutture protette per curarli. In questo modo, con i tossicodipendenti nelle comunità terapeutiche e i malati di mente nelle Rems, si risolverebbe in parte il problema, nell’attesa che qualcuno decida di costruire nuove carceri”. E proprio in merito alla creazione di nuove carceri, Gratteri è “la risposta, ogni volta da anni, è che ci vogliono 7 anni. Ma se non iniziate, ogni volta ci direte che servono 7 anni”.
Il problema dei telefonini nelle carceri, il nodo dei jammer
Gratteri in conferenza si è soffermato anche sul problema dei telefonini all’interno delle carceri. Un problema “non risolto”. “In un carcere mediamente ci sono 100 telefonini, i detenuti continuano a mandare video di feste di compleanni attraverso i social e riescono a comunicare tranquillamente tra loro”, ha sottolineato il procuratore. “Quando anni fa ho proposto di comprare dei jammer, degli inibitori di frequenza, da mettere nelle carceri quantomeno dove c’è l’alta sicurezza, non sono stato ascoltato, mi è stato detto che non si possono mettere perché fanno male alla salute delle persone e anche che la polizia penitenziaria deve comunicare con il telefonino, ma non mi risulta che la penitenziaria possa usare telefonini nelle sezioni. Mi risulta invece che in ogni sezione c’è un telefono con il filo, perché la penitenziaria deve chiamare il comandante del carcere o l’ufficio matricola. Sono questi i numeri e i contatti che servono a chi è all’interno del carcere”.
© Riproduzione riservata